Raffaele Sollecito ospite a Trani del convegno a cura dell'Agifor
Raffaele Sollecito ospite a Trani del convegno a cura dell'Agifor
Vita di città

Raffaele Sollecito: «Io vittima di un sistema giudiziario ed informativo ricco di falle»

L'ingegnere di Giovinazzo ospite del convegno Agifor

«Essere qui oggi è il primo passo dopo il buio che mi ha attanagliato per otto lunghi anni». Così Raffaele Sollecito, riprendendo il titolo del suo libro "Ad un passo fuori la notte", dopo una travagliata inchiesta giudiziaria che lo ha visto definitivamente assolto dopo quattro anni passati in carcere, commenta la sua presenza all'incontro svoltosi ieri sera nella sala congressi dello Sporting Club. L'iniziativa "I profili dell'ingiusta detenzione" è stata organizzata dall'associazione giovanile forense (Agifor) e ha visto come relatori la presidente dell'Agifor Trani, Marianna Tiziana Belsito; programmista e regista Rai nonché scrittore di famosi casi di cronaca nera italiana, Pino Nazio; l'avvocato Carmine di Paola e Raffaele Sollecito, chiamato come testimone per raccontare la sua personale esperienza di ingiusta detenzione.

«La mia esperienza è molto forte per diversi aspetti - ha esordito Sollecito -. Attraverso quello che ho vissuto, ho avuto modo di sottolineare diverse falle in tre ambiti che hanno fatto da fulcro nella mia vicenda: ossia quello dei tribunali, quello mediatico e quello delle carceri. La lungagine è il primo neo dei processi in Italia: essa non ha alcun senso perché viola un diritto di natura che è quello della libertà. La mia esperienza in carcere - ha proseguito il 33enne - durata quattro anni è stata disintegrante: i detenuti sono abbandonati a se stessi, educati dagli altri detenuti ad una mentalità mafiosa. Otto anni sono una violazione al diritto di libertà e di vita della persona». Ha poi chiarito: «La carcerazione preventiva è un altro elemento che mi vede in disaccordo. Non ha alcun senso almeno che non ci siano casi di pericolosità pubblica, accertati con perizia psichiatrica, quella che per esempio non è stata mai richiesta per me. La comunità - ha detto - potrebbe essere un'ottima alternativa al carcere. Altra pecca è stata l'impossibilità per me e per il mio avvocato, Giulia Buongiorno, di poter dialogare direttamente con i magistrati: non sono mai stato messo nelle condizioni di poter esporre a loro le mie ragioni».

Nel mirino di Sollecito anche i media e l'informazione. «In Italia la cronaca nera - ha spiegato - viene trattata in tv in programmi che danno informazioni morbose e fuorvianti rispetto alla ricerca della verità. Nel mio caso è successo che i giornalisti si soffermassero di più sul mio taglio dei capelli o sulla mia personalità schiva e riservata, piuttosto che andare alla ricerca della verità. La cronaca nera è trattata come si tratta la vita dei calciatori e delle veline. Questo - ha proseguito - è un modo di fare informazione ignobile e che lede i sentimenti delle persone coinvolte in questo tipo di tragedia. Ho notato anche che le informazioni che ricevono i giornalisti sono manipolate dai fascicoli della Procura, quasi facesse una campagna promozionale a proprio favore, a sfavore dei protagonisti della vicenda che vengono puntualmente tagliati fuori. Ad esempio, io con Meredith non ho mai avuto alcun tipo di rapporto - ha precisato - se non qualche sporadico "ciao" a casa di Amanda che era sua coinquilina. Con Amanda, invece, ho avuto una relazione di appena cinque giorni. Si sono scritte molte cose non vere - ha concluso il giovane -. I giornalisti mi hanno dipinto come un mostro».

Parola poi a Pino Nunzio che sentendosi tirato in causa dalle affermazioni di Sollecito, riprendendo la sua esperienza in trasmissioni televisive di cronaca nera come "Chi l'ha Visto?", ha prontamente risposto. «Come in ogni ambito, da quello della magistratura a quello del giornalismo, c'è chi fa bene il proprio lavoro e chi no - ha detto - le generalizzazioni non portano ad una soluzione. Non sono sicuramente della linea in cui per fare audience occorra svendere il prodotto. Tuttavia ci sono, a mio avviso, dei casi in cui la televisione ha avuto un ruolo fondamentale nella loro risoluzione. La cronaca a volte si alimenta anche di notizie di colore (in riferimento al taglio di capelli o gli scambi in aula tra Raffaele e Amanda), l'importante che queste vadano ricondotte al genere gossip e che quindi non hanno nulla a che vedere con il processo. Ogni campo purtroppo è invaso dal gossip, si pensi anche alla politica. Il giornalista - ha poi concluso - è come un impiegato di banca che manovra il denaro: entrambi hanno a che fare con una materia che non li appartiene: occorre prudenza!».

Sollecito ha anche spiegato perché avesse sentito l'esigenza di scrivere un libro. «Primo per riscatto», ha detto. «Dopo che ho passato otto anni della mia vita ad essere dipinto come la persona che non ero avevo l'esigenza di parlare di me al pubblico. Secondo anche per smuovere le coscienze di chi legge e mi ascolta nelle varie conferenze affinché vengano "smascherate" le varie falle del mondo giudiziario e dell'informazione».

È toccato poi a Carmine di Paola riprendere il filo del discorso già avviato e concludere. «I processi - ha sostenuto l'avvocato penalista - non vanno mai giudicati dall'esterno, perché danno vita ad una realtà difforme e distante del processo. Altra cosa è la realtà, che si ricava solo leggendo le carte. Ho sempre tifato per Sollecito, appoggiando la sua tesi così come anche per Stasi. Potrei definirmi un'innocentista per natura: meglio un colpevole fuori - ha concluso - che un innocente dentro».
Raffaele Sollecito ieri ospite del convegno organizzato dall'Agifor di TraniRaffaele Sollecito ieri ospite del convegno organizzato dall'Agifor di TraniRaffaele Sollecito ieri ospite del convegno organizzato dall'Agifor di TraniRaffaele Sollecito ieri ospite del convegno organizzato dall'Agifor di TraniRaffaele Sollecito ieri ospite del convegno organizzato dall'Agifor di Trani
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