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Bocca di Rosa
(Niente a che vedere con la canzone di De Andrè)
giovedì 14 giugno 2012
Tranquilli, niente a che vedere col contesto della celebre canzone di De Andrè, ma scusate, ci capita l'occasione di avere una assessora, con questo nome e la "citazione" me la dovete passare. D'altronde il giochetto di parole non poteva funzionare con le precedenti assessore: che mi significava "bocca di Pina", o bocca di Giorgia? Vabbè, ora che ci siamo tolti lo sfizio, diciamo che siamo anche contenti della nomina di Rosa Uva come assessora alle politiche sociali: da qualche giorno continuo a rimirarmi le sue prime foto ufficiali, dopo la nomina, e tra le altre cose mi è pure tornata tra le mani una "pagella", che le avevo dedicato circa un anno fa in cui la definivo la Mara Carfagna tranese. Carriera che comincia a divenire folgorante. Un lettore, per la vicenda Ferrante, qualche giorno fa, mi ha assegnato il premio "veggente 2012". Lo ringrazio. So' soddisfazioni…
Certo, al di là degli occhioni da cerbiatto ed i capelli a caschetto, che richiamano la pupilla berlusconiana, dalla nostra Rosa ci aspettiamo molto. Insomma, dalla sua bocca, tanto per restare in tema, e soprattutto dalla sua testa, dovranno venir fuori parole e idee decisive per il rilancio di un settore alle pezze come i servizi sociali. Nonostante la cura che il suo predecessore, Giorgia Cicolani, ci ha messo, questo è uno degli ambiti che a Trani, da tempo, ha acceso la spia della riserva: una lucina rosso fisso, un passivo pesante nella gestione della cosa pubblica. I servizi sociali a Trani, se non fosse per le singole iniziative di associazioni, privati cittadini, parrocchie, rappresentano una voce sempre più flebile: un agnello immolato di anno in anno, in modo sempre meno rispettoso, sull'altare del vitello grasso delle costose manifestazioni, degli sprechi diffusi, come gli arredi extra – lusso a Palazzo, i manti di sabbia da diecimila euro a botta, e ad anno, per il litorale Mongelli, la micro, anzi, maxi finanza "creativa" di qualche funambolo all'incontrario delle passate amministrazioni e tanto altro ancora. Ogni volta che c'è stato da impiegare soldi, l'ambito del welfare, era l'ultimo ad essere preso in considerazione.
Ora don Giggino, dalla sua aula di catechismo politico, (infatti, tra l'altro, vengo a sapere che sta parlando al popolo ogni domenica mattina da un emittente locale) dice che bisogna ripartire da una "lavagna pulita". Questa metafora mi sembra che punti a far capire che il nostro don, voglia prendere le distanze, terminati i vacui convenevoli da campagna elettorale, dai governi targati Pinuccio Tarantini. Se uno parla di lavagna pulita, almeno a scuola la vediamo così, è perché ritiene che le scritte che ha trovato in precedenza fossero dei pastrocchi o delle fregnacce, delle cazzate inutili che dunque bisogna provvedere a ripulire con un cassino di quelli rotondi e arrotolati su se stessi. Insomma don Giggino mette dietro la lavagna, che vuole ripulita, Pinuccio T. e magari tra un po' ci dirà che ha preparato pure i cappelli allungati con la scritta "asino"? Noi potremmo anche seguire su questa strada don Giggino, ma c'è un problema: il preside della scuola "Dalle lavagne pulite" non sarebbe egli stesso, in quanto primo cittadino, ma fuori e dentro metafora , il dirigente scolastico di questo fantomatico istituto sembra essere don Peppino Di Marzio, con provveditori agli studi sempre loro, quelli lì, quelli del SAF … Coi consiglieri comunali nel ruolo dei bidelli: timbro il cartellino, scopo, riscuoto e non pulisco manco il cesso.
