Apatheia
A vent'anni
Una poesia di Rino Negrogno
martedì 10 aprile 2012
Avere vent'anni
e sollazzarsi d'averli,
non c'era diletto
che potessi cedere
come farei ora, accorto,
stipato di sogni,
mentre scambio sguardi
folgoranti di certezze
solo per viandanti sventati.
Puoi dirmi le tue prediche
se, approssimativamente sornione,
ti suggerisco, sottovoce,
mentre non ascolti
che non c'era divertimento
più divertente a vent'anni
che esser tristi,
trovare traguardi impossibili.
Non averti, poi
era la mia specialità,
scriverti parole
indecifrabili.
È un segreto
che ancora adesso mi appartiene.
Avere vent'anni
e non sapere d'averli,
nessuno di noi ricordava
pletoriche istruzioni
come mostriamo il cielo ora, impauriti,
maleodoranti canove,
dove scambiamo le anime
e la fame notturna
da fantasmi precoci.
Non c'era passatempo migliore
che sprecare i vent'anni,
lasciarli altrove,
tanto poi li ritroviamo
insieme alle nostre promesse,
intonare orizzonti
improbabili, inavvicinabili.
Inseguirti, poi,
muovermi a parte,
era la mia specialità,
inventare occhi invisibili.
È un segreto
che ancora adesso mi appartiene.
Avere vent'anni
ed è poi inutile averli,
imbattersi con affanni
e magagne dolenti,
come eclissiamo il lato, ora, avanzato,
e viandanti, noi,
di figuri indifferenti
che aspettiamo sulla riva
come orchi pronti a passare.
e sollazzarsi d'averli,
non c'era diletto
che potessi cedere
come farei ora, accorto,
stipato di sogni,
mentre scambio sguardi
folgoranti di certezze
solo per viandanti sventati.
Puoi dirmi le tue prediche
se, approssimativamente sornione,
ti suggerisco, sottovoce,
mentre non ascolti
che non c'era divertimento
più divertente a vent'anni
che esser tristi,
trovare traguardi impossibili.
Non averti, poi
era la mia specialità,
scriverti parole
indecifrabili.
È un segreto
che ancora adesso mi appartiene.
Avere vent'anni
e non sapere d'averli,
nessuno di noi ricordava
pletoriche istruzioni
come mostriamo il cielo ora, impauriti,
maleodoranti canove,
dove scambiamo le anime
e la fame notturna
da fantasmi precoci.
Non c'era passatempo migliore
che sprecare i vent'anni,
lasciarli altrove,
tanto poi li ritroviamo
insieme alle nostre promesse,
intonare orizzonti
improbabili, inavvicinabili.
Inseguirti, poi,
muovermi a parte,
era la mia specialità,
inventare occhi invisibili.
È un segreto
che ancora adesso mi appartiene.
Avere vent'anni
ed è poi inutile averli,
imbattersi con affanni
e magagne dolenti,
come eclissiamo il lato, ora, avanzato,
e viandanti, noi,
di figuri indifferenti
che aspettiamo sulla riva
come orchi pronti a passare.