Apatheia
«Ti querelo, vedrai» gracidò la gazza al pappagallo
Puntata speciale di Apatheia con la vignetta di Dardo
lunedì 3 marzo 2014
19.46
«Ti querelo, vedrai se non ti querelo insolente» gracidò la gazza al pappagallo «hai osato ciangottar di me tra i rami infamando che io sia ladra!» «È il mio lavoro questo, d'altro non campo né altro so fare se non ripetere quel che sento tra i fruscii delle foglie» bisbigliò il pappagallo e aggiunse: «Potrei ripetere anche il suo acuto sibilare quando fugge tra i recessi ove confabulate, potrei ripetere le trame e gli inganni che confezionate infaticabili, certe di restar sempre impunite non solo agli sguardi degli altri animali ma perfino ai sottecchi del bosco. È impossibile resistere per un pappagallo serio come me, che non ha amiche tra le gazze e non teme di farsele sempre più nemiche, ecco, devo ripetere anche la tua minaccia» e gracchiando tale e quale alla gazza disse: «Ti querelo, vedrai se non ti querelo insolente».
«Se tu per lavoro devi ripetere quel che senti perché tutti ne abbiano conoscenza, devi saper che anch'io faccio quel che faccio solo perché la natura me lo impone. Sono gazza non son merlo che gli basta fischiar le sue manie; esser attratta irresistibilmente dalle cose luccicanti è il mio mestiere» disse la gazza stizzita guizzando su e giù per il ramo. Rispose il pappagallo: «A te hanno affidato il compito di sorvolare il cielo per gli altri animali, anche quelli striscianti che non possono nemmeno guardarlo dal basso, non per approfittar dell'aria e di guardar tutti dall'alto fregiandoti anche a dispetto della miseria». «Guarda il cielo ora, è oscurato dalle nuvole, così è quando prendiamo gli ornamenti che ci aggradano, non siamo sprovvedute, prepariamo già le querele mentre rubiamo, non vi rendiamo facile la prova. Tu, povero pennuto colorato, sei invidioso perché ripeti soltanto e ripeti senza guadagnarci niente se non le querele di chi è sfinito del tuo biascicare sogni di giustizia mentre io ho il nido che sfavilla tanto da sembrare il sole» replicò la gazza. Il pappagallo dovette ingurgitar la sua saliva e l'aria per trattenersi dal ripetere tutta la tiritera e disse: «Non è come dici, non invidio affatto chi per volare ha bisogno di rubare e non è nemmeno vero che ti limiti a rubare le cose luccicanti, sei solita anche depredare i nidi e le tane senza pietà e senza vergogna, a quanto vedo sei anche bugiarda oltre ad essere stupida. Davvero pensavi di poter passare inosservata con quella chincaglieria brillante nel becco? Cosa dirai ai tuoi figli un giorno se, cosa alquanto improbabile, non saranno ladri come te, se saranno onesti e ti domanderanno da quale fatica o abilità deriva quell'ostentato benessere? Dirai che piovettero dal cielo e come d'incanto finirono solo nel tuo nido? Sei anche bugiarda senza scrupoli e senza scampo, infatti quel giorno, per difendere una come te hai dichiarato mentendo che non era da quelle parti quel dì che non gracchiava come al solito tra i rami, mentre dietro le foglie sopra il suo nido, il frammento di quella moneta rubata lanciava fasci di luce nei nostri occhi come provenissero da un faro».
«Monetina rubata?!?» esclamò mostrandosi basita la gazza. «Ora anche tu ripeti le parole, vuoi rubarmi il mestiere?» disse con un ghigno il pappagallo. «Ti querelo, vedrai se non ti querelo, ora è certo» balbettò la gazza volando via e il pappagallo disse, benché non fosse certo che lei potesse sentirlo: «Adirati con chi ha denunciato perché t'ha beccata a rubare, non con me che devo dir quel che è accaduto per dover di cronaca, devo dirlo o no che sei stata beccata? Lo devo far per forza, per lavorare ma anche per onestà, per chi t'ha denunciata, per chi è stato derubato e per chi, da domani, non lascerà luccicar niente fuori dalla sua tana e lascerà volare un altro anziché te. A volte vuoi anche luccicare inosservata oltre che impunita?»
