Apatheia
La libertà è senza uguaglianza
I nostri spazi si riducono...
martedì 27 marzo 2012
Mi chiedo da sempre se sia possibile realizzare l'uguaglianza sociale, costruire un mondo dove ogni individuo abbia gli stessi diritti e le stesse opportunità di tutti gli altri, la stessa rispettabilità sociale. La legge ci crea l'illusione dell'uguaglianza solo nel momento in cui un individuo la infrange commettendo un reato perché è punibile, da qualunque classe sociale provenga. In realtà non è così perché un ricco potrà pagare avvocati influenti che gli permetteranno di farla franca mentre un povero rischia di pagare anche per un reato non commesso se le circostanze gli sono avverse.
Il liberalismo è nato dall'azione della borghesia per contrapporsi al sistema delle monarchie ed ai privilegi dell'aristocrazia. I borghesi, probabilmente chiamati così perché costituivano la classe sociale senza divisa e senza armi in riferimento a clero e nobiltà, sono diventati col passare del tempo i nuovi privilegiati, la nuova aristocrazia, si sono arricchiti, si sono impadroniti del capitale sfruttando la classe operaia, i lavoratori. Oltre a non avere più neanche l'illusione di una parità di trattamento almeno di fronte alla legge, le ricchezze accumulate permettono a questa nuova nobiltà di impadronirsi non solo della politica, che ormai è solo merce di scambio ma anche della mente dell'individuo, della sua anima. Gli fanno credere che il sacrificio per salvare il mondo stia tutto nel suo salario, nella non certezza di un lavoro sicuro, nella possibilità di licenziarlo. Lo indeboliscono fino a destabilizzarlo ed a creare in lui un nuovo individuo pronto a fare harakiri in silenzio e con dedizione verso chi lo ha indebitato ed impoverito con una economia sbagliata, violenta ed impunita.
Come uscirne? Forse sarebbe il caso di analizzare, prima del concetto di liberalismo, quello di libertà. Cosa è la libertà? La libertà, per i rivoluzionari francesi era uno dei diritti fondamentali ed inalienabili dell'individuo ma intesa come il poter fare ciò che per gli altri non sia dannoso. Nel liberalismo questo principio decade e la libertà diventa una bellum omnium contra omnes (guerra di tutti contro tutti) dove chi ha più libertà di comprare perché dispone di più capitale, diventa più libero di sfruttare chi possiede solo la sua forza lavoro, il proletariato. Lo stesso avviene in politica dove chi può andare in televisione, se addirittura non le possiede, o può commissionare il manifesto più grande, seminare comitati in tutta la città, offrire sogni più costosi, quello vince. Non importa sapere cosa il politico pensi o cosa abbia in mente per la città, tanto è vero che capita spesso di trovare sulla scena politica le stesse persone per decenni anche se non hanno costruito nulla di buono o per lo meno non hanno fatto niente per impedire che si arrivasse all'attuale stato di degrado e sfacelo.
Mi chiedo allora se la libertà individuale sia davvero un bene o non sia uno strumento, a volte subdolo ed incantatore, usato dalla classe sociale di turno per dominarne un'altra. Mi chiedo se sia giusto o sbagliato pensare che la libertà individuale sia da sacrificare in nome di una giustizia ed uguaglianza sociale dove il bene, come la politica che altro non dovrebbe fare se non gestire questo bene comune, non sia più merce di scambio e fonte di sofferenza, di diseguaglianza, di sottomissione di un individuo da parte di un altro. Per Hobbes un individuo è tanto più libero quanto maggiore è lo spazio di cui dispone per la sua libertà. I nostri spazi si riducono ed i nuovi aristocratici detengono ricchezze sempre maggiori e sempre divise in minor numero di individui e la politica è sempre più serva di chi detiene queste ricchezze. Anche se il mio discorso vi sembrerà sicuramente ancestrale, ingiallito e polveroso, vi chiedo con animo puro: ma dov'è e di chi è la liberta?
Il liberalismo è nato dall'azione della borghesia per contrapporsi al sistema delle monarchie ed ai privilegi dell'aristocrazia. I borghesi, probabilmente chiamati così perché costituivano la classe sociale senza divisa e senza armi in riferimento a clero e nobiltà, sono diventati col passare del tempo i nuovi privilegiati, la nuova aristocrazia, si sono arricchiti, si sono impadroniti del capitale sfruttando la classe operaia, i lavoratori. Oltre a non avere più neanche l'illusione di una parità di trattamento almeno di fronte alla legge, le ricchezze accumulate permettono a questa nuova nobiltà di impadronirsi non solo della politica, che ormai è solo merce di scambio ma anche della mente dell'individuo, della sua anima. Gli fanno credere che il sacrificio per salvare il mondo stia tutto nel suo salario, nella non certezza di un lavoro sicuro, nella possibilità di licenziarlo. Lo indeboliscono fino a destabilizzarlo ed a creare in lui un nuovo individuo pronto a fare harakiri in silenzio e con dedizione verso chi lo ha indebitato ed impoverito con una economia sbagliata, violenta ed impunita.
Come uscirne? Forse sarebbe il caso di analizzare, prima del concetto di liberalismo, quello di libertà. Cosa è la libertà? La libertà, per i rivoluzionari francesi era uno dei diritti fondamentali ed inalienabili dell'individuo ma intesa come il poter fare ciò che per gli altri non sia dannoso. Nel liberalismo questo principio decade e la libertà diventa una bellum omnium contra omnes (guerra di tutti contro tutti) dove chi ha più libertà di comprare perché dispone di più capitale, diventa più libero di sfruttare chi possiede solo la sua forza lavoro, il proletariato. Lo stesso avviene in politica dove chi può andare in televisione, se addirittura non le possiede, o può commissionare il manifesto più grande, seminare comitati in tutta la città, offrire sogni più costosi, quello vince. Non importa sapere cosa il politico pensi o cosa abbia in mente per la città, tanto è vero che capita spesso di trovare sulla scena politica le stesse persone per decenni anche se non hanno costruito nulla di buono o per lo meno non hanno fatto niente per impedire che si arrivasse all'attuale stato di degrado e sfacelo.
Mi chiedo allora se la libertà individuale sia davvero un bene o non sia uno strumento, a volte subdolo ed incantatore, usato dalla classe sociale di turno per dominarne un'altra. Mi chiedo se sia giusto o sbagliato pensare che la libertà individuale sia da sacrificare in nome di una giustizia ed uguaglianza sociale dove il bene, come la politica che altro non dovrebbe fare se non gestire questo bene comune, non sia più merce di scambio e fonte di sofferenza, di diseguaglianza, di sottomissione di un individuo da parte di un altro. Per Hobbes un individuo è tanto più libero quanto maggiore è lo spazio di cui dispone per la sua libertà. I nostri spazi si riducono ed i nuovi aristocratici detengono ricchezze sempre maggiori e sempre divise in minor numero di individui e la politica è sempre più serva di chi detiene queste ricchezze. Anche se il mio discorso vi sembrerà sicuramente ancestrale, ingiallito e polveroso, vi chiedo con animo puro: ma dov'è e di chi è la liberta?