Apatheia
I fuochi d’artificio
Come sono fuori dal tempo le feste di paese...
martedì 17 luglio 2012
Tanti anni fa c'era un vecchietto che abitava in un sottano di quei palazzi nobiliari che si affacciano sul porto. Egli amava, dopo cena, starsene seduto sull'uscio della sua piccola casa a guardare la gente passeggiare, consuetudine che ancor più apprezzava nei giorni di festa quindi per lui, luglio e agosto, erano mesi pieni di vita e colore, mesi che agognava trepidamente nei mesi bui e freddi dell'inverno, noncurante della vita che passava. Il vecchietto però, un po' per la sua veneranda età, un po' perché a cena non disdegnava quei due bicchieri di vino, il vino del contadino, quello che macchia il bicchiere a vita, dopo pochi minuti si addormentava sulla sedia intonando sonori russate. Era anche sordo, infatti neanche i fuochi d'artificio riuscivano a svegliarlo tranne l'ultimo colpo, quello che chiudeva lo spettacolo pirotecnico ed ogni volta, ogni anno, si svegliava di soprassalto ed esclamava: "Cominciano i fuochi!". Poi, perplesso perché non vi era seguito a quello che per lui era il primo colpo, prima di rimettersi a dormire diceva: "Questo è tutto?".
Come sono fuori dal tempo le feste di paese, sempre uguali, leggende viventi, invasioni d'altri secoli, sempre quei manifesti lunghi tre metri, sempre le stesse cose scritte e, i cittadini, sempre con la testa all'insù a leggerli attenti come fosse la prima volta. La banda per le strade, i ventuno colpi fantasma, le campane annuncianti, le bancarelle dei ragazzi colorati con i loro denti nivei sicuramente perché poco utilizzati, il rito della solita vigilessa che sbraita, gli stranieri stupiti da questo folklore misto a sudore e fame, quelli che fotografano le automobili sequestrate, i ragazzi sdraiati nelle loro tende da campeggio, quelli che guardano dalla loro tristezza, dalla loro terra lontana, dalla loro madre abbandonata, la sagra del mare, le vecchiette commosse, i vecchietti seduti sul muretto, la processione, l'odore dell'incenso che con violenza mi riporta le domeniche mattine di mia madre che bisognava andare a messa e basta, la "batteria".
Le mogli che i mariti portano a spasso solo per queste feste e, dovessero accidentalmente perdersi, si fermano a quelle bancarelle dove fanno dimostrazioni di come si pulisce bene il pavimento o si pelano bene le patate. Restano lì immobili, con gli occhi sgranati per tutto lo sproloquio dell'avvincente promotore e quando egli termina, i mariti con gli occhi come se stessero per dichiarare il loro eterno amore, la voce angelica ed un braccio protettivo che cinge le spalla bisbigliano alle mogli: "Amore lo vuoi"?
I giovani cui non interessa per niente passano irriverenti, di un'insolenza che dichiara il loro rispetto congenito, la loro devozione sospesa, una birra in mano. Torneranno.
Ora tutti occhi insù comincia la "batteria".
Come sono fuori dal tempo le feste di paese, sempre uguali, leggende viventi, invasioni d'altri secoli, sempre quei manifesti lunghi tre metri, sempre le stesse cose scritte e, i cittadini, sempre con la testa all'insù a leggerli attenti come fosse la prima volta. La banda per le strade, i ventuno colpi fantasma, le campane annuncianti, le bancarelle dei ragazzi colorati con i loro denti nivei sicuramente perché poco utilizzati, il rito della solita vigilessa che sbraita, gli stranieri stupiti da questo folklore misto a sudore e fame, quelli che fotografano le automobili sequestrate, i ragazzi sdraiati nelle loro tende da campeggio, quelli che guardano dalla loro tristezza, dalla loro terra lontana, dalla loro madre abbandonata, la sagra del mare, le vecchiette commosse, i vecchietti seduti sul muretto, la processione, l'odore dell'incenso che con violenza mi riporta le domeniche mattine di mia madre che bisognava andare a messa e basta, la "batteria".
Le mogli che i mariti portano a spasso solo per queste feste e, dovessero accidentalmente perdersi, si fermano a quelle bancarelle dove fanno dimostrazioni di come si pulisce bene il pavimento o si pelano bene le patate. Restano lì immobili, con gli occhi sgranati per tutto lo sproloquio dell'avvincente promotore e quando egli termina, i mariti con gli occhi come se stessero per dichiarare il loro eterno amore, la voce angelica ed un braccio protettivo che cinge le spalla bisbigliano alle mogli: "Amore lo vuoi"?
I giovani cui non interessa per niente passano irriverenti, di un'insolenza che dichiara il loro rispetto congenito, la loro devozione sospesa, una birra in mano. Torneranno.
Ora tutti occhi insù comincia la "batteria".