Agorà
Turismo culturale e città congressuale?
Intervento di Mario Schiralli
lunedì 25 luglio 2011
La fortunata serie televisiva del 1970, "Signore e signora" con Lando Buzzanca e Delia Scala, (la TV trasmetteva in bianco e nero), viene ricordata anche per il personaggio del sofisticato ed eccentrico nobile con grande ciuffo ossigenato che gli cadeva sulla fronte, interpretato da Buzzanca, che lui rimandava indietro con la mano, un po' alla Sgarbi maniera tanto per intenderci. "Mi vien che ridere" , recitava l'attore siciliano e la sua battuta rimarrà un tormentone ricordato e ripetuto dal pubblico per anni, come l' Ecche quà", il "pirichè" e il "siamo vincoli o sparpagliati", di pappagoniana memoria.
Nei giorni scorsi, le dichiarazioni di un "tuttologo" del governo cittadino, apparse sui media on line, circa il futuro della città, ha richiamato alla memoria quella battuta di Buzzanca. A Trani bisogna puntare sul turismo culturale, ha sentenziato, elencando poi, per dar corpo alle sue dichiarazioni, le iniziative assunte sul tema per quest'anno. In pratica, sono le stesse degli anni precedenti e si esauriscono, more solito, nell'assistenzialismo clientelistico più becero con l'elargizione a piene mani di contributi ad associazioni cittadine, molte delle quali… "imparentate" con il potere locale. Risultato: affluenza dalle città vicine e qualche tgurista occasionale oltre ai soliti milanesi nostrani.
Tralasciamo il fumus di Trani città congressuale a cui ha anche fatto cenno: non basta ospitare un convegno di 300 e passa farmacisti per cinque giorni (c'è da chiedersi, en passant, dove alloggeranno se non nelle città vicine?) per affermare che si punta ad una città congressuale, che è tutta un'altra cosa. Se avesse guardato al 1980, quando in città si svolsero congressi nazionali di diritto marittimo, di urbanistica e di arte, e alle personalità della cultura e dell'arte nazionali che li nobilitarono con la loro partecipazione, avrebbe compreso che cosa vuol dire città congressuale: Trani fu l'oggetto dei congressi.Non l'aspirina, il maalox o di altre medicine di cui forse discuteranno i farmacisti!
Quando si affrontano determinati argomenti che possono veramente cambiare il volto di una città, occorre quanto meno averne una benché minima cognizione. Ed ecco perché "mi vien che ridere" a leggere certe affermazioni terra terra, come le avrebbe definite, con un semplice, ma esauriente gesto della mano, Riccardo Pazzaglia, indimenticato scrittore, paroliere, attore e regista televisivo. Eppure nel governo cittadino c'è anche qualcuno titolato, anche cattedratico, ma… chissà perché, continua a fungere da comparsa.
Se solo, prima di spararle grosse, quel qualcuno si fosse documentato sul significato, su cosa rappresenti e su cosa fare per puntare ad un turismo culturale, non se ne sarebbe uscito con certi florilegi. E lo stesso dicasi per l'altro obiettivo, ovvero "Trani città congressuale". Il turismo culturale (sarebbe stato sufficiente rileggersi la definizione standard) "è una delle attuali forme di turismo ed ovviamente sottintende una maggiore attenzione agli aspetti culturali delle iniziative turistiche". A tal proposito, per dirla con Vito Labarile, consigliere incaricato del sindaco di Bari, una città è tanto più grande quando più moltiplica le proprie istituzioni culturali e quando queste ultime si organizzano come vere e proprie industrie, dove le rappresentazioni e gli eventi sono il risultato di una ricerca e produzione in campo artistico-culturale. Ma quando mai l'amministrazione ha operato in questo senso? Non è distribuendo soldi che si raggiungono tali obiettivi!
