Apatheia

Il sogno è finito

Un voto anomalo a conclusione di una campagna elettorale anomala

Un voto anomalo a conclusione di una campagna elettorale anomala fatta da coalizioni anomale. Un'importante incidenza del voto disgiunto che sta a significare una assoluta mancanza di logica e coerenza sia politica che di programmi. Un gioco perverso che graverà pesantemente su chi andrà a governare. È il caso di dirlo: vae victoribus! (guai ai vincitori). Flotte di parentadi disseminati per deviare voti, tranne che ai veterani e soliti volti della politica, sicuri dei loro consolidati eserciti di elettori pervasi quasi sempre da colui che non olet. Ed ora che la partita si gioca tra le destre, come d'incanto vorrebbe spuntare un cielo sereno. Si raccontano favole, rinascono amori di popolo e di città, si dimenticano le armi affilate, i paladini romani, le corti celesti e, come al solito, tra un taralluccio ed un bicchiere di vino, la destra e la sinistra non esistono più, tranne uno, quello da abbattere. Per quel che mi riguarda, oramai, ne sono fuori e neanche ho voglia di guardare.

Nessuno venga a dirmi che dobbiamo lottare uniti contro il vero nemico perché ora, solo ora, davanti agli occhi languidi e commossi, bramosi di vittorie agognate, compare, quasi per la prima volta, possente, imbattibile. Nessuno mi venga a parlare di ultimi sforzi dopo aver disseminato il campo di mine per far saltare in aria simboli, sogni e fratelli. Per me, uomo di questa terra, non più schierato e nemmeno asserragliato dietro schemi disumani, la storia finisce qui. Sono uno che si commuoveva e si commuove della sofferenza dei suoi simili ma che da ora innanzi chiuderà i suoi occhi e riparerà nella sua fortezza. Certo, cari scandalizzati concittadini comunisti dell'ultima ora, al ballottaggio non andrò a votare. Non andrò a votare perché se il cielo sarà clemente andrò al mare e se non lo sarà rileggerò la metamorfosi di Kafka sperando che a nessuno salti in mente di entrare nella stanza di Gregor senza bussare.

Non andrò a votare perché non è vero che esiste il meno peggio, non è vero che bisogna scegliere per forza tra due cose che non si gradiscono, tra la purga ed un minestrone scaduto, perché ritengo ci siano colpe gravi, responsabilità per la sconfitta e atteggiamenti inqualificabili di certi figuri, perché ritengo il mio tempo piuttosto prezioso per cederlo in nefandezze nemmeno attraenti e per questo devo chiedere perdono a chi ho convinto di donarmene il suo. Era meglio restare a casa come voi mi avevate suggerito. Trani non è una città di destra, magari lo fosse perché vorrebbe dire che avrebbe una ragione, una filosofia e che si potrebbe parlare perfino di passione. No, Trani, come sospettavo da tempo, è una città vanitosa, egoista, senza filosofia, senza amore, in poche parole è una città borghese e merita di vivere la sofferenza della sua condizione. Condizione di cui non ha consapevolezza e per questo sarà tanto maggiore la sua sofferenza. Ma a me non interessa più, non ascolterò lo stridore di denti e non vedrò le lacrime di chi ha fame, non lo farò mai più, ho fatto ciò che potevo per offrire un uomo del popolo e per il popolo ma per me la storia finisce qui, sono un povero benestante e per me e la mia famiglia saprò cavarmela in qualunque desolazione. Credevo in un sogno ma per me il sogno è finito, almeno quello da dividere con tutti, certamente non il mio, quello del mio cuore.

Ora bisogna rimboccarsi le maniche, ognuno per sé sperando di non farci troppo male. Grazie per averci creduto
Apatheia

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La rubrica di Rino Negrogno

Indice rubrica
La telefonata 6 marzo 2015 La telefonata
Le primarie 15 febbraio 2015 Le primarie
Il professore di Trani 25 gennaio 2015 Il professore di Trani
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