Vita di città

Trani, cronaca di un pasticcio

Scrive Emanuele Gianolio

Carlo Emilio Gadda, il famoso scrittore, pubblicò a suo tempo un bel romanzo intitolato "quer pasticciaccio brutto de via Merulana", in questo, ambientato a Roma, si investigava su un omicidio. Bene, anche noi a Trani, negli ultimi tempi, abbiamo avuto un pasticcio; naturalmente nulla di assolutamente simile alla trama del romanzo di Gadda, in realtà non si tratta di un "pasticciaccio", ma soltanto di un "pasticcetto" che, però, perdonatemi il gioco di parole è pur sempre un pasticcio: si tratta della trasformazione della antichissima chiesa di Sant'Antuono (1143) in ristorante.

Per la verità, di come si sia veramente svolta questa vicenda, io ne so molto poco e quel poco l'ho appreso leggendo un foglio locale che non le ha dedicato molto spazio, forse perché si trattava di una chiesa o forse per timore di offendere qualcuno, chissà. Da ciò che ho potuto capire, risultano due punti fermi: la chiesa era consacrata, cosa confermata anche dal compianto storico Amorese nel suo libro "Le cento chiese di Trani"; dal secondo traspare, nel tempo, da parte degli enti preposti alla salvaguardia del manufatto un generale senso di trascuratezza e di deresponsabilizzazione fondato sui consueti "scaricabarile" che rafforzano sempre di più in me la scarsa fiducia nelle istituzioni.

Ho scritto queste poche righe ricordando un altro stile della civica amministrazione: mi è tornato alla mente con quanto entusiasmo, questa, negli anni settanta, decise il rilancio della zona portuale: il restauro della chiesa in oggetto, allora deposito di un bottaio, il secondo ingresso monumentale della villa, il recupero degli archi degli statuti marittimi, la sistemazione del fortino, il prolungamento del molo sant'Antonio e la lunga splendida alberata di palme in seguito sradicata da una successiva amministrazione impazzita ed infine la darsena comunale, fonte di grande sviluppo per il porto: Fu questo un momento vitale e vivace della nostra vita cittadina cui seguì un periodo di stasi e di incuria che ci ha donato l'infruibile parcheggio di Piazza XX Settembre ed ha portato al degrado della chiesa di cui sopra, diventata ormai abituale rifugio di drogati e oggetto di atti di vandalismo senza che alcuno provvedesse in merito.

Al che mi sono detto: se in Unione Sovietica hanno trasformato le chiese in stalle, noi in Italia possiamo pure trasformarle in ristorante. Questa era solo una battuta, ma ragionando seriamente, se nessuno dei preposti è stato in grado di preservarla dai vandali, ben venga il ristorante che almeno garantisce l'integrità del manufatto: Di una sola cosa ho desiderio: vorrei che chi di dovere non si trinceri dietro i soliti "non sapevamo", "credevamo", "è sorto un equivoco", ecc. ecc., ma che ci dica chiaramente come si sono svolti i fatti poiché le "carte" necessarie al nuovo utilizzo qualcuno le avrà pur dovuto firmare. Io non so come finirà questa faccenda, probabilmente, come si suol dire, "a tarallucci e vino". Come sempre.

Emanuele Gianolio

Emanuele Gianolio è notissima figura di studioso e di ricercatore. Plurilaureato, conferenziere, docente di storia presso l'Università della Terza Età, ha scritto numerosi articoli per varie riviste ed ha pubblicato diversi libri, in particolare sulla presenza degli Ebrei a Trani.
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