«Ti querelo e pagherai la tua insolenza mentre il mio nido continuerà a sfavillare ed io continuerò a volare, vedrai!» Mentre la gazza si allontanava, gli altri animali, guardandola rimpicciolirsi sempre più nel cielo dissero: «Guardate, il cielo è oscurato dalle nuvole, pioverà».
«Se tu per lavoro devi ripetere quel che senti perché tutti ne abbiano conoscenza, devi saper che anch'io faccio quel che faccio solo perché la natura me lo impone. Sono gazza non son merlo che gli basta fischiar le sue manie; esser attratta irresistibilmente dalle cose luccicanti è il mio mestiere» disse la gazza stizzita guizzando su e giù per il ramo. Rispose il pappagallo: «A te hanno affidato il compito di sorvolare il cielo per gli altri animali, anche quelli striscianti che non possono nemmeno guardarlo dal basso, non per approfittar dell'aria e di guardar tutti dall'alto fregiandoti anche a dispetto della miseria». «Guarda il cielo ora, è oscurato dalle nuvole, così è quando prendiamo gli ornamenti che ci aggradano, non siamo sprovvedute, prepariamo già le querele mentre rubiamo, non vi rendiamo facile la prova. Tu, povero pennuto colorato, sei invidioso perché ripeti soltanto e ripeti senza guadagnarci niente se non le querele di chi è sfinito del tuo biascicare sogni di giustizia mentre io ho il nido che sfavilla tanto da sembrare il sole» replicò la gazza. Il pappagallo dovette ingurgitar la sua saliva e l'aria per trattenersi dal ripetere tutta la tiritera e disse: «Non è come dici, non invidio affatto chi per volare ha bisogno di rubare e non è nemmeno vero che ti limiti a rubare le cose luccicanti, sei solita anche depredare i nidi e le tane senza pietà e senza vergogna, a quanto vedo sei anche bugiarda oltre ad essere stupida. Davvero pensavi di poter passare inosservata con quella chincaglieria brillante nel becco? Cosa dirai ai tuoi figli un giorno se, cosa alquanto improbabile, non saranno ladri come te, se saranno onesti e ti domanderanno da quale fatica o abilità deriva quell'ostentato benessere? Dirai che piovettero dal cielo e come d'incanto finirono solo nel tuo nido? Sei anche bugiarda senza scrupoli e senza scampo, infatti quel giorno, per difendere una come te hai dichiarato mentendo che non era da quelle parti quel dì che non gracchiava come al solito tra i rami, mentre dietro le foglie sopra il suo nido, il frammento di quella moneta rubata lanciava fasci di luce nei nostri occhi come provenissero da un faro».
«Monetina rubata?!?» esclamò mostrandosi basita la gazza. «Ora anche tu ripeti le parole, vuoi rubarmi il mestiere?» disse con un ghigno il pappagallo. «Ti querelo, vedrai se non ti querelo, ora è certo» balbettò la gazza volando via e il pappagallo disse, benché non fosse certo che lei potesse sentirlo: «Adirati con chi ha denunciato perché t'ha beccata a rubare, non con me che devo dir quel che è accaduto per dover di cronaca, devo dirlo o no che sei stata beccata? Lo devo far per forza, per lavorare ma anche per onestà, per chi t'ha denunciata, per chi è stato derubato e per chi, da domani, non lascerà luccicar niente fuori dalla sua tana e lascerà volare un altro anziché te. A volte vuoi anche luccicare inosservata oltre che impunita?»
«Ti querelo e pagherai la tua insolenza mentre il mio nido continuerà a sfavillare ed io continuerò a volare, vedrai!» Mentre la gazza si allontanava, gli altri animali, guardandola rimpicciolirsi sempre più nel cielo dissero: «Guardate, il cielo è oscurato dalle nuvole, pioverà».