Religioni
Trani ebraica, tutto pronto per la festa di Sukkòt
Sette giorni di preghiera in onore di H-shèm
Trani - venerdì 21 ottobre 2016
Il quindici di questo settimo mese si celebrerà la festa di Sukkòt per sette giorni, in onore di H-shèm. Sheminì 'Atzèret (l'ottavo giorno dell'adunanza) è un giorno in più, aggiunto ai sette di Sukkòt, in cui si festeggia con Dio. È inoltre il giorno nel quale i messaggeri escono per consegnare i giudizi emessi in occasione delle festività maggiori. Fuori da Israele Sheminì 'Atzeret viene festeggiato, per due giorni, (il secondo è Simchàt Torah) per commemorare il tempo in cui il calendario ebraico era determinato mensilmente dal Sinedrio (massimo tribunale halachico) a Yerushalàyim.
Accadeva, infatti, che le comunità della diaspora venissero a conoscenza della data esatta delle festività con un ritardo di alcuni giorni, se non addirittura di settimane, ragione per cui preferivano osservare un giorno di festa in più per non commettere errori; così Pèssaq, per esempio, durava otto giorni anziché sette, il giorno di Shav'uòt raddoppiava e così via. A Sukkòt la questione si complicava: la Torah prevedeva infatti una festività di sette giorni, seguita da quella singola di Sheminì 'Atzeret, quindi, in diaspora si osservavano in totale nove giorni di festa (sette per Sukkòt più un ottavo giorno considerato l'ultimo di Sukkòt o, in alternativa, Sheminì 'Atzeret e, infine, un ulteriore nono giorno nel caso quest'ultimo fosse il "vero" Sheminì 'Atzeret).
Oggi si segue un calendario fisso e, di conseguenza, non si hanno più dubbi sulle date da festeggiare. Nonostante ciò, avendo guadagnato nel calendario ulteriori giorni di santificazione, si è riluttanti a cederli e continuiamo a seguire la tradizione dei nostri antenati. Dopo i sette giorni di Sukkòt osserviamo quindi i due giorni di Sheminì 'Atzeret, il secondo dei quali è Simchàt Torah, il giorno in cui concludiamo e ricominciamo il ciclo di lettura annuale della Torah. Il nuovo motivo spirituale dell'osservanza di questi due giorni è che fuori da Israele, dove non vi è la sacralità della Terra Santa, si necessita del doppio del tempo per controllare e assorbire l'energia che invece in Israele è concentrata in una sola giornata.
Il nome della festa di Sheminì 'Atzeret racchiude diversi significati. La parola ebraica sheminì significa "ottavo", ma deriva dalla stessa radice di shumàn, che significa "grasso" o "ricco". La parola 'Atzeret può significare "osservazione", "limitazione" oppure "riunione", ma può voler dire anche "essenza". Quindi Sheminì 'Atzeret rappresenta la ricchezza dell'essenza dell'intero anno, poiché questo giorno perfeziona l'energia delle feste di Tishrì e la incanala in tutti i giorni dell'anno.
Durante la cerimoni mattutina nel Tempio, la preghiera di Sheminì 'Atzeret si differenzia dalle altre per il Geshem, preghiera per la pioggia. L'officiante canta su un motivo particolare. La stagione delle piogge comincia in questa epoca e i contadini l'aspettavano con impazienza. Durante la festa, i pellegrini convenuti a Gerusalemme da tutta Eretz Israel, osservavano ansiosi il fumo che si alzava dall'altare del Tempio. Se s'innalzava dirigendosi verso il nord, era assicurata una pioggia abbondante; se il fumo si dirigeva verso il sud, diventavano tutti molto apprensivi, poiché c'era da temere la siccità.
La preghiera della pioggia recitata a Sheminì 'Atzeret, si adegua ai bisogni climatici di Israele. Quest'usanza fu mantenuta anche quando gli Ebrei vivevano in esilio in altri paesi e in altre condizioni climatiche. Verso la metà del XVII secolo e.v., un gruppo di esiliati spagnoli si installò in Brasile; essendosi accorti che la pioggia cadeva in un'altra stagione dell'anno, si rivolsero ad un Rabbino di Salonicco per sapere se potevano cambiare l'epoca di questa preghiera. Era la prima volta che gli Ebrei del Nuovo Mondo si rivolgevano a quelli del Vecchio Mondo per ottenere direttive legali. Avendo ricevuto il permesso di farlo, continuarono a recitare questa preghiera solo come segno storico del legame indissolubile che lega tutti gli Ebrei ad Israele. La preghiera speciale per la pioggia si trova in tutti i riti, sia degli Askenaziti, che dei Sefarditi. Inseguito molti Piyutim speciali (poesie religiose) sono stati aggiunti al rituale. In essi sono descritti i lavori agricoli che si devono fare ogni mese dell'anno, poiché ogni mese è influenzato dal particolare segno zodiaco. In vecchi libri di preghiere adoperati dagli Askenaziti si trovano ancora disegni primitivi che rappresentano i segni dello zodiaco.
