Dardo
Quattro dita, Ipogeo di San Leucio e Antonio Piccinni: gli auguri neri di Dardo
Buone feste per gli occhi, per l'arte e per la bellezza a tutti i tranesi
lunedì 23 dicembre 2019
8.44
*Punto 1 / Quattro dita*
Non è sfuggito agli occhi dei più attenti l'incidente accaduto sabato 7 dicembre in Piazza Libertà, durante la deposizione della corona di fiori alla statua della Madonna Immacolata.
Nulla a che vedere con la misticità. "Semplicemente" durante le manovre di
posizionamento della ghirlanda da parte dei Vigili del Fuoco, l'autoscala ha plausibilmente sfiorato alcune delle dita della scultura marmorea, rompendole. Poi vorrei capire il motivo per il quale si utilizza una scultura di Antonio Bassi come appendiabiti, in questo caso un braccio viene utilizzato semplicemente per posizionare una corona di fiori.
Per fortuna ora le "quattro dita" son tornate al suo posto, grazie all'intervento forse di un restauratore occasionale.
*Punto 2 / Ipogeo di San Leucio*
L'ipogeo di San Leucio scavato nel calcare al di sotto del livello del mare, al suo interno furono collocate le ossa di San Leucio.
L'ipogeo, costruito forse prima di S. Maria della Scala, alla quale chiesa servì poi come cripta, è un ambiente di forma quadrangolare, che gira attorno ad una cella centrale in cui vi sono resti di affreschi di epoca bizantina.
Il sacello è un ambiente quadrato di età longobarda, con un vano centrale atto ad accogliere le reliquie, mediante finestrelle si può visionare il vano centrale, un deambulatorio anulare che permetteva lo scorrere a senso unico della fila dei devoti, con differenti varchi per l'ingresso e l'uscita.
Nel giorno del Battesimo di Gesù la Chiesa ricorda anche san Leucio, vissuto nel II secolo e primo vescovo di Brindisi. Era forse orientale, originario di Alessandria d'Egitto, e si trasferì in Italia meridionale in uno dei porti più importanti del Mediterraneo.
Si narra che predicò il Vangelo in Puglia durante una siccità e, dopo che la pioggia cadde, molti pagani si convertirono. Edificò la chiesa di Santa Maria e San Giovanni Battista.
Dopo le invasioni longobarde, nel 768 le sue spoglie furono portate dapprima a Trani e poi nella capitale del ducato, Benevento. Il suo culto è diffuso in tutta la Puglia (molte località rurali portano il suo nome) ed è molto venerato a Trani, Lecce, Benevento, Caserta e Capua. A Caserta porta il suo nome un borgo dove nel Settecento Ferdinando IV di Borbone installò la manifattura della seta.
Da pochi mesi è nuovamente visibile l'ipogeo di San Leucio dopo un lungo restauro, intervento invasivo e non conservativo, non allego le immagini dal "nuovo" sito archeologico, la pietra è scomparsa e gli affreschi sono nuovi. La prima tappa tranese dopo essere arrivato da Bolzano è stata propria la basilica paleocristiana, non entro in tecnicismi legati al restauro ma vi allego le fotografie dell'antico luogo, sono un amante dell'arte e ho la "duendite" acuta come direbbe qualcuno, amo la bellezza e l'arte, oggi a Trani è stata scritta una pagina nera dell'arte.
*Punto 3 / Antonio Piccinni - Cento anni dalla sua morte*
Antonio Piccinni (Trani, 14 maggio 1846 – Roma, 26 gennaio 1920).
Antonio Piccini, nato nel 1846, un grande artista sordomuto dell'Ottocento italiano, fu allievo di Domenico Morelli, il grande pittore napoletano, che lo definì: "Il Re dei
Disegnatori".
Nel 1878 esposte al Salone dell'esposizione Universale di Parigi due gruppi di acqueforti, intitolate "Ricordi di Roma" che gli diedero di colpo un posto tra i più grandi incisori dell'epoca.
