Chiaro e Tondo
Pinuccio in mutande
Chiaro e Tondo 130
martedì 19 gennaio 2010
Mi sembra ormai chiaro che l'amministrazione Tarantini abbia compiuto una scelta ben precisa: porre in primo piano le politiche culturali, una "sovrastruttura", pur preziosa per la nostra città, a discapito della "struttura", legata alle dinamiche specifiche della mera vita amministrativa, sul versante di concrete strategie economiche, burocratiche, dei servizi sociali. Dinanzi all'impossibilità di rispondere in modo decisivo, definitivo e risolutivo alle tante problematiche di una città sempre più involuta e che tante complicazioni stava portando agli amministratori stessi sul piano gestionale e finanche giudiziario, il sindaco ha compiuto l'unica mossa che potrebbe dargli una visibilità positiva e foriera d'un qualche ritorno per il futuro, oltre a forme concrete a testimonianza del suo operato: teatro, auditorium, musei.
C'è però un problema di target. Mi spiego: questo genere di politiche culturali vengono pienamente apprezzate solo da una minoranza d'utenza cittadina: un target con elevato livello d'istruzione, libero da problematiche economiche, amante del Bello, e restìo ad esplicitare la sua approvazione per una politica effettivamente ad esso congeniale, a maggior ragione perché trattasi in gran parte di intellettuali, addetti ai lavori e per lo più docenti, ma storicamente poco propensi per vicenda personale, ad apprezzare esplicitamente le iniziative d'un uomo di destra, e d'un governo di destra, che pure in questi anni, soprattutto l'uomo, (Tarantini) si è molto distanziato da un certo tipo di destra (arroccata) e da un certo tipo di frequentazioni politiche (esclusivamente di destra) che in passato lo avevano inevitabilmente o indirettamente penalizzato. Politicamente è infatti passato, nelle frequentazioni, dai duri e puri del suo vecchio partito, che magari frequenterà ancora, ma sicuramente meno rispetto a ieri, al professor Lovato, tanto per fare un esempio, alla signora Cicolani (vicesindaco), tanto per farne un altro. Inoltre, a fronte d'una categoria giornalistica, altro vettore che dovrebbe "notare" e dare risalto ai provvedimenti pro cultura, e che invece poco opera in tal senso, ripiegata su di una natura sempre più "impiegatizia" e attenta al "qui e ora" del mero evento cronachistico, la politica culturale non raccoglie, al momento, il giusto riscontro, la meritata valorizzazione.
La maggioranza della gente è dunque rappresentata in modo chiaro ed emblematico da una frase che un ex assessore dello stesso Tarantini pronunciò in un'intervista anni fa: "Sì, siamo d'accordo, va bene il museo, il libro e altro del genere, ma alla fine la gente che si mangia alle case? Il libro?". Vai a spiegare che dal libro parte una via traversa, seppur molto lunga, la cultura, che col tempo genera un indotto che potrebbe, dico potrebbe, non ne siamo nemmeno sicuri, portare anche un po' di pane e companatico. Chiarisco, prima di tutto a me stesso, un dubbio partito parecchie puntate addietro per cui dalla politica "culturale", non emergerebbe un consenso pieno e ampio, al cospetto della solita frase "di popolo", sbrigativa, risolutiva, liberatoria, dogmatica, aprioristica, e che porta il consenso facile, che chiude qualsiasi dialogo: "Ma ce cazz' e fatt' Tarantini?". Noblesse oblige. Il nostro sindaco continua ad indossare l'abito buono della serata di gala per gli eventi culturali presenti e futuri, ma metaforicamente, quella maledetta martellante frase lo lascia puntualmente in mutande a fiori.
C'è però un problema di target. Mi spiego: questo genere di politiche culturali vengono pienamente apprezzate solo da una minoranza d'utenza cittadina: un target con elevato livello d'istruzione, libero da problematiche economiche, amante del Bello, e restìo ad esplicitare la sua approvazione per una politica effettivamente ad esso congeniale, a maggior ragione perché trattasi in gran parte di intellettuali, addetti ai lavori e per lo più docenti, ma storicamente poco propensi per vicenda personale, ad apprezzare esplicitamente le iniziative d'un uomo di destra, e d'un governo di destra, che pure in questi anni, soprattutto l'uomo, (Tarantini) si è molto distanziato da un certo tipo di destra (arroccata) e da un certo tipo di frequentazioni politiche (esclusivamente di destra) che in passato lo avevano inevitabilmente o indirettamente penalizzato. Politicamente è infatti passato, nelle frequentazioni, dai duri e puri del suo vecchio partito, che magari frequenterà ancora, ma sicuramente meno rispetto a ieri, al professor Lovato, tanto per fare un esempio, alla signora Cicolani (vicesindaco), tanto per farne un altro. Inoltre, a fronte d'una categoria giornalistica, altro vettore che dovrebbe "notare" e dare risalto ai provvedimenti pro cultura, e che invece poco opera in tal senso, ripiegata su di una natura sempre più "impiegatizia" e attenta al "qui e ora" del mero evento cronachistico, la politica culturale non raccoglie, al momento, il giusto riscontro, la meritata valorizzazione.
La maggioranza della gente è dunque rappresentata in modo chiaro ed emblematico da una frase che un ex assessore dello stesso Tarantini pronunciò in un'intervista anni fa: "Sì, siamo d'accordo, va bene il museo, il libro e altro del genere, ma alla fine la gente che si mangia alle case? Il libro?". Vai a spiegare che dal libro parte una via traversa, seppur molto lunga, la cultura, che col tempo genera un indotto che potrebbe, dico potrebbe, non ne siamo nemmeno sicuri, portare anche un po' di pane e companatico. Chiarisco, prima di tutto a me stesso, un dubbio partito parecchie puntate addietro per cui dalla politica "culturale", non emergerebbe un consenso pieno e ampio, al cospetto della solita frase "di popolo", sbrigativa, risolutiva, liberatoria, dogmatica, aprioristica, e che porta il consenso facile, che chiude qualsiasi dialogo: "Ma ce cazz' e fatt' Tarantini?". Noblesse oblige. Il nostro sindaco continua ad indossare l'abito buono della serata di gala per gli eventi culturali presenti e futuri, ma metaforicamente, quella maledetta martellante frase lo lascia puntualmente in mutande a fiori.