Apatheia
Arriva il Natale (anche se non sembra) anche a Trani
Quel buio a metà corso è impressionante...
venerdì 6 dicembre 2013
15.51
Arriva il Natale e, anche se non sembra, arriva anche a Trani. Pervaso da un'improvvisa sensazione nostalgica post aderente, tipica di questa festività e per me circannuale, mi viene in mente la gioia spensierata di quando ero bambino, la città piena di luci, la chiesa di San Giuseppe (abitavo di fronte) che Don Aldo riempiva di luci dai primi giorni di dicembre fin sopra al campanile che suonava ininterrottamente canti natalizi fino al giorno della processione della natività. Mi tornano in mente le strade principali piene di gente intenta a comprare regali e farsi gli auguri. Sicuramente la realtà non era così come sembrava, sicuramente un bambino non può cogliere le sfumature, scorgere il buio alla fine della luce, sicuramente ci sta tutta l'ipocrisia che direte e che sappiamo, il consumismo ed il capitalismo, anche l'imperialismo se vogliamo, sicuramente è oppio per i popoli, sicuramente serve a distogliere le menti dagli affanni e dagli inganni, ma pensate, quando si hanno dei figli si diventa un po' romantici o coglioni se volete, o tutte e due le cose fate voi.
Ho la sensazione, però, che qualcosa di diverso rispetto al passato ci sia. Esco, con mia moglie e mio figlio faccio un giro per la città, sono pieno di buoni sentimenti e racconto a mio figlio di come aspettavamo noi il Natale quando eravamo bambini e come ci restavamo male quando passava così in fretta, gli racconto delle lunghe tavole imbandite, degli zii che tornavano da Milano e che noi nipotini andavamo tutti insieme ad accogliere alla stazione, gli zampognari per le strade che suonavano "Tu scendi dalle stelle", il profumo del vin cotto delle "carteddate", l'odore della legna bruciata dai fornai e dei mandarini coi noccioli.
Mio figlio mi ascolta un po' incredulo, gli chiedo come mai non riesca a percepire questa sensazione ma lui tergiversa perché non ha proprio idea di cosa io stia parlando. In realtà non sento più nemmeno io quell'atmosfera di festa o di gioia che provavo allora, sì è vero, non sono più un bambino, non vado più in chiesa, ma le persone mi sembrano più tristi, mi sembrano più sole e prese dai loro pensieri e dalle loro preoccupazioni. Potrei sbagliarmi. Ce ne sono poche per il corso e per le strade principali e quelle poche hanno la faccia scura, le loro tredicesime, se ci sono e che prima erano destinate a comprare l'olio per tutto l'anno, sono già destinate a pagare le tasse oppure non hanno più un lavoro e non possono nemmeno vivere. La stazione è un deserto maleodorante, coi treni che non si fermano più, vissuta da ubriaconi, notturni e diurni, da zingari che si lavano nella fontana e defecano nel parcheggio sotterraneo incompiuto, cattedrale di sperpero e di silenzio sorta al posto delle palme imponenti e le aiuole piene di fiori. Gli zingari ed i barboni dovrebbero essere in un posto più dignitoso per loro. Una zingarella che sembra una bambina, seduta sul marciapiede si scopre il seno e lo mette in bocca a suo figlio più per passare il tempo che per fame. Le illuminazioni scarseggiano, la loro luce fioca ed intermittente buttata qua e là un po' a caso, un po' dove ci sono i negozi più importanti che possono permettersela. È impressionante camminare sul corso e trovarsi per metà sotto le luci di Natale e per metà al buio come se da un momento all'altro debba passare la processione dei Misteri. È vero, le luci di Natale sono soldi sprecati ed è meglio destinare quei soldi ai poveri ed ai bisognosi, ma il motivo del buio non è questo, quel buio a metà corso è impressionante, è il segno dell'impoverimento, sembra una povertà che corrode e che, per ora, è arrivata a metà, a metà corso, ma continua.
Torno a casa deluso e torno anche in me, sperando almeno che quelli che ci credono fermamente nel bambinello, abbiano delle buone idee e soprattutto delle buone intenzioni nei confronti di chi soffre. Sperando in una nuova coerenza, per me e per loro, che non è mai arrivata nemmeno a Natale di quando ero bambino.
Ho la sensazione, però, che qualcosa di diverso rispetto al passato ci sia. Esco, con mia moglie e mio figlio faccio un giro per la città, sono pieno di buoni sentimenti e racconto a mio figlio di come aspettavamo noi il Natale quando eravamo bambini e come ci restavamo male quando passava così in fretta, gli racconto delle lunghe tavole imbandite, degli zii che tornavano da Milano e che noi nipotini andavamo tutti insieme ad accogliere alla stazione, gli zampognari per le strade che suonavano "Tu scendi dalle stelle", il profumo del vin cotto delle "carteddate", l'odore della legna bruciata dai fornai e dei mandarini coi noccioli.
Mio figlio mi ascolta un po' incredulo, gli chiedo come mai non riesca a percepire questa sensazione ma lui tergiversa perché non ha proprio idea di cosa io stia parlando. In realtà non sento più nemmeno io quell'atmosfera di festa o di gioia che provavo allora, sì è vero, non sono più un bambino, non vado più in chiesa, ma le persone mi sembrano più tristi, mi sembrano più sole e prese dai loro pensieri e dalle loro preoccupazioni. Potrei sbagliarmi. Ce ne sono poche per il corso e per le strade principali e quelle poche hanno la faccia scura, le loro tredicesime, se ci sono e che prima erano destinate a comprare l'olio per tutto l'anno, sono già destinate a pagare le tasse oppure non hanno più un lavoro e non possono nemmeno vivere. La stazione è un deserto maleodorante, coi treni che non si fermano più, vissuta da ubriaconi, notturni e diurni, da zingari che si lavano nella fontana e defecano nel parcheggio sotterraneo incompiuto, cattedrale di sperpero e di silenzio sorta al posto delle palme imponenti e le aiuole piene di fiori. Gli zingari ed i barboni dovrebbero essere in un posto più dignitoso per loro. Una zingarella che sembra una bambina, seduta sul marciapiede si scopre il seno e lo mette in bocca a suo figlio più per passare il tempo che per fame. Le illuminazioni scarseggiano, la loro luce fioca ed intermittente buttata qua e là un po' a caso, un po' dove ci sono i negozi più importanti che possono permettersela. È impressionante camminare sul corso e trovarsi per metà sotto le luci di Natale e per metà al buio come se da un momento all'altro debba passare la processione dei Misteri. È vero, le luci di Natale sono soldi sprecati ed è meglio destinare quei soldi ai poveri ed ai bisognosi, ma il motivo del buio non è questo, quel buio a metà corso è impressionante, è il segno dell'impoverimento, sembra una povertà che corrode e che, per ora, è arrivata a metà, a metà corso, ma continua.
Torno a casa deluso e torno anche in me, sperando almeno che quelli che ci credono fermamente nel bambinello, abbiano delle buone idee e soprattutto delle buone intenzioni nei confronti di chi soffre. Sperando in una nuova coerenza, per me e per loro, che non è mai arrivata nemmeno a Natale di quando ero bambino.