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Vita di città

Rosa e Renato : trentacinque anni fa una tragedia che laceró il cuore di Trani

Proprio il 5 gennaio si celebrarono i funerali dei giovani sposi morti in un incidente stradale

Lei, Rosa,era davvero una Rosa.
Un fiore sbocciato ,fresco,incantevole.
viso pulito ,con due occhi enormi,laghi di purezza, cristallini,trasparenti.come l'animo che raccontava la limpidezza
di un cuore buono.
mi ha insegnato a"sentire", osservando.
Lui,Renato, con un viso sempre allegro,sempre (quasi) stupito ,un poco impunito (!) con le parole onestà e generosità
stampate in volto.
sempre sempre sempre.
Mi ha insegnato l'ironia che si diverte divertendo.
Non quella sagace ,che distrugge,o pretestuosa che demolisce.
quella bonaria, che alleggerisce e sfronda i momenti,gli ambienti più difficili,inquietanti.
Loro,da raccontare.
Erano due ragazzi,che si
amavano e si facevano amare.
Erano stati compagni di scuola
e si erano ritrovati anni dopo
-con stupore-
innamorati ,per incominciare un nuovo percorso di vita insieme.
breve,troppo.
ma infinitamente felice". (continua)

È l'incipit di uno scritto che per caso ho letto sul blog personale di Antonella Lagioia: quasi una ballata in poesia che il 3 gennaio ha dedicato ai suoi amici fraterni Renato Rizzo e Rosa Leone, i due giovani a cui un incidente stradale strappó un futuro che avevano cominciato a costruire insieme solo tre mesi prima, in una gioiosa festa di nozze. E la mente si è catapultata in un frammento di attimo in quel 5 gennaio di trentacinque anni fa, un giorno d'inverno in cui il freddo entró violento fin dentro le ossa della gente. La storia di una Città è anche questa, fatta di eventi lieti, sensazionali, ma anche di laceranti tragedie. Non c è classifica tra i dolori di una comunità, specie quando riguardano bambini o giovani, ma quell'incidente stradale del 3 gennaio costituì davvero uno strappo violento, feroce, in quelle feste di Natale ancora in corso, in quella Trani vestita di luci e addobbi che al passaggio del corteo funebre fatto di sguardi sbarrati e increduli, come a cercare d'intorno l'appiglio al risveglio da un incubo, apparvero lacrime di un'atmosfera irreale, come nelle sequenze di un film a rallentatore in un silenzio fatto di dolore tagliente, crudo. Tanti, tanti amici avevano Rosa e Renato e Antonella Lagioia, che riversa bagliori della sua anima bella in un blog personale, rivive ogni anno quel tre di gennaio alle tre del pomeriggio il velo del tempio che rinnova il suo squarcio, perché Dio sulla croce si fece Uomo nel dolori e nelle morti di ogni creatura, su un nuovo Golgota che è "il gomito del porto, il marciapiedi dirimpetto al Palazzo degli Statuti Marittimi,seduta a quel muretto. Il nostro muretto, di tutto un gruppo di amici[.........] .Poi mi volto,guardo verso l'ansa quieta del mare ad occhio chiaro, chissà per come, chissà perché io mi aspetto che siano là. Ciccino,Ciccina. Dentro qualche barca che si dondola,a cavalcioni di un'onda...e rido, solo a pensarci, rido. A Ciccino piaceva andare in barca, a Ciccina il mare. che ogni tanto, insieme. andavamo a guardare". Le cose che restano, scrive Antonella, la bellezza delle anime di quei due giovani, la loro generosità verso il prossimo e la comunità, il loro sorriso contagioso, i ricordi belli e quelli, terribili, di quei giorni che precedettero l'Epifania. Le cose che vanno raccontate, perché la memoria è un bene che va trattato con cura e amore per chi c'era e per le giovani generazioni, che sappiano che per essere impressi nel cuore di una comunità basta cercare di costruire, nel proprio piccolo, il meglio che si possa offrire; perché poi la memoria è come il Paradiso che scende in terra con le persone che hanno innescato scintille nel cuore di chi hanno amato e di chi li ha amati. Per chi scrive, il ricordo è in quella visita in parrocchia al ritorno dal viaggio di nozze, in uno degli incontri guidati da Padre Enrico Moscetta, festeggiati con gioia, diventati più belli di prima nella loro semplicità perché vestiti di una felicità che sbrilluccicava da quegli occhi sempre sorridenti e lieti. E poi in quello stridere del dolore nelle strade di Natale, una storia che si ripete, oggi, in clamori di luci e illusoria felicità a due passi da guerre e stragi in corso, dove al freddo e al gelo neanche i Gesù bambino si salvano più. La memoria serve anche a questo, a ricordare quanto preziosa sia la vita e non vada sprecata. Quell'Amore di Rosa e Renato, reciproco e rivolto al prossimo nelle loro instancabili attività solidali, è "una cosa che resta". Ricordarlo è balsamo e cura e ispirazione per ciascuno di noi.Gioilan (che fu loro amica e lo sarà per sempre)
in chiosa dedica ai nipoti
cui consegna la memoria di
Renato e Rosa
"tre gennaio
millenovecentonovanta
con la paura,tanta,che tutto fosse
vero
per davvero e io non ci capivo
dove si fosse smarrito
Iddio.

(forse con me,che mi sentivo
tradita dalla vita,al buio)

nodo in gola
il rimpiangere secco.

quest'oggi
di tosse e singhiozzi
dove ci si stropiccia e assopisce.

mi sono già vista. nella specchiera
dove mi incontro passando, nelle ore
di questo pomeriggio. a convegno
con me alle tre del tre anche
quest'anno, io.

ci sono.
voi pure.sempre giovani.
Rosa,
Renato e Te insieme.
per sempre

"la voce che qui ascolto è ancora
vostra
oltre il gomito del porto
dentro alle onde
perchè vostro chiamo il nome
che sorrisi sono e siete
lo spazio dove io vi credo
e -come state (?)
vivi ancora
veramente ?-

eccomi qua
anno dopo
un anno al passo
scusandomi,
se non riesco ad ostacolare
le lancette
se non posso cancellare dal
giornale delle foto
il sangue che
è stampato sul
selciato
eccomi

e chiedo scusa
se il sorriso che riesce
a frantumare
il peso dei pensieri
srotola
la miccia dei misteri
della vita
che esplode e
non sempre trova il bandolo del
destino

a terra siedo
per fare a morsi
i miei piccoli ricordi
guardando
un topolino che corre
verso i buchi
del formaggio
ostaggio
di questo tempo
di telefoni
sempre in mano.
(ciao, ehi voi?! ci risentiamo?)



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