Apatheia
Il voto e la caverna
La conoscenza è libertà: una storia di Rino Negrogno
lunedì 28 gennaio 2013
11.05
Siamo prigionieri chiusi in una caverna sotterranea, costretti da una catena a rimanere con lo sguardo in direzione della parete opposta all'ingresso. Dietro di noi c'è un grande fuoco e tra esso e noi un muro. Dietro questo muro passano i vari politici intraprendenti che, standosene nascosti dietro il muro come fosse il paravento dei burattinai - dietro il quale si accordano su come muovere i burattini - illustrano le loro promesse miracolose che interpongono tra il fuoco e la parete davanti a noi. Noi, abituati al buio e ad osservare solo ombre riflesse sul muro ci crogioliamo di queste ombre, facciamo a gara, ci battiamo impavidamente per affermare che le promesse di uno siano meglio delle promesse dell'altro, uno sia meglio dell'altro, uno sia più preoccupato del popolo anziché l'altro. Benché siano solo ombre noi, non avendo mai visto le cose reali perché incatenati da tempo nella grotta, siamo persuasi che a queste ombre, a questi personaggi non vi sia alternativa e che le credenze siano scienza.
Un giorno uno di noi spezzò le catene e quindi poté girare il capo verso i burattinai. Comprese quasi subito che le cose da loro mostrate erano diverse dalle ombre proiettate sulla parete e fu incentivato ad uscire dalla caverna per scoprire cosa accadesse fuori e perché questa conoscenza gli era stata impedita, perché gli avevano fatto credere che la realtà fosse solo quella da loro mostrata per mezzo delle ombre. Appena fuori dalla caverna, la luce del sole, non essendo lui ad essa abituato, lo accecò e lo costrinse a guardare le cose reali solo riflesse nell'acqua dei torrenti e dei ruscelli. Le cose gli parvero sicuramente diverse, meglio definite rispetto alle ombre della caverna ma la rabbia e l'ignoranza cui è stato costretto per anni non gli permettevano ancora di poter osservare le idee nel loro splendore. Lentamente, studiando, conoscendo, mettendo da parte la rabbia e soprattutto liberandosi dalle credenze, liberandosi della convinzione che quella che ci offrono sia l'unica condizione possibile, poté vedere le cose direttamente, toccarle e sentirle fino a poter guardare direttamente la luce del sole che illumina le cose.
Divenuto così colto ed essendo assurto alle idee vere, il fuggiasco desiderava render partecipi anche gli altri schiavi, desiderava informare i suoi compagni che se un politico, per caso, per fortuna o perché qualcun altro gliene ha offerto la possibilità, ha potuto vedere le idee vere o direttamente la luce del sole che illumina la verità, il suo compito primario sarebbe stato quello di informare tutti dell'esistenza del sole, della luce vera. Invece i governanti, pur conoscendo la realtà, continuano a mostrarci delle ombre prodotte da un fuoco dietro le cose, non utilizzano neanche la luce del sole per generare le ombre ma il fuoco, una luce creata, quindi le credenze inculcate, l'ignoranza. Tornò nella grotta per mostrare la verità agli altri ma non appena dentro, il buio cui non era più addestrato, non gli permetteva di inquadrare nemmeno le ombre proiettate sulla parete, i suoi occhi si erano rimpiccioliti e lacrimavano. Gli altri schiavi non comprendevano le parole dell'uomo appena rientrato che voleva parlar loro di verità lontane e nemmeno riusciva a capire cosa fossero le ombre così tanto conosciute e care agli abitanti della grotta. Preferivano le loro piccole verità, quelle che i governati permettevano loro di sapere, preferivano la tranquillità del buio all'ansia di dover contare le cose fuori. Schernirono, percossero il rivoluzionario e, soddisfatti, tornarono ad ascoltare i politici che promettevano nuove e più trastullanti ombre proiettate sempre sulla stessa parete.
La conoscenza è libertà.
Un giorno uno di noi spezzò le catene e quindi poté girare il capo verso i burattinai. Comprese quasi subito che le cose da loro mostrate erano diverse dalle ombre proiettate sulla parete e fu incentivato ad uscire dalla caverna per scoprire cosa accadesse fuori e perché questa conoscenza gli era stata impedita, perché gli avevano fatto credere che la realtà fosse solo quella da loro mostrata per mezzo delle ombre. Appena fuori dalla caverna, la luce del sole, non essendo lui ad essa abituato, lo accecò e lo costrinse a guardare le cose reali solo riflesse nell'acqua dei torrenti e dei ruscelli. Le cose gli parvero sicuramente diverse, meglio definite rispetto alle ombre della caverna ma la rabbia e l'ignoranza cui è stato costretto per anni non gli permettevano ancora di poter osservare le idee nel loro splendore. Lentamente, studiando, conoscendo, mettendo da parte la rabbia e soprattutto liberandosi dalle credenze, liberandosi della convinzione che quella che ci offrono sia l'unica condizione possibile, poté vedere le cose direttamente, toccarle e sentirle fino a poter guardare direttamente la luce del sole che illumina le cose.
Divenuto così colto ed essendo assurto alle idee vere, il fuggiasco desiderava render partecipi anche gli altri schiavi, desiderava informare i suoi compagni che se un politico, per caso, per fortuna o perché qualcun altro gliene ha offerto la possibilità, ha potuto vedere le idee vere o direttamente la luce del sole che illumina la verità, il suo compito primario sarebbe stato quello di informare tutti dell'esistenza del sole, della luce vera. Invece i governanti, pur conoscendo la realtà, continuano a mostrarci delle ombre prodotte da un fuoco dietro le cose, non utilizzano neanche la luce del sole per generare le ombre ma il fuoco, una luce creata, quindi le credenze inculcate, l'ignoranza. Tornò nella grotta per mostrare la verità agli altri ma non appena dentro, il buio cui non era più addestrato, non gli permetteva di inquadrare nemmeno le ombre proiettate sulla parete, i suoi occhi si erano rimpiccioliti e lacrimavano. Gli altri schiavi non comprendevano le parole dell'uomo appena rientrato che voleva parlar loro di verità lontane e nemmeno riusciva a capire cosa fossero le ombre così tanto conosciute e care agli abitanti della grotta. Preferivano le loro piccole verità, quelle che i governati permettevano loro di sapere, preferivano la tranquillità del buio all'ansia di dover contare le cose fuori. Schernirono, percossero il rivoluzionario e, soddisfatti, tornarono ad ascoltare i politici che promettevano nuove e più trastullanti ombre proiettate sempre sulla stessa parete.
La conoscenza è libertà.