Apatheia
Il buco nel calzino
Storia di ordinario anti conformismo
martedì 23 aprile 2013
11.34
Quando ero al liceo avevo un forte senso di inadeguatezza, mi sentivo fuori posto, più che un pesce fuor d'acqua, un uccello a terra. Si diceva che lo scientifico, come il classico, fosse una scuola per ricchi, per figli di papà. Chiacchiere da studenti svogliati ed insoddisfatti, con alta propensione al fruscio ed agli scioperi ad oltranza. C'erano infatti due sezioni, la sezione A che essi pensavano esser quella degli aristocratici e la B quella dei figli dei proletari. Anche se qualcuno veniva sempre sacrificato ed inserito, sia da una parte che dall'altra, nella sezione non a lui confacente, per confondere le acque e, per lo sventurato, erano dolori. I figli di papà, come spesso accade, erano figli di papà per lo più putativi e, a questa latitanza, come si sa, si rimediava con il culto dell'apparenza, della superiorità e dei vestiti plurifirmati.
Che sofferenza per me, che avevo le calze cucite sull'alluce e la camicia di mio cugino col collo ricucito rivoltato, scendere in palestra per la ricreazione dove si sfilava di buona lena. Allora me ne stavo sul balcone, sognante, pensando poesie mentre guardavo la mia adorata Beatrice, fingendo di non volermi immischiare con siffatto becero conformismo. Ora sono davvero soddisfatto, credo sia stata una fortuna restare sul balcone e le calze, quando il mio alluce maledetto le strappa, non le faccio neanche cucire, me le terrei almeno finché il ditone non ne vien fuori ma mia moglie dice che si vergogna quando le stendiamo al balcone, dice che la gente, cosa deve pensare e allora le getta via.
Ma è giusto cucire il calzino bucato rivoltare il collo di una camicia usurata? È giusto sopportare il fastidio pungente del rattoppo sul ditone? Avere una camicia scolorita con un collo seminuovo? È giusto continuare a disinsegnare ai nostri figli che siamo diversi da chi è povero, da chi soffre e che dobbiamo aver paura di chi è diverso? Che siamo uguali a chi non è diverso, e che dobbiamo essere uniti a chi è come noi , conformi, chiuderci dentro mura sicure e cacciare fuori tutti gli altri? Il dramma è che la fame e la disperazione incalzanti suggeriscono rimedi individualistici, nel nuovo diluvio universale imminente, la salvezza ci pare essere una nuova arca di Noè dove salvare noi e qualche altro eletto.
La cosa peggiore, al liceo, era sentir dire a certi figli di proletari - che erano lì grazie ad enormi sacrifici dei propri genitori, come me che ero lì grazie a grandi sacrifici e rinunce da parte dei miei - che quelli delle altre scuole erano dei poveracci perché dovevano prendersi subito un diploma per lavorare, non potevano certo permettersi l'università. lo spettacolo raggiungeva il suo momento culminante e surreale quando si facevano le partite di pallone tra un istituto e l'altro, dove gli studenti davano fondo a tutta la loro riconoscenza con striscioni e ingiurie razziste e classiste che erano adatte ad offendere soprattutto ed inesorabilmente i loro genitori. Genitori che, infondo, per amore o per dolore, desideravano solo riscattare la loro inadeguatezza.
Ora vi lascio, mi cambio il calzino, è stato proprio un'improvvisa brezza all'estremità dell'alluce a farmi venire in mente questa storia.
Che sofferenza per me, che avevo le calze cucite sull'alluce e la camicia di mio cugino col collo ricucito rivoltato, scendere in palestra per la ricreazione dove si sfilava di buona lena. Allora me ne stavo sul balcone, sognante, pensando poesie mentre guardavo la mia adorata Beatrice, fingendo di non volermi immischiare con siffatto becero conformismo. Ora sono davvero soddisfatto, credo sia stata una fortuna restare sul balcone e le calze, quando il mio alluce maledetto le strappa, non le faccio neanche cucire, me le terrei almeno finché il ditone non ne vien fuori ma mia moglie dice che si vergogna quando le stendiamo al balcone, dice che la gente, cosa deve pensare e allora le getta via.
Ma è giusto cucire il calzino bucato rivoltare il collo di una camicia usurata? È giusto sopportare il fastidio pungente del rattoppo sul ditone? Avere una camicia scolorita con un collo seminuovo? È giusto continuare a disinsegnare ai nostri figli che siamo diversi da chi è povero, da chi soffre e che dobbiamo aver paura di chi è diverso? Che siamo uguali a chi non è diverso, e che dobbiamo essere uniti a chi è come noi , conformi, chiuderci dentro mura sicure e cacciare fuori tutti gli altri? Il dramma è che la fame e la disperazione incalzanti suggeriscono rimedi individualistici, nel nuovo diluvio universale imminente, la salvezza ci pare essere una nuova arca di Noè dove salvare noi e qualche altro eletto.
La cosa peggiore, al liceo, era sentir dire a certi figli di proletari - che erano lì grazie ad enormi sacrifici dei propri genitori, come me che ero lì grazie a grandi sacrifici e rinunce da parte dei miei - che quelli delle altre scuole erano dei poveracci perché dovevano prendersi subito un diploma per lavorare, non potevano certo permettersi l'università. lo spettacolo raggiungeva il suo momento culminante e surreale quando si facevano le partite di pallone tra un istituto e l'altro, dove gli studenti davano fondo a tutta la loro riconoscenza con striscioni e ingiurie razziste e classiste che erano adatte ad offendere soprattutto ed inesorabilmente i loro genitori. Genitori che, infondo, per amore o per dolore, desideravano solo riscattare la loro inadeguatezza.
Ora vi lascio, mi cambio il calzino, è stato proprio un'improvvisa brezza all'estremità dell'alluce a farmi venire in mente questa storia.