Chiaro e Tondo
Un uccello in comune (V.M. 18 anni)
Chiaro e Tondo 36
venerdì 6 febbraio 2009
E metti che il tizio (garantisco che non so di chi si tratti - forse sono l'unico - l'influenza mi tiene lontano dal mondo - e che mondo - così va il mondo - è un mondo difficile...) fosse stato sul punto d'infilarsi nelle mutande la maglia della salute che gli si era arrotolata durante la dura (ogni riferimento è puramente...) giornata di lavoro?
Premettendo sin da ora che sono pronto a rivolgere la mia solidarietà ad entrambi i protagonisti di questa storia, sia a lui, che alla signora delle pulizie, qualora i fatti vengano accertati a favore di uno o dell'altra, penso che questa storia rimarchi una tendenza ad ironizzare in modo sguaiato contro i dipendenti comunali, spesso invidiati per un lavoro "facile" e che gli permette di incassare uno stipendio sicuro stando tranquilli e al calduccio alla propria scrivania. Siamo proprio una massa di gentaglia e nulla perdoniamo ad una categoria che ci sta fondamentalmente sulle balle e alla prima che succede ci scateniamo. Premesso che ci tengo a salvaguardare il decoro della stragrande maggioranza dei dipendenti comunali, tutta gente costumata con riga e giacchetta a posto (riga nel senso del verso dei capelli), confesso che alla lettura dell'episodio, è sopraggiunto nella mia mente un pensiero molesto che ho cercato subito di scacciare e autoconfutare: ma vuoi vedere che il fatto di aver tolto videogiochi o accesso a siti porno dai pc dei dipendenti, può essere stato deleterio e spinge alcuni di essi, una volta rinunciato a qualche chat bollente o qualche giochino innocente o qualche visio hard (tipo Mercedes o D'Abbraccio) a dedicarsi a passatempi più impegnativi?
E il bello è che ci sarebbe anche un precedente (vedi episodio in ascensore, praticamente un preliminare, con altri protagonisti) che comincia a fare di Palazzo di città un set da "filmini" senza cinepresa, in stile anni '70 (tanto cari all'amico Lorenzo Procacci, del quale segnalo l'interessante Rassegna presso la Maria del Porto), con quelle indimenticabili sceneggiature interpretate da Alvaro Vitali, Renzo Montagnani o Pasquale Zagaria, in arte Lino Banfi, con le coscialunga Nadia Cassini, Annamaria Rizzoli, Gloria Guida o Edwige impegnati in prodezze pseudoerotiche.
E pensare che avevo deciso di occuparmi di Carlo Laurora e confesso che scrivere invece di questa storia mi fa sentire, più che l'editorialista di Traniweb, uno di quei redattoracci da Daily Mirror o News of the world, ma tant'è, come diceva Oscar Wilde, a tutto posso resistere tranne che alle tentazioni (e non sono l'unico, guarda caso) ed il desiderio di rivedere, correggere, parafrasare quel vecchio slogan elettorale, anche un po' inflaazionato (da "un amico in comune" a "un uccello in comune") era troppo forte. Eh sì, perchè ora l'oggetto in questione è entrato a far parte del nostro immaginario comune. Chi non si sarà ricostruito mentalmente la scena? Vera o non vera?
Vabbè, oggi è andata così. Non me ne vogliate. Un episodio che accalora gli istinti morbosetti, pettegoli e da provincia onanista, una volta tanto ci può stare. Specchio dei tempi.
Premettendo sin da ora che sono pronto a rivolgere la mia solidarietà ad entrambi i protagonisti di questa storia, sia a lui, che alla signora delle pulizie, qualora i fatti vengano accertati a favore di uno o dell'altra, penso che questa storia rimarchi una tendenza ad ironizzare in modo sguaiato contro i dipendenti comunali, spesso invidiati per un lavoro "facile" e che gli permette di incassare uno stipendio sicuro stando tranquilli e al calduccio alla propria scrivania. Siamo proprio una massa di gentaglia e nulla perdoniamo ad una categoria che ci sta fondamentalmente sulle balle e alla prima che succede ci scateniamo. Premesso che ci tengo a salvaguardare il decoro della stragrande maggioranza dei dipendenti comunali, tutta gente costumata con riga e giacchetta a posto (riga nel senso del verso dei capelli), confesso che alla lettura dell'episodio, è sopraggiunto nella mia mente un pensiero molesto che ho cercato subito di scacciare e autoconfutare: ma vuoi vedere che il fatto di aver tolto videogiochi o accesso a siti porno dai pc dei dipendenti, può essere stato deleterio e spinge alcuni di essi, una volta rinunciato a qualche chat bollente o qualche giochino innocente o qualche visio hard (tipo Mercedes o D'Abbraccio) a dedicarsi a passatempi più impegnativi?
E il bello è che ci sarebbe anche un precedente (vedi episodio in ascensore, praticamente un preliminare, con altri protagonisti) che comincia a fare di Palazzo di città un set da "filmini" senza cinepresa, in stile anni '70 (tanto cari all'amico Lorenzo Procacci, del quale segnalo l'interessante Rassegna presso la Maria del Porto), con quelle indimenticabili sceneggiature interpretate da Alvaro Vitali, Renzo Montagnani o Pasquale Zagaria, in arte Lino Banfi, con le coscialunga Nadia Cassini, Annamaria Rizzoli, Gloria Guida o Edwige impegnati in prodezze pseudoerotiche.
E pensare che avevo deciso di occuparmi di Carlo Laurora e confesso che scrivere invece di questa storia mi fa sentire, più che l'editorialista di Traniweb, uno di quei redattoracci da Daily Mirror o News of the world, ma tant'è, come diceva Oscar Wilde, a tutto posso resistere tranne che alle tentazioni (e non sono l'unico, guarda caso) ed il desiderio di rivedere, correggere, parafrasare quel vecchio slogan elettorale, anche un po' inflaazionato (da "un amico in comune" a "un uccello in comune") era troppo forte. Eh sì, perchè ora l'oggetto in questione è entrato a far parte del nostro immaginario comune. Chi non si sarà ricostruito mentalmente la scena? Vera o non vera?
Vabbè, oggi è andata così. Non me ne vogliate. Un episodio che accalora gli istinti morbosetti, pettegoli e da provincia onanista, una volta tanto ci può stare. Specchio dei tempi.