Agorà
Tranesi, rimbocchiamoci le maniche
Ci sono domande a cui bisogna dare delle risposte
domenica 30 ottobre 2011
Sono convinto che concentrarsi unicamente sulla scelta del nome del nuovo sindaco di Trani non serva alla città ed alla gente normale con i suoi bisogni quotidiani anche se, decisamente, ogni progetto cammina sulla gambe delle persone e le caratteristiche dei protagonisti sono decisive e fondamentali per dare una nuova speranza alla nostra famiglia tranese. Ci sono domande urgenti a cui bisogna dare delle risposte urgenti. Bisognerà intervenire in maniera decisa sulle spese ed incrementare le entrate, altrimenti il peggio sarà alle porte visto che i finanziamenti centrali ed europei sono sempre di meno. Ovviamente, anzichè abbandanarsi ad uno scetticismo foriero di condotte passive, proprio l'acquisita consapevolezza della gravità della situazione può costituire un'utile occasione per un momento di riflessione che induca ad un cambiamento di rotta.
Non c'è dubbio che la crisi della nostra società trovi il suo fondamento nel prevalere di elementi disgreganti, nel venir meno del ruolo delle istutuzioni, nella mancanza di idealità. Il principio di solidarietà non è un'affermazione buonista di chi mira egoisticamente al mantenimento dei propri poteri e dei propri privilegi. Il dovere di solidarietà, che è alla base della civile convivenza, è solennemente affermato nell'articolo 2 della nostra Costituzione.
La nostra città non è priva di forze, di intelligenze, di capacità idonee a valorizzare quello che già abbiamo e, soprattutto, a cooperare per il risveglio della coscienza civile, come testimoniato dai timidi segnali già presenti e da azioni illuminate di numerose associazioni laiche e cattoliche. Oggi, più che mai, c'è bisogno di più culura e di una politica che sappia farsi carico degli interessi di tutti. Dobbiamo avere l'umiltà di lavorare di più e insieme.
Ai cattolici in politica dico: devono essere essere chiari e ben presenti i principi di una politica ispirata al bene comune attraverso una vita di onestà individuale, di coscienza delle difficoltà del momento viste non come un freno ma al contrario come una spinta ad un profondo impegno. Si tratta di recuperare il coraggio della responsabilità e della testimonianza evitando di non perdersi in comportamenti litigiosi e fini a se stessi.
Oggi è il tempo di uomini e donne che sappiano farsi carico delle attese e delle speranze della gente e di tentare delle risposte concrete. Di fronte a tanta ebollizione, contradditori, appensantiti dai debiti accumulati e privi di un orientamento preciso, una cosa appare chiara: solo i territori e le comunità che sapranno stare insieme potranno solcare il mare di questi cambiamenti. Perchè per quanto ci si affanni a scorgere segni di ripresa, l'uscita dal tunnel nel quale ci troviamo non si riesce a vedere.
La crescita squilibrata degli ultimi anni ci ha fatto dimenticare le lezioni del passato. La crescita economica per essere stabile ha bisogno dello sviluppo sociale. Oggi siamo imprigionati dentro una trappola: da un lato occorrerebbe sostenere le domande con politiche espansive, dall'altro ciò comporterebbe il peggioramento dei conti comunali. Per uscire da questo circolo vizioso occorre cambiare prospettiva e decidere, appunto, di prendere rotte e strade nuove. Occorre creare nuove forme di collaborazione efficaci tra le imprese (che sono i soggetti centrali dello sviluppo economico), l'amministrazione (a cui è affidato un compito fondamentale nella prestazione di servizi) e la società civile (vera fonte dell'energia che sostiene lo sviluppo e che non può più limitarsi a reclamare senza mai assumersi responsabilità attive).
