Chiaro e Tondo
A.N.? Come iniziali di Amedeo Nazzari…
Chiaro e Tondo 52
venerdì 3 aprile 2009
Ricordo che quando ero piccolo, in certi pomeriggi estivi, guardavo con i miei genitori quei film vecchissimi e strappalacrime, rigorosamente in bianco e nero, che la Rai mandava ciclicamente in replica. Ricordo che si parlava sempre di tradimenti, bambine strappate alla madre malafemmina dal padre o viceversa (al padre indegno dalla madre afflitta per le ripetute cornificazioni). Eroe di queste vecchie pellicole era quasi sempre un attore di cui i più giovani ignoreranno del tutto il nome e cognome: Amedeo Nazzari. Ecco, mi sono detto, ora che il partito di AN non esiste più, fagocitato dal PDL, l'unico richiamo che possa esistere, nella mia memoria personale, alla lettura delle due lettere accostate è appunto quella di Amedeo Nazzari.
I passaggi in politica sono talmente veloci… che rischi di perderteli. Poco più di un anno fa Gianfranco Fini aveva sostenuto che mai AN sarebbe confluita nel PDL. Poco più di due settimane fa eccolo a tessere le lodi del PDL e la necessità che AN si sciogliesse in quel partito, in nome di determinati principi per la realizzazione dei quali i suoi "colonnelli" (Alemanno, Gasparri e La Russa) "dicevano sì con le labbra e no con gli occhi", durante il discorso da requiem per AN, come fatto notare da Eugenio Scalfari.
Tra i principi richiamati da Fini, quello della necessità dell'integrazione degli immigrati e l'inevitabilità di una società multietnica e munita d'un Parlamento che fa di tutto per tutelare i poteri di controllo e di garanzia delle minoranze. Così come la convinzione che dalla crisi economica si dovesse venir fuori con una scelta liberal democratica e non autoritaria.
Mah! Mi sono chiesto dunque cosa rimanesse di quelle radici, di cui certi militanti sono andati tanto fieri, fino all'ultimo, fino ai conclusivi congressi di partito, fin nel più piccolo sputo di paese. Anche da queste parti, tra congressi di Trani e dintorni, mi è capitato di leggere un documento che affermava che certe idealità e convinzioni, certe radici appunto, non sarebbero tramontate. Certi militanti col "santino" del duce nel portafoglio o addirittura di Hitler, (li ho visti coi miei occhi) cosa avranno pensato quando Fini ha pronunciato quel discorso? A questo pensiero ho provato, per loro, un magone intenso, proprio come quando vedevo i finali dei film di Amedeo Nazzari, in cui la bambina (metafora di sconfinata poesia) moriva o veniva portata via dal padre padrone (oggi Silvio B.) dalle braccia della mamma (la vecchia cara ideologia). Eh sì, che belli quei film. Mio padre si commuove ancora quando li rivede.
I passaggi in politica sono talmente veloci… che rischi di perderteli. Poco più di un anno fa Gianfranco Fini aveva sostenuto che mai AN sarebbe confluita nel PDL. Poco più di due settimane fa eccolo a tessere le lodi del PDL e la necessità che AN si sciogliesse in quel partito, in nome di determinati principi per la realizzazione dei quali i suoi "colonnelli" (Alemanno, Gasparri e La Russa) "dicevano sì con le labbra e no con gli occhi", durante il discorso da requiem per AN, come fatto notare da Eugenio Scalfari.
Tra i principi richiamati da Fini, quello della necessità dell'integrazione degli immigrati e l'inevitabilità di una società multietnica e munita d'un Parlamento che fa di tutto per tutelare i poteri di controllo e di garanzia delle minoranze. Così come la convinzione che dalla crisi economica si dovesse venir fuori con una scelta liberal democratica e non autoritaria.
Mah! Mi sono chiesto dunque cosa rimanesse di quelle radici, di cui certi militanti sono andati tanto fieri, fino all'ultimo, fino ai conclusivi congressi di partito, fin nel più piccolo sputo di paese. Anche da queste parti, tra congressi di Trani e dintorni, mi è capitato di leggere un documento che affermava che certe idealità e convinzioni, certe radici appunto, non sarebbero tramontate. Certi militanti col "santino" del duce nel portafoglio o addirittura di Hitler, (li ho visti coi miei occhi) cosa avranno pensato quando Fini ha pronunciato quel discorso? A questo pensiero ho provato, per loro, un magone intenso, proprio come quando vedevo i finali dei film di Amedeo Nazzari, in cui la bambina (metafora di sconfinata poesia) moriva o veniva portata via dal padre padrone (oggi Silvio B.) dalle braccia della mamma (la vecchia cara ideologia). Eh sì, che belli quei film. Mio padre si commuove ancora quando li rivede.