Pierluigi Corallo
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Pierluigi Corallo, così si racconta l'attore tranese appena tornato in tv

La storia della sua carriera e dei personaggi vittime della mafia che ha interpretato

Questa settimana è tornato in tv l'attore tranese Pierluigi Corallo nel ruolo di Oreste Leonardi, maresciallo maggiore dell'Arma dei carabinieri, affidato alla scorta di Aldo Moro. Pierluigi Corallo, classe 1976, attore di teatro, cinema e tv, è nato a Trani e qui ci ritorna molto frequentemente. La passione per il teatro è nata tra i banchi del liceo, grazie ad un corso di teatro a cura di Mario Francavilla che lo ha scelto come protagonista in un suo spettacolo. Fin da piccolo, amava imitare amici e parenti e le sue imitazioni oggi le condivide con gli ascoltatori di Radio Rai Due nella trasmissione 610 con Lillo e Greg.

Dopo il liceo decide di lasciare Trani per trasferirsi a Milano dove si diploma nel 1999 alla Scuola del Piccolo Teatro, una delle più importanti in Italia. Fino al 2010 si dedica al teatro, ricoprendo diversi ruoli accanto ai registi più importanti del panorama italiano come Massimo Castri, Luca Ronconi, Giorgio Albertazzi e Gigi Proietti. Nel 2010 si avvicina al mondo della televisione con la serie "R.I.S Roma Delitti Imperfetti", in cui riveste il ruolo fisso del Maggiore Rambaudi, successivamente recita anche in "Squadra Antimafia" e in "Emanuela Loi" dove interpreta Agostino Catalano, caposcorta di Paolo Borsellino.

Di recente è tornato in teatro con "I dieci piccoli indiani", campione di incassi e con "Novantadue" sulle vicende di Falcone e Borsellino, spettacolo teatrale portato anche a Trani, ora in scena nei teatri d'Italia. «In "Novantadue" cambio continuamente ruolo, interpreto carcerati, pentiti, funzionari corrotti, avvocati che ruotavano intorno alla figura dei due magistrati». Il racconto parte nell'estate del 1985 all'Asinara, il carcere di massima sicurezza dove Falcone e Borsellino vennero mandati per completare l'istruttoria del maxi processo, e ripercorre le tappe della loro lotta contro la mafia, mettendo in evidenzia l'amicizia che li legava, l'umanità, il rigore, la forza, il senso dello Stato e la solitudine a cui furono condannati.

Nel corso della sua carriera Pierluigi Corallo ha interpretato i protagonisti delle pagine più dure della nostra storia, martedì infatti nel docufilm "Aldo Moro" su Rai 1, richiamato dal regista di "R.I.S." F.Miccichè, rivestiva i panni di Oreste Leonardi. «Ricoprire ruoli così importanti mi permette di studiare attentamente una parte difficile ed importante della nostra storia ed è sempre bello e interessante- racconta Pierluigi- È stato anche un orgoglio rivestire il ruolo di Oreste, una delle persone più vicine ad Aldo Moro, perché mio padre era un moroteo, fortemente legato ai valori dello Stato e da piccolo mi raccontava sempre la sua esperienza personale».

Nel corso degli anni Pierluigi Corallo ha lavorato in molte fiction in tv che hanno raccontato le storie delle vittime della mafia: «Ogni volta è una grande responsabilità, è importante la delicatezza con cui ci si avvicina a questi personaggi per far trasparire la loro umanità e riuscire a non farli mai dimenticare perché hanno pagato con la loro vita la salvezza del nostro Paese». Nel docufilm andato in onda martedì si evince la figura di Aldo Moro come professore universitario a cui oggi è dedicata l'Università degli Studi di Bari e si pone in evidenzia l'importanza dell'insegnamento per la crescita dei giovani che saranno il futuro dell'Italia. «La figura di Moro mostra come la vera politica sia anche quella dell'insegnante, il suo principale interesse era quello di formare persone che incarnassero i veri valori civili, per questo la figura di Moro come uomo politico e magistrato non si può scindere da quella dell'insegnante-spiega Pierluigi- In quel periodo storico la classe dirigente era formata da persone come Moro, da grandi eccellenze che nascevano dalla docenza. Ricordo il professore Cilea che spesso a lezione ci diceva "Quando voglio leggere qualcosa di bello lo scrivo", erano dei veri intellettuali».

Il docufilm mostra il vero valore della politica che in questo periodo storico stiamo dimenticando: «Moro, Borsellino, Falcone ci dimostrano che il "Sono tutti uguali" non esiste. Quando generalizziamo uccidiamo la coscienza civile e aiutiamo la mafia».
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