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Spina gode ma le spine stanno a Trani
Timbri di Pucci, Control perso, Biancaneve e spettacolo Ferri
giovedì 16 ottobre 2014
6.27
Anche un evento politicamente irrilevante, per un ente quasi del tutto irrilevante come la provincia, è foriero di disgrazie per la politichetta da quattro soldi della Trani imbambolata. Mentre per l'elezione di Spina ed il conseguente passaggio di mano di Ventola, si odono suoni di tromba e smarchettamenti vari, con il presidente uscente che sembra stesse lasciando palazzo Chigi o la presidenza del parlamento europeo, per la solennità e le frasi altisonanti usate per celebrare l'Ente provinciale Bat, a Trani, il risultato porta due spine nel fianco, altro che il roseo neo presidente, che si poteva pure risparmiare la presa in braccio di Gigi Riserbato. Due spine nelle carni e nelle parti molli dei due maggiori partiti: Forza Italia ed il Partito Democratico.
Le due mancate elezioni, rispettivamente per la prima compagine del consigliere comunale Di Modugno e per la seconda dell'altro consigliere, Cognetti, portano rispettivamente la reazione diretta del consigliere forza italiota, dichiaratosi indipendente e le dimissioni del segretario cittadino del Pd Amoruso. Due falle, due fatti, due spine diverse nei percorsi, ma uguali nel risultato finale: due nuovi fronti d'instabilità per i due partiti più importanti. Nel primo caso c'è un risveglio tardivo di Biancaneve Stefano, che solo ora s'è accorto chi sono i suoi compagni di viaggio, che ironicamente ringrazia per l'impegno profuso. Il bacio del principe azzurro stavolta non c'entra, ma c'entra un partito senza nocchieri, che prende meccanicamente ordini dall'alto (ma da chi? Ancora da Fitto "Casa", che a sua volta è ormai un estraneo in casa nel suo stesso partito?). Il partito senza nocchieri annusa l'aria e prende la vita così come va, come cantava Califano, non rendendosi conto di ciò che avviene sul territorio di casa, non rendendosi conto di che tipo di amministrazione stanno tenendo in vita (l'ultimo consiglio è un film impietoso in tal senso; la storia della mensa scolastica è solo l'ultimo trailer di questo stesso film), non rendendosi conto di buttare a mare o bruciare, uomini che fino a ieri risultavano essere, almeno in casa loro e visti i chiari di luna, tra i pochi affidabili, pur non essendo di quelli che spaccano i tavoli.
E' chiaro che se poi, se fai una festa in cui spartisci una torta ed il leit motiv della festa è la spartizione della torta, gli invitati che non mangiano alcuna fetta e si bevono solo un po' di acqua minerale liscia, come quella che il sindaco ha ingurgitato a litri nell'ultimo consiglio comunale (chissà quanta plin plin poi!) quelli, appunto, diventano mine vaganti. O tutti o nessuno con la torta in bocca! A Stefano non solo niente torta, ma anche niente voti dal partito, solo acqua, per giunta in faccia.
