Agorà
Lavoro e crisi, dal suicidio alla speranza
Intervento a difesa del dolore e la riservatezza della famiglia
lunedì 23 aprile 2012
Dopo la morte di un proprio familiare, una cara amica mi chiede di intervenire pubblicamente per difendere il dolore e la riservatezza della famiglia, di chi rimane ad affrontare i tanti problemi che il disperato lascia da gestire. Nella gestione di questi momenti difficili della propria famiglia e dei figli (anche minori) che non sono in grado di capire le varie facce dell'intera tragica situazione, è necessario una nuova etica da far nascere. Non è economica, politica, professionale. E' cristiana. Sta nella comprensione, nella solidarietà.
Il richiamo è indirizzato verso ognuno di noi per osservare - meglio per rispettare - la sofferenza ed il dolore portato dalla crisi, dal prezzo che si scarica sulle famiglie e nelle piccole aziende. Non ci sono soltanto gli imprenditori debitori in crisi, i lavoratori debitori in crisi, ma il problema riguarda tutti. Anche gli imprenditori creditori in crisi, i lavoratori creditori di somme che non riescono ad incassare ed il cui mancato arrivo può far crollare. Siamo tutti sulla stessa barca.
Molto spesso per i piccoli imprenditori la loro impresa è una sorta di famiglia allargata: conoscono personalmente i dipendenti. Quando un dipendente si sposa, il padrone viene invitato, quando nasce un figlio va a fare il padrino: la conclusione è che i problemi di denaro e di lavoro delle famiglie satelliti sono i problemi della famiglia madre, quella del padrone. Quando si arriva al suicidio, è un atto di disperazione affettiva. Aiutarlo quando sta per crollare è un dovere. Ed essere aiutato è un diritto. Lui da solo non ce la fa a far valere questo diritto. Questa gente non è disposta a confessare di non farcela più, di avere l'azienda in rosso: è una vergogna tale che il dolore del suicidio è meno intollerabile. Ma la vita vale infinitamente molto di più.
C'è un'idea forte da condividere per fare da mediatore tra gli indifferenti per fare sentire meno soli chi è vittima sulla propria pelle di queste situazioni incresciose. Il valore più grande che si può esprimere non è solo la disponibilità a difendere nei luoghi opportuni ed istituzionali ma la condivisione di una idea forte di speranza.
A mio parere, per continuare ad assolvere al meglio al proprio compito di cristiani-testimoni coerenti, è doveroso che tutti (anche i giornalisti, ovviamente) usino prudenza ed approfondimento prima di dare le notizie, andando verso la gente colpita da questi drammi e tutelandone la dignità, nel rispetto della verità. Senza paura di perdersi in questa società contraddittoria. Il nascere ed il morire portano sempre emozioni, passioni, gioie e sofferenze. E non potrebbe essere diversamente.
Nessuno conosce l'ora della propria morte. Bisogna onorare la morte, fermarsi per conferirle un senso, un rispetto, una dignità. Di questi tempi, a me spaventa più l'ignoranza dei vivi che la morte dei giusti. E mi ferisce, addolorandomi profondamente, chi smette di vivere perchè si arrende di fronte alle difficoltà. Alla famiglia ed agli amici di questi nostri compagni tranesi vanno tutta la nostra preghiera e la solidarietà umana. Che il Signore doni soprattutto a questi defunti un Paradiso in cui vivere felici senza molte sofferenze che li hanno colpiti in terra.
Il richiamo è indirizzato verso ognuno di noi per osservare - meglio per rispettare - la sofferenza ed il dolore portato dalla crisi, dal prezzo che si scarica sulle famiglie e nelle piccole aziende. Non ci sono soltanto gli imprenditori debitori in crisi, i lavoratori debitori in crisi, ma il problema riguarda tutti. Anche gli imprenditori creditori in crisi, i lavoratori creditori di somme che non riescono ad incassare ed il cui mancato arrivo può far crollare. Siamo tutti sulla stessa barca.
Molto spesso per i piccoli imprenditori la loro impresa è una sorta di famiglia allargata: conoscono personalmente i dipendenti. Quando un dipendente si sposa, il padrone viene invitato, quando nasce un figlio va a fare il padrino: la conclusione è che i problemi di denaro e di lavoro delle famiglie satelliti sono i problemi della famiglia madre, quella del padrone. Quando si arriva al suicidio, è un atto di disperazione affettiva. Aiutarlo quando sta per crollare è un dovere. Ed essere aiutato è un diritto. Lui da solo non ce la fa a far valere questo diritto. Questa gente non è disposta a confessare di non farcela più, di avere l'azienda in rosso: è una vergogna tale che il dolore del suicidio è meno intollerabile. Ma la vita vale infinitamente molto di più.
C'è un'idea forte da condividere per fare da mediatore tra gli indifferenti per fare sentire meno soli chi è vittima sulla propria pelle di queste situazioni incresciose. Il valore più grande che si può esprimere non è solo la disponibilità a difendere nei luoghi opportuni ed istituzionali ma la condivisione di una idea forte di speranza.
A mio parere, per continuare ad assolvere al meglio al proprio compito di cristiani-testimoni coerenti, è doveroso che tutti (anche i giornalisti, ovviamente) usino prudenza ed approfondimento prima di dare le notizie, andando verso la gente colpita da questi drammi e tutelandone la dignità, nel rispetto della verità. Senza paura di perdersi in questa società contraddittoria. Il nascere ed il morire portano sempre emozioni, passioni, gioie e sofferenze. E non potrebbe essere diversamente.
Nessuno conosce l'ora della propria morte. Bisogna onorare la morte, fermarsi per conferirle un senso, un rispetto, una dignità. Di questi tempi, a me spaventa più l'ignoranza dei vivi che la morte dei giusti. E mi ferisce, addolorandomi profondamente, chi smette di vivere perchè si arrende di fronte alle difficoltà. Alla famiglia ed agli amici di questi nostri compagni tranesi vanno tutta la nostra preghiera e la solidarietà umana. Che il Signore doni soprattutto a questi defunti un Paradiso in cui vivere felici senza molte sofferenze che li hanno colpiti in terra.