Apatheia
I sogni di Rino Negrogno
Da bambino sognavo giocattoli, eroi e storie impossibili
martedì 22 gennaio 2013
16.35
Da bambino sognavo spesso, sognavo giocattoli, eroi e storie impossibili – che ora vi racconto - ma la cosa che sognavo più delle altre era di poter stare di più con la mia famiglia, sognavo che i miei genitori non dovessero andar via tutti i giorni per andare a lavorare, desideravo potessero restare con me e con i miei fratelli per giocare e per aiutarci a svolgere i compiti assegnati a scuola. Anche mio figlio è triste quando vado via per lavorare soprattutto quando sono costretto ad andar via la sera per il turno notturno. Non può immaginare mio figlio, come non potevo saperlo io, che fortuna è per la nostra famiglia dover uscire ogni giorno per andare a lavorare. Sogni di bambini, che passano come passa la vita.
Un vecchio vestito elegante di buon mattino, seduto sul sedile davanti, sembra che vada ad una festa con il figlio che guida frettoloso e pensoso ma vanno dal cardiologo perché la pillola della pressione non va più bene. Il vecchio ha un'aria serena, sorride, sogna, è assorto perché sta percorrendo la stessa strada che percorreva quando accompagnava suo figlio all'asilo. Ricorda quando, frettoloso e pensoso, spiegava al figlio perché girasse quella gru che era proprio lì, di fronte all'asilo, dove ora si erge imponente quel palazzone verde. Poi pensa: speriamo vada bene questa volta la pillola così ci accompagnerò mio nipote. «Questa è la strada dell'asilo, ti ricordi?» dice con una voce come se il discorso fosse già iniziato e volgesse al termine. «Guarda, era mia la precedenza!» esclama il figlio. «Siamo arrivati». Sogni di vecchi, che finiscono all'improvviso.
Un giovane con uno zaino pesante sulle spalle che, sottecchi, frettolosamente e pensoso com'ero mi era parso una custodia per violino, una valigia piena di sogni, distribuisce dei volantini nelle cassette della posta anzi, siccome i sogni a volte turbano il quieto vivere dei portoni, in cassette appositamente sistemate fuori. Il committente sogna grandi vendite ed un salto di qualità per la sua azienda come per la sua vita. Il ragazzo prende un mucchio di fogli che sembra calcolato dalla presa esperta delle dita e lo lascia scivolare nella cassetta. Lui non è lì, sotto lo zaino pesante, sogna di volare lontano con la sua laurea che si paga lavorando la mattina tra le cassette e la notte tra i piatti da lavare in una pizzeria, sogna di vivere in un mondo dove il lavoro degli uomini venga rispettato e pagato per il giusto valore e, chissà, sogna di avere il tempo per suonare il suo violino. Sogni di giovani, senza i quali, per noi restano solo incubi.
Non so cosa sognava mio padre perché era di poche parole e forse di pochi sogni. Non l'ho mai sentito pronunciare le parole fascista o comunista e, prima che si ammalasse, nemmeno ha mai parlato di Dio e di religioni. Mi ha insegnato l'uguaglianza, la giustizia sociale, che non bisogna mai lasciare nessuno nemmeno ad un passo dietro di noi, che bisogna, non aiutare ma dare una vita dignitosa anche a che non è in grado di guadagnarsela e che i figli di tutti devono poter realizzare gli stessi sogni.
Anche da adulti facciamo dei sogni, sicuramente diminuiscono come numero ma forse sono più difficili e più importanti da realizzare. Sogno di vivere il più a lungo possibile per poter aiutare mio figlio nel difficile percorso della vita, sogno di amare sempre la mia donna come il primo giorno e che lei parimenti ami me, sogno l'uguaglianza e la giustizia sociale di cui mi parlava mio padre, sogno un mondo dove tutto questo sia possibile senza essere un sogno difficile da realizzare per me come per tutti gli uomini.
Vorrei parlarvi ancora di altri sogni, di altre persone, di chi muore senza sogni e, soprattutto, di chi muore per i sogni ma, per lasciarvi la poesia, lo farò un'altra volta.
Un vecchio vestito elegante di buon mattino, seduto sul sedile davanti, sembra che vada ad una festa con il figlio che guida frettoloso e pensoso ma vanno dal cardiologo perché la pillola della pressione non va più bene. Il vecchio ha un'aria serena, sorride, sogna, è assorto perché sta percorrendo la stessa strada che percorreva quando accompagnava suo figlio all'asilo. Ricorda quando, frettoloso e pensoso, spiegava al figlio perché girasse quella gru che era proprio lì, di fronte all'asilo, dove ora si erge imponente quel palazzone verde. Poi pensa: speriamo vada bene questa volta la pillola così ci accompagnerò mio nipote. «Questa è la strada dell'asilo, ti ricordi?» dice con una voce come se il discorso fosse già iniziato e volgesse al termine. «Guarda, era mia la precedenza!» esclama il figlio. «Siamo arrivati». Sogni di vecchi, che finiscono all'improvviso.
Un giovane con uno zaino pesante sulle spalle che, sottecchi, frettolosamente e pensoso com'ero mi era parso una custodia per violino, una valigia piena di sogni, distribuisce dei volantini nelle cassette della posta anzi, siccome i sogni a volte turbano il quieto vivere dei portoni, in cassette appositamente sistemate fuori. Il committente sogna grandi vendite ed un salto di qualità per la sua azienda come per la sua vita. Il ragazzo prende un mucchio di fogli che sembra calcolato dalla presa esperta delle dita e lo lascia scivolare nella cassetta. Lui non è lì, sotto lo zaino pesante, sogna di volare lontano con la sua laurea che si paga lavorando la mattina tra le cassette e la notte tra i piatti da lavare in una pizzeria, sogna di vivere in un mondo dove il lavoro degli uomini venga rispettato e pagato per il giusto valore e, chissà, sogna di avere il tempo per suonare il suo violino. Sogni di giovani, senza i quali, per noi restano solo incubi.
Non so cosa sognava mio padre perché era di poche parole e forse di pochi sogni. Non l'ho mai sentito pronunciare le parole fascista o comunista e, prima che si ammalasse, nemmeno ha mai parlato di Dio e di religioni. Mi ha insegnato l'uguaglianza, la giustizia sociale, che non bisogna mai lasciare nessuno nemmeno ad un passo dietro di noi, che bisogna, non aiutare ma dare una vita dignitosa anche a che non è in grado di guadagnarsela e che i figli di tutti devono poter realizzare gli stessi sogni.
Anche da adulti facciamo dei sogni, sicuramente diminuiscono come numero ma forse sono più difficili e più importanti da realizzare. Sogno di vivere il più a lungo possibile per poter aiutare mio figlio nel difficile percorso della vita, sogno di amare sempre la mia donna come il primo giorno e che lei parimenti ami me, sogno l'uguaglianza e la giustizia sociale di cui mi parlava mio padre, sogno un mondo dove tutto questo sia possibile senza essere un sogno difficile da realizzare per me come per tutti gli uomini.
Vorrei parlarvi ancora di altri sogni, di altre persone, di chi muore senza sogni e, soprattutto, di chi muore per i sogni ma, per lasciarvi la poesia, lo farò un'altra volta.