E rimanendo in tema, il concittadino Franco Botta, docente di storia economica nell' Ateneo barese, suggerisce la necessità di "delocalizzare la cultura" per incrementarne gli aspetti sia a fini turistici che di crescita economica e sociale della comunità. Commentando una storia a lieto fine ("E in Puglia abbiamo bisogno di scrivere storie con un finale simile", ha precisato), raccontata da Dario De Vico sul Corriere della Sera, secondo la quale in Cina l'appello per sostenere le attività dell'istituto di cultura italiana a Pechino era stato raccolto dall'Associazione degli industriali di macchine utensili, ha illustrato la sua esperienza in tal senso.
Dopo un viaggio in Macedonia, resosi conto della somma irrisoria che quella ambasciata ha a disposizione per la promozione della cultura italiana, e conoscendo, invece, la situazione che esiste in altre sedi diplomatiche di altri Paesi a noi vicini, Franco Botta ha sentito il dovere, da attento studioso qual è, di lanciare quasi un "appello" affinché gli enti locali, che vantano tradizioni culturali di notevole spessore, e Trani a ben ragione è tra questi, rivolgano pressanti inviti alle imprese pugliesi presenti in quegli Stati ("e che sanno bene quanto conti l'immagine di un paese e di una regione quando si ha voglia di costruire relazioni economiche all'estero") di sollecitare sul problema le ambasciate italiane a cominciare da quelle sulla riva orientale dell'Adriatico e nella penisola balcanica. "Alcune delle imprese pugliesi – sostiene Franco Botta - già contribuiscono al lavoro che viene fatto per consentire una migliore conoscenza della Puglia e dell'Italia nei Paesi in questione, ma tutto questo avviene ancora e quasi sempre in forme individuali e spesso episodiche".
Durante l'amministrazione Tamborrino, alla città di Trani si presentò la grande opportunità di …esportare la sua cultura e la sua economia nel continente asiatico allestendo gratuitamente una grande "esposizione" a Tokio in un grattacielo di un colosso giapponese, il cui presidente, Mr. Takano, era venuto in visita a Trani, grazie all'intermediazione di un ingegnere tranese (lavora in una delle imprese del gruppo, ama svisceratamente la sua città natale e, ironia della sorte, ha pure lo stesso cognome dell'attuale sindaco) ed era rimasto colpito dalle bellezze e dalla storia cittadine, illustrate da chi scrive su incarico dell'amministrazione. Non se ne fece niente per la pochezza culturale-organizzativa di taluni maggiorenti del governo locale. La stessa cosa che si ripeté, puntuale, con gli industriali del nord (quest'ultima storia è arcinota soprattutto per l'appellativo che ci …regalarono).
Nei giorni scorsi, le dichiarazioni di un "tuttologo" del governo cittadino, apparse sui media on line, circa il futuro della città, ha richiamato alla memoria quella battuta di Buzzanca. A Trani bisogna puntare sul turismo culturale, ha sentenziato, elencando poi, per dar corpo alle sue dichiarazioni, le iniziative assunte sul tema per quest'anno. In pratica, sono le stesse degli anni precedenti e si esauriscono, more solito, nell'assistenzialismo clientelistico più becero con l'elargizione a piene mani di contributi ad associazioni cittadine, molte delle quali… "imparentate" con il potere locale. Risultato: affluenza dalle città vicine e qualche tgurista occasionale oltre ai soliti milanesi nostrani.
Tralasciamo il fumus di Trani città congressuale a cui ha anche fatto cenno: non basta ospitare un convegno di 300 e passa farmacisti per cinque giorni (c'è da chiedersi, en passant, dove alloggeranno se non nelle città vicine?) per affermare che si punta ad una città congressuale, che è tutta un'altra cosa. Se avesse guardato al 1980, quando in città si svolsero congressi nazionali di diritto marittimo, di urbanistica e di arte, e alle personalità della cultura e dell'arte nazionali che li nobilitarono con la loro partecipazione, avrebbe compreso che cosa vuol dire città congressuale: Trani fu l'oggetto dei congressi.Non l'aspirina, il maalox o di altre medicine di cui forse discuteranno i farmacisti!