In economia aperta, il valore e la ricchezza possono fiorire solo attraverso il contributo di tutti e tre questi attori, ciascuno dei quali apporta un contributo prezioso alla creazioni di condizioni favorevoli allo sviluppo. La nuova parola chiave è, dunque, alleanza. Non si tratta di volgere indietro le lancette della storia. Le vecchie soluzioni non funzionano più. Si tratta di avere il coraggio di creare nuove forme (articolate, plurali e flessibili) in grado non solo di mobilitare energie e risorse, ma anche di rinsaldare legami sociali e significati condivisi. Solo a questa condizione diviene possibile riavviare un ciclo di crescita capace di sanare la fase che ci viene lasciata in eredità soprattutto da chi sinora si è occupato della politica cittadina.
Pertanto, rimbocchiamoci le maniche.
Non c'è dubbio che la crisi della nostra società trovi il suo fondamento nel prevalere di elementi disgreganti, nel venir meno del ruolo delle istutuzioni, nella mancanza di idealità. Il principio di solidarietà non è un'affermazione buonista di chi mira egoisticamente al mantenimento dei propri poteri e dei propri privilegi. Il dovere di solidarietà, che è alla base della civile convivenza, è solennemente affermato nell'articolo 2 della nostra Costituzione.
La nostra città non è priva di forze, di intelligenze, di capacità idonee a valorizzare quello che già abbiamo e, soprattutto, a cooperare per il risveglio della coscienza civile, come testimoniato dai timidi segnali già presenti e da azioni illuminate di numerose associazioni laiche e cattoliche. Oggi, più che mai, c'è bisogno di più culura e di una politica che sappia farsi carico degli interessi di tutti. Dobbiamo avere l'umiltà di lavorare di più e insieme.
Ai cattolici in politica dico: devono essere essere chiari e ben presenti i principi di una politica ispirata al bene comune attraverso una vita di onestà individuale, di coscienza delle difficoltà del momento viste non come un freno ma al contrario come una spinta ad un profondo impegno. Si tratta di recuperare il coraggio della responsabilità e della testimonianza evitando di non perdersi in comportamenti litigiosi e fini a se stessi.
Oggi è il tempo di uomini e donne che sappiano farsi carico delle attese e delle speranze della gente e di tentare delle risposte concrete. Di fronte a tanta ebollizione, contradditori, appensantiti dai debiti accumulati e privi di un orientamento preciso, una cosa appare chiara: solo i territori e le comunità che sapranno stare insieme potranno solcare il mare di questi cambiamenti. Perchè per quanto ci si affanni a scorgere segni di ripresa, l'uscita dal tunnel nel quale ci troviamo non si riesce a vedere.
La crescita squilibrata degli ultimi anni ci ha fatto dimenticare le lezioni del passato. La crescita economica per essere stabile ha bisogno dello sviluppo sociale. Oggi siamo imprigionati dentro una trappola: da un lato occorrerebbe sostenere le domande con politiche espansive, dall'altro ciò comporterebbe il peggioramento dei conti comunali. Per uscire da questo circolo vizioso occorre cambiare prospettiva e decidere, appunto, di prendere rotte e strade nuove. Occorre creare nuove forme di collaborazione efficaci tra le imprese (che sono i soggetti centrali dello sviluppo economico), l'amministrazione (a cui è affidato un compito fondamentale nella prestazione di servizi) e la società civile (vera fonte dell'energia che sostiene lo sviluppo e che non può più limitarsi a reclamare senza mai assumersi responsabilità attive).
In economia aperta, il valore e la ricchezza possono fiorire solo attraverso il contributo di tutti e tre questi attori, ciascuno dei quali apporta un contributo prezioso alla creazioni di condizioni favorevoli allo sviluppo. La nuova parola chiave è, dunque, alleanza. Non si tratta di volgere indietro le lancette della storia. Le vecchie soluzioni non funzionano più. Si tratta di avere il coraggio di creare nuove forme (articolate, plurali e flessibili) in grado non solo di mobilitare energie e risorse, ma anche di rinsaldare legami sociali e significati condivisi. Solo a questa condizione diviene possibile riavviare un ciclo di crescita capace di sanare la fase che ci viene lasciata in eredità soprattutto da chi sinora si è occupato della politica cittadina.
Pertanto, rimbocchiamoci le maniche.