Con Simchàt Torah si completa il ciclo della lettura della Torah (gli ultimi versetti di Devarìm) e si ricomincia dal principio con il Libro di Bereshìt. Celebrando le seconde Tavole ricevute a Kippur, si festeggia l'unità del popolo ebraico e quella del mondo intero. Si tratta della festa in cui integriamo nella nostra vita il timore reverenziale di Rosh haShanà e Kippur, creando un ponte tra l'energia divina e la propria luce interiore. Secondo Rashì, l'ultimo versetto di Devarìm si riferisce all'episodio della rottura delle Tavole della Legge da parte di Moshè. Benché, in apparenza, esso possa rappresentare un fallimento più che una realizzazione, in realtà fu l'evento che portò all'incisione delle seconde Tavole, che furono indistruttibili.
Accadeva, infatti, che le comunità della diaspora venissero a conoscenza della data esatta delle festività con un ritardo di alcuni giorni, se non addirittura di settimane, ragione per cui preferivano osservare un giorno di festa in più per non commettere errori; così Pèssaq, per esempio, durava otto giorni anziché sette, il giorno di Shav'uòt raddoppiava e così via. A Sukkòt la questione si complicava: la Torah prevedeva infatti una festività di sette giorni, seguita da quella singola di Sheminì 'Atzeret, quindi, in diaspora si osservavano in totale nove giorni di festa (sette per Sukkòt più un ottavo giorno considerato l'ultimo di Sukkòt o, in alternativa, Sheminì 'Atzeret e, infine, un ulteriore nono giorno nel caso quest'ultimo fosse il "vero" Sheminì 'Atzeret).
Oggi si segue un calendario fisso e, di conseguenza, non si hanno più dubbi sulle date da festeggiare. Nonostante ciò, avendo guadagnato nel calendario ulteriori giorni di santificazione, si è riluttanti a cederli e continuiamo a seguire la tradizione dei nostri antenati. Dopo i sette giorni di Sukkòt osserviamo quindi i due giorni di Sheminì 'Atzeret, il secondo dei quali è Simchàt Torah, il giorno in cui concludiamo e ricominciamo il ciclo di lettura annuale della Torah. Il nuovo motivo spirituale dell'osservanza di questi due giorni è che fuori da Israele, dove non vi è la sacralità della Terra Santa, si necessita del doppio del tempo per controllare e assorbire l'energia che invece in Israele è concentrata in una sola giornata.
Il nome della festa di Sheminì 'Atzeret racchiude diversi significati. La parola ebraica sheminì significa "ottavo", ma deriva dalla stessa radice di shumàn, che significa "grasso" o "ricco". La parola 'Atzeret può significare "osservazione", "limitazione" oppure "riunione", ma può voler dire anche "essenza". Quindi Sheminì 'Atzeret rappresenta la ricchezza dell'essenza dell'intero anno, poiché questo giorno perfeziona l'energia delle feste di Tishrì e la incanala in tutti i giorni dell'anno.
Durante la cerimoni mattutina nel Tempio, la preghiera di Sheminì 'Atzeret si differenzia dalle altre per il Geshem, preghiera per la pioggia. L'officiante canta su un motivo particolare. La stagione delle piogge comincia in questa epoca e i contadini l'aspettavano con impazienza. Durante la festa, i pellegrini convenuti a Gerusalemme da tutta Eretz Israel, osservavano ansiosi il fumo che si alzava dall'altare del Tempio. Se s'innalzava dirigendosi verso il nord, era assicurata una pioggia abbondante; se il fumo si dirigeva verso il sud, diventavano tutti molto apprensivi, poiché c'era da temere la siccità.
La preghiera della pioggia recitata a Sheminì 'Atzeret, si adegua ai bisogni climatici di Israele. Quest'usanza fu mantenuta anche quando gli Ebrei vivevano in esilio in altri paesi e in altre condizioni climatiche. Verso la metà del XVII secolo e.v., un gruppo di esiliati spagnoli si installò in Brasile; essendosi accorti che la pioggia cadeva in un'altra stagione dell'anno, si rivolsero ad un Rabbino di Salonicco per sapere se potevano cambiare l'epoca di questa preghiera. Era la prima volta che gli Ebrei del Nuovo Mondo si rivolgevano a quelli del Vecchio Mondo per ottenere direttive legali. Avendo ricevuto il permesso di farlo, continuarono a recitare questa preghiera solo come segno storico del legame indissolubile che lega tutti gli Ebrei ad Israele. La preghiera speciale per la pioggia si trova in tutti i riti, sia degli Askenaziti, che dei Sefarditi. Inseguito molti Piyutim speciali (poesie religiose) sono stati aggiunti al rituale. In essi sono descritti i lavori agricoli che si devono fare ogni mese dell'anno, poiché ogni mese è influenzato dal particolare segno zodiaco. In vecchi libri di preghiere adoperati dagli Askenaziti si trovano ancora disegni primitivi che rappresentano i segni dello zodiaco.
Con Simchàt Torah si completa il ciclo della lettura della Torah (gli ultimi versetti di Devarìm) e si ricomincia dal principio con il Libro di Bereshìt. Celebrando le seconde Tavole ricevute a Kippur, si festeggia l'unità del popolo ebraico e quella del mondo intero. Si tratta della festa in cui integriamo nella nostra vita il timore reverenziale di Rosh haShanà e Kippur, creando un ponte tra l'energia divina e la propria luce interiore. Secondo Rashì, l'ultimo versetto di Devarìm si riferisce all'episodio della rottura delle Tavole della Legge da parte di Moshè. Benché, in apparenza, esso possa rappresentare un fallimento più che una realizzazione, in realtà fu l'evento che portò all'incisione delle seconde Tavole, che furono indistruttibili.