Quando si affrontano determinati argomenti che possono veramente cambiare il volto di una città, occorre quanto meno averne una benché minima cognizione. Ed ecco perché "mi vien che ridere" a leggere certe affermazioni terra terra, come le avrebbe definite, con un semplice, ma esauriente gesto della mano, Riccardo Pazzaglia, indimenticato scrittore, paroliere, attore e regista televisivo. Eppure nel governo cittadino c'è anche qualcuno titolato, anche cattedratico, ma… chissà perché, continua a fungere da comparsa.
Se solo, prima di spararle grosse, quel qualcuno si fosse documentato sul significato, su cosa rappresenti e su cosa fare per puntare ad un turismo culturale, non se ne sarebbe uscito con certi florilegi. E lo stesso dicasi per l'altro obiettivo, ovvero "Trani città congressuale". Il turismo culturale (sarebbe stato sufficiente rileggersi la definizione standard) "è una delle attuali forme di turismo ed ovviamente sottintende una maggiore attenzione agli aspetti culturali delle iniziative turistiche". A tal proposito, per dirla con Vito Labarile, consigliere incaricato del sindaco di Bari, una città è tanto più grande quando più moltiplica le proprie istituzioni culturali e quando queste ultime si organizzano come vere e proprie industrie, dove le rappresentazioni e gli eventi sono il risultato di una ricerca e produzione in campo artistico-culturale. Ma quando mai l'amministrazione ha operato in questo senso? Non è distribuendo soldi che si raggiungono tali obiettivi!
E rimanendo in tema, il concittadino Franco Botta, docente di storia economica nell' Ateneo barese, suggerisce la necessità di "delocalizzare la cultura" per incrementarne gli aspetti sia a fini turistici che di crescita economica e sociale della comunità. Commentando una storia a lieto fine ("E in Puglia abbiamo bisogno di scrivere storie con un finale simile", ha precisato), raccontata da Dario De Vico sul Corriere della Sera, secondo la quale in Cina l'appello per sostenere le attività dell'istituto di cultura italiana a Pechino era stato raccolto dall'Associazione degli industriali di macchine utensili, ha illustrato la sua esperienza in tal senso.
Dopo un viaggio in Macedonia, resosi conto della somma irrisoria che quella ambasciata ha a disposizione per la promozione della cultura italiana, e conoscendo, invece, la situazione che esiste in altre sedi diplomatiche di altri Paesi a noi vicini, Franco Botta ha sentito il dovere, da attento studioso qual è, di lanciare quasi un "appello" affinché gli enti locali, che vantano tradizioni culturali di notevole spessore, e Trani a ben ragione è tra questi, rivolgano pressanti inviti alle imprese pugliesi presenti in quegli Stati ("e che sanno bene quanto conti l'immagine di un paese e di una regione quando si ha voglia di costruire relazioni economiche all'estero") di sollecitare sul problema le ambasciate italiane a cominciare da quelle sulla riva orientale dell'Adriatico e nella penisola balcanica. "Alcune delle imprese pugliesi – sostiene Franco Botta - già contribuiscono al lavoro che viene fatto per consentire una migliore conoscenza della Puglia e dell'Italia nei Paesi in questione, ma tutto questo avviene ancora e quasi sempre in forme individuali e spesso episodiche".
Durante l'amministrazione Tamborrino, alla città di Trani si presentò la grande opportunità di …esportare la sua cultura e la sua economia nel continente asiatico allestendo gratuitamente una grande "esposizione" a Tokio in un grattacielo di un colosso giapponese, il cui presidente, Mr. Takano, era venuto in visita a Trani, grazie all'intermediazione di un ingegnere tranese (lavora in una delle imprese del gruppo, ama svisceratamente la sua città natale e, ironia della sorte, ha pure lo stesso cognome dell'attuale sindaco) ed era rimasto colpito dalle bellezze e dalla storia cittadine, illustrate da chi scrive su incarico dell'amministrazione. Non se ne fece niente per la pochezza culturale-organizzativa di taluni maggiorenti del governo locale. La stessa cosa che si ripeté, puntuale, con gli industriali del nord (quest'ultima storia è arcinota soprattutto per l'appellativo che ci …regalarono).