Chiaro e Tondo
Santarellino o volpino?
Chiaro e Tondo 37
martedì 10 febbraio 2009
Su uno come Carlo Laurora, che non conosco bene personalmente, non puoi fare un Chiaro e tondo "cattivo". E' come quei vecchi politici di marca demoscristiana. Quasi del tutto inattaccabile, per via di un modo di fare che lo pone, da questa parte, dalla parte degli osservatori ed in definitiva del popolaccio, come uno da inserire nella categoria dei "buoni". Non conoscendolo di persona, pongo dunque queste poche considerazioni sulla base dei suoi interventi pubblici.
Con l'utenza, tra quelli che votano e quelli che ne scrivono, quest'uomo sembra davvero una specie di novello San Francesco. Mai un tono sbagliato, mai una parolaccia, mai un' incazzatura, mai un giudizio a favore di una categoria piuttosto che un' altra, mai una sfida con un giornalista, mai un alterco con un cittadino. Mai un parere sbilanciato, mai un accenno a questioni ideologiche, che non fossero equilibri di partito, costumatezze o scostumatezze di colleghi, risentimenti per picche, ripicche o capricci interni ai partiti in cui ha lavorato o lavora. Insomma uno all'opposto di un Pinuccio Tarantini, "coraggioso" nel farsi odiare, pronto a scendere nell'arena col Nolasco o con Tizio o con Caio, pur di far valere le sue ragioni.Insomma uno che non fa più calcoli e si butta allegramente nelle risse di varia natura (risultato: simpatico ai giornalisti che hanno da scrivere, antipatico a chi ama la terzietà, ancora più odioso di prima a chi già non lo sopportava, apprezzato, in silenzio, -ahia-, da chi lo ha votato).
Laurora no. Impassibile e tiepido verso popolo e media, non litiga, non polemizza, non raccoglie e smorza sempre eventuali fiammelle, foriere d'eventuali incendi.
Quando invece si chiude la porta, si spegne la telecamera, questo politico, figlio della seconda Repubblica tranese, si lacca gli artigli, affila le lame, serra gli occhioni e sembra come quei padri di famiglia che in pubblico dicono al figlio delinquente:"Dopo a casa facciamo i conti", continuando a sorridere agli ospiti, e una volta all'interno delle mura domestiche, tolta la cintura dei pantaloni (Oh, andiamoci piano con codesti riferimenti, di questi tempi...) , comincia a darci dentro di brutto, con mazzate e botte da orbi. I malcapitati di questa seconda e temibile versione del Laurora sono i suoi colleghi di partito, rei di non avere una condotta politica corretta, soprattutto nei suoi confronti Chi nega le sue candidature, chi crede di fare il furbo, chi cerca di estrometterlo, insomma chi crede di poterlo deflorare in varie maniere, politicamente parlando. Allora vengono meno il sorrisetto francescano, le labbra mordicchiate come un alunno in attesa dell'esame, i modi gentili e tutto l'armamentario utilizzato nelle pubbliche relazioni con giornalisti, elettori (sicuri, presunti, probabili, corteggiabili) e si prospetta un tagliente, sottile, cinico politico, pronto a fare i bagagli, a sbattere la porta, dopo aver sonoramente "cazziato" chi aveva preordinato sgambetti nei suoi confronti. Basta leggersi, nell'ordine, i messaggini inviati al capo pugliese di FI ai tempi del divorzio dai forzisti e, da ultimo, quello, stizzito, per usare un eufemismo, verso il segretario cittadino UDC, che aveva messo bocca in questione provinciale non di sua competenza. Sempre su questioni di candidature sue. Insomma carezze e sorrisi al popolo, strizzate nei genitali (metaforiche) ai colleghi che sgarrano.
Ora è nell'UDC. Per certi versi è tornato ad una specie di "casa politica" dove avrebbe dovuto stare fin dall'inizio. Coi democristiani (acque chete e tessitori di corredi elettorali, miti col popolo e spietati al loro interno, coi propri pari). Più lo guardo, più lo leggo e più mi chiedo: santarellino o volpino?
Con l'utenza, tra quelli che votano e quelli che ne scrivono, quest'uomo sembra davvero una specie di novello San Francesco. Mai un tono sbagliato, mai una parolaccia, mai un' incazzatura, mai un giudizio a favore di una categoria piuttosto che un' altra, mai una sfida con un giornalista, mai un alterco con un cittadino. Mai un parere sbilanciato, mai un accenno a questioni ideologiche, che non fossero equilibri di partito, costumatezze o scostumatezze di colleghi, risentimenti per picche, ripicche o capricci interni ai partiti in cui ha lavorato o lavora. Insomma uno all'opposto di un Pinuccio Tarantini, "coraggioso" nel farsi odiare, pronto a scendere nell'arena col Nolasco o con Tizio o con Caio, pur di far valere le sue ragioni.Insomma uno che non fa più calcoli e si butta allegramente nelle risse di varia natura (risultato: simpatico ai giornalisti che hanno da scrivere, antipatico a chi ama la terzietà, ancora più odioso di prima a chi già non lo sopportava, apprezzato, in silenzio, -ahia-, da chi lo ha votato).
Laurora no. Impassibile e tiepido verso popolo e media, non litiga, non polemizza, non raccoglie e smorza sempre eventuali fiammelle, foriere d'eventuali incendi.
Quando invece si chiude la porta, si spegne la telecamera, questo politico, figlio della seconda Repubblica tranese, si lacca gli artigli, affila le lame, serra gli occhioni e sembra come quei padri di famiglia che in pubblico dicono al figlio delinquente:"Dopo a casa facciamo i conti", continuando a sorridere agli ospiti, e una volta all'interno delle mura domestiche, tolta la cintura dei pantaloni (Oh, andiamoci piano con codesti riferimenti, di questi tempi...) , comincia a darci dentro di brutto, con mazzate e botte da orbi. I malcapitati di questa seconda e temibile versione del Laurora sono i suoi colleghi di partito, rei di non avere una condotta politica corretta, soprattutto nei suoi confronti Chi nega le sue candidature, chi crede di fare il furbo, chi cerca di estrometterlo, insomma chi crede di poterlo deflorare in varie maniere, politicamente parlando. Allora vengono meno il sorrisetto francescano, le labbra mordicchiate come un alunno in attesa dell'esame, i modi gentili e tutto l'armamentario utilizzato nelle pubbliche relazioni con giornalisti, elettori (sicuri, presunti, probabili, corteggiabili) e si prospetta un tagliente, sottile, cinico politico, pronto a fare i bagagli, a sbattere la porta, dopo aver sonoramente "cazziato" chi aveva preordinato sgambetti nei suoi confronti. Basta leggersi, nell'ordine, i messaggini inviati al capo pugliese di FI ai tempi del divorzio dai forzisti e, da ultimo, quello, stizzito, per usare un eufemismo, verso il segretario cittadino UDC, che aveva messo bocca in questione provinciale non di sua competenza. Sempre su questioni di candidature sue. Insomma carezze e sorrisi al popolo, strizzate nei genitali (metaforiche) ai colleghi che sgarrano.
Ora è nell'UDC. Per certi versi è tornato ad una specie di "casa politica" dove avrebbe dovuto stare fin dall'inizio. Coi democristiani (acque chete e tessitori di corredi elettorali, miti col popolo e spietati al loro interno, coi propri pari). Più lo guardo, più lo leggo e più mi chiedo: santarellino o volpino?