Al PD la situazione, visto che il partito è all'opposizione, è rimediabile e non dovrebbe avere grandi contraccolpi sull'azione effettiva. Con un congresso serio passa la paura! Se Amoruso, già nominato segretario in un momento storico con un contesto che nel frattempo era già mutato, non ritirerà le dimissioni (pare che glielo vorrebbero chiedere, quelli del PD, per avere un margine di tempo per preparare un congresso vero, senza più accordicchi per la bisogna o balli in maschera) nessuno forse si strapperà i capelli, visto che gli umori del partito sulla resa effettiva del segretario non erano proprio esaltati. Le baruffe dell'ultima Festa Democratica, nonostante scenari da Istituto Luce nei filmati in cui tutti facevano vedere di volersi bene; la poca considerazione dei vertici, cui Amoruso fa esplicito riferimento nella lettera di dimissioni (quella però, caro Amoruso, va guadagnata, sudata e conquistata …, non elemosinata), il nodo d'un Ferrante dentro il PD, ma sulla carta "organico" alla maggioranza, gioco forza, in quanto presidente del consiglio in cui a governare è la destra, al di là delle menate sul ruolo di garanzia; il permanere di burattinai, dietro le quinte, che credono – sperano di continuare a manovrare, visti i risultati, non elettorali una volta tanto, grazie all'onda renziana, ma d'immagine, tutti questi elementi, questo mosaico, richiede una svolta sola: spazio a giovani preparati, con apertura alla società civile, definizione d'una vera disciplina di partito, non l'anarchia che s'è vista ultimamente, unità ed umiltà, oltre alla ricerca d'un leader politico vero, non un fantoccio, ma che metta d'accordo il pubblico (non) pagante di cittadini stufi di non avere uno straccio d'alternativa alle ultime fosche pagine scritte negli ultimi anni.
PS: nell'ultimo consiglio comunale va spesa una parola per Andrea Ferri, che ha dovuto dirigere un'assemblea prima infuocata per i noti fatti, (tra timbri di Pucci e mani tremanti, tra lazzi e perdita del Control -pardon controllo-: molte teste scoperte, senza protezione, in quella baraonda, avrebbero potuto subir danni -scusate la raffinata e ardua divagazione sanitario – letteraria-) poi delicata, per i contenuti e possibili risvolti (vedi alla voce debiti fuori bilancio). Un Ferri nervosissimo con la sua stessa maggioranza, tutto a microfono aperto, quando lui credeva che fosse spento – qualcuno gli spieghi che deve spegnersi la lucina rossa e non basta abbassarlo-: "C' votazion' pe' alzat' d' man ama fe' che nan g' ste' nisciun?". Ma l'apice della stizza giungeva dopo il battibecco tra l'urlante De Simone ed il "fuori sacco" – a proposito di poste e timbri- Tommy Laurora ( nel senso che parlava col De Simone pur essendo uscito e stando dietro le transenne, come un ultras, mentre Ferri assisteva impotente). Dopo il siparietto Ferri, sicuro del microfono spento, invece acceso a mille, intimava a De Simone: "Peppì, nan facem chiù sti cacat d' merd', ca' poi sop all' ggiornal vac iè!". Frase più emblematica per chiudere il sipario su queste ultime giornate politiche tranesi non poteva esserci. Altro che turismo, qui la vera attrazione sono i politici. Venghino!
Le due mancate elezioni, rispettivamente per la prima compagine del consigliere comunale Di Modugno e per la seconda dell'altro consigliere, Cognetti, portano rispettivamente la reazione diretta del consigliere forza italiota, dichiaratosi indipendente e le dimissioni del segretario cittadino del Pd Amoruso. Due falle, due fatti, due spine diverse nei percorsi, ma uguali nel risultato finale: due nuovi fronti d'instabilità per i due partiti più importanti. Nel primo caso c'è un risveglio tardivo di Biancaneve Stefano, che solo ora s'è accorto chi sono i suoi compagni di viaggio, che ironicamente ringrazia per l'impegno profuso. Il bacio del principe azzurro stavolta non c'entra, ma c'entra un partito senza nocchieri, che prende meccanicamente ordini dall'alto (ma da chi? Ancora da Fitto "Casa", che a sua volta è ormai un estraneo in casa nel suo stesso partito?). Il partito senza nocchieri annusa l'aria e prende la vita così come va, come cantava Califano, non rendendosi conto di ciò che avviene sul territorio di casa, non rendendosi conto di che tipo di amministrazione stanno tenendo in vita (l'ultimo consiglio è un film impietoso in tal senso; la storia della mensa scolastica è solo l'ultimo trailer di questo stesso film), non rendendosi conto di buttare a mare o bruciare, uomini che fino a ieri risultavano essere, almeno in casa loro e visti i chiari di luna, tra i pochi affidabili, pur non essendo di quelli che spaccano i tavoli.