Da allora un intero mondo passò alla realtà alle sue lastre di rame. Ovunque fosse, Piccinni non faceva che osservare, disegnare, tracciare segni, linee e volti, parlare del mondo e col mondo, e di tutte le creature che con lui, sordomuto, erano in continuo stupendo colloquio attraverso il miracolo della sua arte.
L'incisione del "Timoniere" può considerarsi uno dei suoi capolavori. Molte delle sue incisioni sono oggi nella raccolta della Galleria degli Uffizi di Firenze, e in collezioni private in Italia e all'estero.
Ad Antonio Piccinni (1846-1920), disegnatore, incisore e pittore pugliese
che la critica moderna annovera tra i protagonisti dell'arte ottocentesca, è stata dedicata un'opera, ricchissima di documentazione storica interessante, dal conterraneo Giuseppe Bassi (Antonio Piccini incisore, Schena Editore, 1978) che ne ricostruisce le alterne fortune -dall'infermità infantile che lo aveva
reso quasi completamente sordomuto, alla morte relativamente precoce – e ne riproduce in appendice svariate opere.
Dopo un'infanzia poco felice, trascorsa a disegnare di tutto, si trasferì a Napoli presso lo studio del pittore tranese Biagio Molinaro e, in quel periodo, sotto la guida di un amico, riacquistò parzialmente la parola e l'udito.
Negli anni Sessanta fu ammesso all'Istituto di Belle Arti di Napoli e si
specializzò nell'incisione, rapidamente evolvendosi dalla tradizionale riproduzione di opere d'arte alla creazione originale, che scaturiva dal suo acutissimo spirito di osservazione.
Nel 1872 vinse un concorso che gli assicurava tre anni di perfezionamento pressol di Belle Arti a Roma, senza peraltro interrompere i rapporti con la napoletana "Società Promotrice delle Belle Arti", che si prefiggeva l'annuale esposizione e commercializzazione di riproduzioni ad acquaforte di quadri a olio scelti dalla Società stessa.
Al Piccinni furono commissionate diverse incisioni che gli valsero un premio, mentre un analogo contratto veniva stipulato con la R. Calcografia, pur dedicandosi l'Artista alla realizzazione di opere di sua creazione.
Nel 1878 la sua fama valicò le alpi e gli consentì di partecipare all'Esposizione Universale di Parigi con svariate opere tra cui 12 acqueforti inedite, riunite in un album intitolato "Souvenirs de Rome", con prefazione di Jules Claretie.
I suoi successi gli valsero il titolo di Professore Onorario dell'Istituto di Belle Arti di Napoli, mentre la "Società Promotrice delle Belle Arti" gli commissionava la riproduzione del suo
quadro L'Avaro, già esposto a Parigi.
Dopo d'allora la sua attività fu incessante e apprezzatissima: partecipò a 45 esposizioni in diversi Paesi mentre opere sue furono acquistate dai Reali d'Italia e di altri Paesi, da Musei e collezionisti variamenti ubicati nel mondo.
I soggetti erano i più disparati, dal paesaggio ai ritratti di eminenti personaggi o del popolo minuto, dalla mitologia alla rappresentazione di stati d'animo o di situazioni emblematiche della condizione umana.
La sua fama era giunta all'ammiraglio G. B. Magnaghi, direttore dell'Istituto Idrografico della Marina, in cerca di artisti valenti che provvedessero all'incisione delle vedute di costa e delle carte nautiche.
Piccinni – il quale ormai aspirava a trovare un impiego sicuro che gli garantisse in futuro una vecchiaia decorosa – fu dunque allettato ad accettare, nel 1889, l'offerta di una convenzione annuale rinnovabile tacitamente: gli si offriva un compenso adeguato, un ufficio personale a Roma, l'imbarco annuale sulla "Washington" durante le campagne idrografiche, al fine di disegnare dal vero le vedute di costa, e l'autorevole posizione di supervisore dei lavori svolti dal personale tecnico dell'Istituto. Era una proposta onorevole e gratificante, ma tuttavia legata all'autorità e alla protezione del Magnaghi, e Piccinni non ne intravide i pericoli.