Ora, al di là della lavagna, immagine un po' sorpassata al cospetto di schermi ultrapiatti, a cristalli liquidi e I – POD, continuo a rimirarmi le foto in 3D di Rosa, raggiante in tailleur bianco alla prima uscita ufficiale, con la speranza che l'unica donna di questa giunta pericolosamente piatta dal punto di vista politico, abbia un guizzo, uno slancio personale, che le consenta di far rinascere un welfare che a Trani viene mandato avanti dai parroci (a ridalle!), da qualche associazione cirenaica e dai genitori pensionati che mantengono i figli precari. Cara assessora, faccia in modo che di questa sua esperienza non rimangano solo le sue foto da cerimonia, gli occhioni sgranati alla Carfagna ed il caschetto impeccabile.
Certo, al di là degli occhioni da cerbiatto ed i capelli a caschetto, che richiamano la pupilla berlusconiana, dalla nostra Rosa ci aspettiamo molto. Insomma, dalla sua bocca, tanto per restare in tema, e soprattutto dalla sua testa, dovranno venir fuori parole e idee decisive per il rilancio di un settore alle pezze come i servizi sociali. Nonostante la cura che il suo predecessore, Giorgia Cicolani, ci ha messo, questo è uno degli ambiti che a Trani, da tempo, ha acceso la spia della riserva: una lucina rosso fisso, un passivo pesante nella gestione della cosa pubblica. I servizi sociali a Trani, se non fosse per le singole iniziative di associazioni, privati cittadini, parrocchie, rappresentano una voce sempre più flebile: un agnello immolato di anno in anno, in modo sempre meno rispettoso, sull'altare del vitello grasso delle costose manifestazioni, degli sprechi diffusi, come gli arredi extra – lusso a Palazzo, i manti di sabbia da diecimila euro a botta, e ad anno, per il litorale Mongelli, la micro, anzi, maxi finanza "creativa" di qualche funambolo all'incontrario delle passate amministrazioni e tanto altro ancora. Ogni volta che c'è stato da impiegare soldi, l'ambito del welfare, era l'ultimo ad essere preso in considerazione.
Ora don Giggino, dalla sua aula di catechismo politico, (infatti, tra l'altro, vengo a sapere che sta parlando al popolo ogni domenica mattina da un emittente locale) dice che bisogna ripartire da una "lavagna pulita". Questa metafora mi sembra che punti a far capire che il nostro don, voglia prendere le distanze, terminati i vacui convenevoli da campagna elettorale, dai governi targati Pinuccio Tarantini. Se uno parla di lavagna pulita, almeno a scuola la vediamo così, è perché ritiene che le scritte che ha trovato in precedenza fossero dei pastrocchi o delle fregnacce, delle cazzate inutili che dunque bisogna provvedere a ripulire con un cassino di quelli rotondi e arrotolati su se stessi. Insomma don Giggino mette dietro la lavagna, che vuole ripulita, Pinuccio T. e magari tra un po' ci dirà che ha preparato pure i cappelli allungati con la scritta "asino"? Noi potremmo anche seguire su questa strada don Giggino, ma c'è un problema: il preside della scuola "Dalle lavagne pulite" non sarebbe egli stesso, in quanto primo cittadino, ma fuori e dentro metafora , il dirigente scolastico di questo fantomatico istituto sembra essere don Peppino Di Marzio, con provveditori agli studi sempre loro, quelli lì, quelli del SAF … Coi consiglieri comunali nel ruolo dei bidelli: timbro il cartellino, scopo, riscuoto e non pulisco manco il cesso.
Ora, al di là della lavagna, immagine un po' sorpassata al cospetto di schermi ultrapiatti, a cristalli liquidi e I – POD, continuo a rimirarmi le foto in 3D di Rosa, raggiante in tailleur bianco alla prima uscita ufficiale, con la speranza che l'unica donna di questa giunta pericolosamente piatta dal punto di vista politico, abbia un guizzo, uno slancio personale, che le consenta di far rinascere un welfare che a Trani viene mandato avanti dai parroci (a ridalle!), da qualche associazione cirenaica e dai genitori pensionati che mantengono i figli precari. Cara assessora, faccia in modo che di questa sua esperienza non rimangano solo le sue foto da cerimonia, gli occhioni sgranati alla Carfagna ed il caschetto impeccabile.