E' chiaro che se poi, se fai una festa in cui spartisci una torta ed il leit motiv della festa è la spartizione della torta, gli invitati che non mangiano alcuna fetta e si bevono solo un po' di acqua minerale liscia, come quella che il sindaco ha ingurgitato a litri nell'ultimo consiglio comunale (chissà quanta plin plin poi!) quelli, appunto, diventano mine vaganti. O tutti o nessuno con la torta in bocca! A Stefano non solo niente torta, ma anche niente voti dal partito, solo acqua, per giunta in faccia.
Al PD la situazione, visto che il partito è all'opposizione, è rimediabile e non dovrebbe avere grandi contraccolpi sull'azione effettiva. Con un congresso serio passa la paura! Se Amoruso, già nominato segretario in un momento storico con un contesto che nel frattempo era già mutato, non ritirerà le dimissioni (pare che glielo vorrebbero chiedere, quelli del PD, per avere un margine di tempo per preparare un congresso vero, senza più accordicchi per la bisogna o balli in maschera) nessuno forse si strapperà i capelli, visto che gli umori del partito sulla resa effettiva del segretario non erano proprio esaltati. Le baruffe dell'ultima Festa Democratica, nonostante scenari da Istituto Luce nei filmati in cui tutti facevano vedere di volersi bene; la poca considerazione dei vertici, cui Amoruso fa esplicito riferimento nella lettera di dimissioni (quella però, caro Amoruso, va guadagnata, sudata e conquistata …, non elemosinata), il nodo d'un Ferrante dentro il PD, ma sulla carta "organico" alla maggioranza, gioco forza, in quanto presidente del consiglio in cui a governare è la destra, al di là delle menate sul ruolo di garanzia; il permanere di burattinai, dietro le quinte, che credono – sperano di continuare a manovrare, visti i risultati, non elettorali una volta tanto, grazie all'onda renziana, ma d'immagine, tutti questi elementi, questo mosaico, richiede una svolta sola: spazio a giovani preparati, con apertura alla società civile, definizione d'una vera disciplina di partito, non l'anarchia che s'è vista ultimamente, unità ed umiltà, oltre alla ricerca d'un leader politico vero, non un fantoccio, ma che metta d'accordo il pubblico (non) pagante di cittadini stufi di non avere uno straccio d'alternativa alle ultime fosche pagine scritte negli ultimi anni.
PS: nell'ultimo consiglio comunale va spesa una parola per Andrea Ferri, che ha dovuto dirigere un'assemblea prima infuocata per i noti fatti, (tra timbri di Pucci e mani tremanti, tra lazzi e perdita del Control -pardon controllo-: molte teste scoperte, senza protezione, in quella baraonda, avrebbero potuto subir danni -scusate la raffinata e ardua divagazione sanitario – letteraria-) poi delicata, per i contenuti e possibili risvolti (vedi alla voce debiti fuori bilancio). Un Ferri nervosissimo con la sua stessa maggioranza, tutto a microfono aperto, quando lui credeva che fosse spento – qualcuno gli spieghi che deve spegnersi la lucina rossa e non basta abbassarlo-: "C' votazion' pe' alzat' d' man ama fe' che nan g' ste' nisciun?". Ma l'apice della stizza giungeva dopo il battibecco tra l'urlante De Simone ed il "fuori sacco" – a proposito di poste e timbri- Tommy Laurora ( nel senso che parlava col De Simone pur essendo uscito e stando dietro le transenne, come un ultras, mentre Ferri assisteva impotente). Dopo il siparietto Ferri, sicuro del microfono spento, invece acceso a mille, intimava a De Simone: "Peppì, nan facem chiù sti cacat d' merd', ca' poi sop all' ggiornal vac iè!". Frase più emblematica per chiudere il sipario su queste ultime giornate politiche tranesi non poteva esserci. Altro che turismo, qui la vera attrazione sono i politici. Venghino!