Chiaro e Tondo

L’uno è tigna, l’altro è rogna

Chiaro e Tondo 198

Non faccio in tempo a risparmiare dalla querela un lettore in preda ad un attacco di crisi compulsive antironchiane (l'insulto gratuito, anche di quelli di sinistra, fatto con poco ragionamento e senza leggere bene gli articoli, è pari all'arroganza e all'intolleranza tipiche del Berlusca ferito e del suo popolo di casalinghe e camerieri al seguito), che mi ritrovo la stringata, scritta in bello stile ed asciutta nota di Sebastiano De Feudis, che mi dà 8 come storico, ma 4 come pagellista. Ecco un esempio di come trattenersi da una facile, troppo scontata, quasi banale risposta, che potrebbe arrivare dalla piazza della Mediocritas politica tranese, ma non dal sottoscritto, e cioè: «Ed io, visti gli ultimi risultati politici, ti assegno 8 come pagellista e quattro come politico» ma non lo farò: questo è gioco sporco che lascio ai suoi avversari, che tempo addietro non seppero far di meglio che segnare questo goal a porta vuota contro un Ninni che, presentatosi come candidato presidente alle provinciali, non era poi riuscito a conquistare nemmeno il seggio di consigliere. Bazzecole, insomma, per i cittadini.

Qui si tira in ballo - ciò che più mi preme e voglio per questo argomentare, senza facili scorciatoie derisorie - il ruolo puro del giornalista, che si camuffa da pagellista, definito per giunta, dal De Feudis, ondivago. Ecco: qui casca l'asino, tanto per citare Tonino Di Pietro. Il commentatore, quello veramente imparziale, che non sta da una sola parte ( ondivago quest'ultimo non lo sarà di sicuro, perché farebbe critiche a senso unico) è come un arbitro. Questi, durante un incontro sportivo, fischia dei falli sia a danno di una squadra che dell'altra, quando li commettono, mentre convalida il punto, quando questo è frutto di un'azione regolare, meglio ancora, per il pubblico, se spettacolare. Quindi il problema è uno soltanto: poiché, in posizione neutra ed imparziale, mi capita di lodare o bastonare ciò che di buono o cattivo fanno la destra, la sinistra, il centro o la società civile, la critica non è ondivaga, come dice il De Feudis, ma ad ondate, a danno di chi compie e dice balordaggini politiche. Infatti, negli anni, ho fatto arrabbiare, a turno, praticamente tutti. E quando fai arrabbiare tutti, vuol dire che sei davvero imparziale, è fatta, sei fuori dal giro del servilismo strisciante, e chi ti accusa, tra i lettori, in tal senso, è un poverino ferito nell'onore personale, perché gli hai toccato il padrino, il protettore o l'idolo di turno.

Il problema di certi politici italiani (questo in altri Paesi, tipo Inghilterra non esiste) è che vorrebbero il commentatore tutto per se e per la loro parte; una specie di pelouche che quando vai ad allisciargli il pancino canta, piange, cammina, si dimena o fa la pipì.

Trani, anno 2011: una nuova immagine allegorica ci si presenta dinanzi: un po' come i beni artistici italiani, che sotto la tutela del ministro Sandro Bondi Boldi, il peggiore nella storia d'Italia in questo dicastero, stanno venendo giù, a cominciare da Pompei, come in una sorta di risposta al malgoverno che sta caratterizzando la gestione della cultura, anche il nostro ospedale, all'indomani dell'appello di Pinuccio T. per salvarlo, segnale ancora più inquietante, e dopo l'abbandono totale degli ultimi governi regionali, da Fitto a Vendola, decide di compiere un atto di eutanasia strutturale: sta venendo giù da solo: come se non voglia essere salvato più; vuole lasciarsi morire, stanco d'essere massacrato dai malgoverni di ogni risma. Ha cominciato dal Pronto Soccorso, uno degli ultimi settori che erano stati lasciati in vita. Settimane fa, tanto per fare un esempio, il dottor Mimmo Santorsola, aveva fatto partire, a mezzo stampa, un ennesimo SOS sulla carenza di personale e sull'impossibilità di andare avanti, almeno per il suo reparto. Risultato: inascoltato, snobbato, archiviato e immagino derubricato alla voce rompiscatole. Ecco, a questo punto sembra che il San Nicola Pellegrino abbia deciso di togliere il disturbo da solo, collassando su se stesso, stanco dei tagli (vedi la brutale scure di Fitto) delle prese in giro di chi gli inaugura i reparti a metà (vedi Vendola con ginecologia, senza ostetricia) delle idee utopiche, più che altro sui tempi (a Barletta ci hanno messo vent'anni per fare il nuovo ospedale) che lo vorrebbero accorpato alla vicina Bisceglie, sì proprio quella dei noti sponsor del rilancio della sanità tranese Amoruso, Silvestris, Napoletano…

Come in un film sempre in bianco e nero, con qualche riflesso azzurrognolo (vedi intonaci degli ultimi anni), se ne va piano piano, senza fare rumore o danni (il solaio dell'astanteria del pronto soccorso è crollato quando non c'era alcun paziente: che pensiero gentile, come si fa a non personificarlo) vittima delle strumentalizzazioni politiche, dell'incuria e dei falsi proclami di troppe trombe della destra e della sinistra: una tigna ed una rogna che lo hanno mangiucchiato senza scampo. Come la sanità pugliese, altro esempio di settore pubblico, sbranato dalle cagne rognose della destra prima e della sinistra poi. A cosa serve chiedere l'azzeramento degli attuali dirigenti Asl della Puglia, come fa De Feudis? (a rieccolo!): sarebbe come prendere una Novalgina per far passare un mal di testa settimanale. Dopo sette giorni saremmo punto e daccapo. No ai farmaci sintomatici. Sì alle terapie vere e lo ribadisco: fuori i partiti dalla gestione sanitaria.
  • Giovanni Ronco
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