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Addio a Visibelli, satiro guerriero
Il ricordo di Giovanni Ronco
giovedì 13 settembre 2012
Credo che per salutare Roberto Visibelli sia giusto rispolverare un'effige solenne, che attinga all'ambito delle immagini classiche. Spesso in questa rubrica dipingiamo le macchiette della quotidianità con bozzetti, nomignoli, sfottò di varia natura. Stavolta è giusto fare riferimento invece ad un'immagine che credo gli sarebbe piaciuta, che andasse oltre i buoni quadretti retorici di pessimo gusto. Un satiro, sì, questa l'idea, come essere mitologico che scagliava le proprie frecce contro i nemici che di volta in volta inquadrava. E diventare un nemico di Roberto Visibelli, del guerriero che non ti mollava più facilmente, ti doveva far aspettare uccelli per diabetici. Che fosse il manifesto o la rubrica o il comizio o l'intervista. Guerriero con dna di destra, chiaro, non amante delle mezze misure o del politichese, aggressivo quando il momento lo richiedeva. Satiro come facitore di satira, aspetto che aveva affinato maggiormente negli ultimi anni, proprio con la sua rubrica, Dr. Hauze, ideata e firmata su questo portale. C'era di affascinante questa doppia natura: guerriero rude, ma anche satiro che spesso e volentieri si mostrava galantuomo e galante; geniale e micidiale battutista, non disdegnava la grevità, funzionale all'efficacia e alla fulmineità della battuta stessa o del discorso che faceva o al personaggio da demolire, ma anche amabilissimo conversatore, colto e conoscitore della cultura classica e maledettamente competente (ah! la competenza, questa sconosciuta oggi in politica,) nei tecnicismi, nei cavilli e nelle pieghe anche minime della legge, della burocrazia e della macchina governativa.
Forse ha cominciato lentamente a morire all'indomani dell'improvvisa interruzione del rapporto di collaborazione col secondo governo Tarantini, quando dall'oggi al domani, fu scaricato come assessore. Una volta mi confidò: «Fossi stato convocato e mi fosse stata data una motivazione riguardo al perché non dovessi più ricoprire quel ruolo, lo avrei accettato senza problemi, ma così…». In effetti Visibelli non poteva essere fatto fuori come un D'Ambrosio qualsiasi: ormai passati alla storia gli sms di interruzione del rapporto … Non sappiamo se per Visibelli ci fu un colloquio fugace, un sms o una fredda telefonata, ma fatto sta che quello fu di fatto l'ultimo passaggio di rilievo di una carriera politica che finora nessuno a Trani è riuscito ad eguagliare. Dopo c'è stata una lunga "agonia" aggravata dal contesto paludoso e mediocre della politica tranese odierna nella quale ormai Roberto era costretto a muoversi come un vecchio leone fiaccato dalla melma e dal fango di una savana senza confini. Se ne va lasciandosi alle spalle nemici e amici, e luci e ombre e segreti e retroscena, da lui conosciuti, riguardanti l'ambiente in cui ha vissuto, come ogni grande figura politica che si rispetti. Credo che fosse in possesso di un archivio sterminato di dati e atti riguardanti un bel po' di persone, misfatti, vizi e virtù di quarant'anni e oltre di politica tranese, e non. Ai suoi eredi il compito di proseguire il percorso, che si è interrotto troppo presto.
Il popolo profondo è stavolta rimasto molto colpito dalla morte di Visibelli e ancora per le strade e nei luoghi pubblici si parla di lui o si raccontano episodi che lo hanno visto protagonista. Una semplice frase ascoltata in un negozio da parte di un tranese qualsiasi, credo che gli renda il giusto omaggio finale: «Era rompicoglioni, ma era bravo. Dovunque ti vedeva ti salutava o ti faceva una battuta». Unico rimpianto: non sono mai riuscito pubblicamente ad intervistarlo. Auz se ci saremmo divertiti … Ricordava spesso l'incidente che gli aveva fatto perdere l'uso di un polmone ed un giovane autista amico di appena 44 anni e l'ancor più lontano episodio in cui, nel pomeriggio in cui morì Massimo Pillera, a causa di un esperimento finito male, avrebbe dovuto essere al suo fianco. Ricordava commosso la tremenda frase che la mamma dell'amico gli rivolse in chiesa, prima del funerale: "Mio figlio è morto e tu sei ancora qui". Un senso di masochismo doveva pervaderlo nel raccontare quella storia, ma tant'è, subito ti faceva recuperare il sorriso esclamando: "La mala pianta Dio non la vuole". Non è andata proprio così… Caro senatore, stavolta ti sbagliavi.
Forse ha cominciato lentamente a morire all'indomani dell'improvvisa interruzione del rapporto di collaborazione col secondo governo Tarantini, quando dall'oggi al domani, fu scaricato come assessore. Una volta mi confidò: «Fossi stato convocato e mi fosse stata data una motivazione riguardo al perché non dovessi più ricoprire quel ruolo, lo avrei accettato senza problemi, ma così…». In effetti Visibelli non poteva essere fatto fuori come un D'Ambrosio qualsiasi: ormai passati alla storia gli sms di interruzione del rapporto … Non sappiamo se per Visibelli ci fu un colloquio fugace, un sms o una fredda telefonata, ma fatto sta che quello fu di fatto l'ultimo passaggio di rilievo di una carriera politica che finora nessuno a Trani è riuscito ad eguagliare. Dopo c'è stata una lunga "agonia" aggravata dal contesto paludoso e mediocre della politica tranese odierna nella quale ormai Roberto era costretto a muoversi come un vecchio leone fiaccato dalla melma e dal fango di una savana senza confini. Se ne va lasciandosi alle spalle nemici e amici, e luci e ombre e segreti e retroscena, da lui conosciuti, riguardanti l'ambiente in cui ha vissuto, come ogni grande figura politica che si rispetti. Credo che fosse in possesso di un archivio sterminato di dati e atti riguardanti un bel po' di persone, misfatti, vizi e virtù di quarant'anni e oltre di politica tranese, e non. Ai suoi eredi il compito di proseguire il percorso, che si è interrotto troppo presto.
Il popolo profondo è stavolta rimasto molto colpito dalla morte di Visibelli e ancora per le strade e nei luoghi pubblici si parla di lui o si raccontano episodi che lo hanno visto protagonista. Una semplice frase ascoltata in un negozio da parte di un tranese qualsiasi, credo che gli renda il giusto omaggio finale: «Era rompicoglioni, ma era bravo. Dovunque ti vedeva ti salutava o ti faceva una battuta». Unico rimpianto: non sono mai riuscito pubblicamente ad intervistarlo. Auz se ci saremmo divertiti … Ricordava spesso l'incidente che gli aveva fatto perdere l'uso di un polmone ed un giovane autista amico di appena 44 anni e l'ancor più lontano episodio in cui, nel pomeriggio in cui morì Massimo Pillera, a causa di un esperimento finito male, avrebbe dovuto essere al suo fianco. Ricordava commosso la tremenda frase che la mamma dell'amico gli rivolse in chiesa, prima del funerale: "Mio figlio è morto e tu sei ancora qui". Un senso di masochismo doveva pervaderlo nel raccontare quella storia, ma tant'è, subito ti faceva recuperare il sorriso esclamando: "La mala pianta Dio non la vuole". Non è andata proprio così… Caro senatore, stavolta ti sbagliavi.