Dal foglio matricolare- pubblicato nel libro del Bassi, risulta che egli partecipò a quattro campagne, tra il 1890 e il 1895, pur continuando a svolgere l'attività libera con il consueto successo. Nel 1901 gli giunse l'offerta, dal Ministero della Pubblica Istruzione, di entrare a far parte della R. Calcografia, che il Piccini declinò pernon venir meno all'impegno assunto con l'Istituto Idrografico.
Nel 1904 l'ammiraglio Magnaghi passò a miglior vita e dopo qualche contrasto, venuto meno l'appoggio dell'Ammiraglio, il Ministero della Marina comunicò al Piccinni l'intenzione di non rinnovare la convenzione che lo legava all'Istituto Idrografico.
Dopo svariate pressioni dell'Artista – che accampava l'apprezzamento unanime del suo lavoro cartografico e il suo rifiuto di altri incarichi prestigiosi in conseguenza delle assicurazioni espresse nei suoi confronti dall'ammiraglio Magnaghi – il Ministero confermò la revoca della convenzione ma propose al Piccinni l'assunzione al gradino iniziale della scala gerarchica, e quindi una retribuzione modestissima.
Nel 1917 Piccinni fu collocato a riposo d'ufficio con una pensione irrisoria che mal compensava i suoi 25 anni di servizio, e, dopo qualche anno di stenti, morì nel gennaio 1920.
Presso l'Istituto Idrografico della Marina non sono stati individuati documenti riferiti alla sua attività né carte nautiche o vedute di costa che rechino la sua firma.
Sono invece state appena identificate (da Massimo Brancato, IIM, maggio 2005) due sue opere di grafica, per confronto con il recentissimo catalogo Antonio Piccinni incisore, a cura di Fiorani Fabio e Giovanna Scaloni, pubblicato dall'Istituto Nazionale per la Grafica e De Luca Editori d'Arte (Roma, marzo 2005, 141p., ill.) in occasione della mostra sull'incisore, inaugurata a Roma all'Istituto Nazionale per la Grafica il 31 marzo scorso, che ripercorre brevemente le tappe della sua vita e riproduce le incisioni conservate presso quello stesso Istituto.
Una è la stampa intitolata Romolo e Remo, acquaforte e bulino su base fotoincisa, mm 758Å~656, tratta dal dipinto di Rubens presso la Pinacoteca Capitolina, ed eseguita a seguito di concorso bandito dalla Regia Calcografia nel 1889, vinto dal Piccinni (p. 124 del catalogo).
La seconda è un "maschio" in rame (mm 390Å~596 il rame, mm 323Å~522 l'immagine) ottenuto dalla matrice originale dell'elioincisione (fotoincisione ai sali di cromo), firmata "A.Piccinni Roma" e non datata, che rappresenta Umberto I a figura intera.
*Ma a Trani cosa accadrà a cento anni esatti dalla morte di Antonio Piccinni? Concorsi? Mostre? Cataloghi?*
Credo che regnerà come al solito un nero e profondo oblio, un nero così profondo da sprofondarci, un nero che si può ottenere con diverse morsure, con diverse sovrapposizioni di maglie segniche.
Un nero che lega probabilmente il nostro Antonio Piccinni all'olandese Rembrandt Harmenszoon van Rijn, /'rɛmbrɑnt 'hɑrmənsˌzo:n vɑn rɛɪn̯ /, meglio noto semplicemente come Rembrandt (Leida, 15 luglio 1606 – Amsterdam, 4 ottobre 1669).
Vi auguro buone feste, feste sopratutto per gli occhi, per la bellezza e per l'arte.
Vi consiglio di perdervi beatamente nella nuova mostra al Palazzo della Marra "Boldini, l'incantesimo della pittura".
Credo fermamente che l'arte debba essere vissuta quotidianamente e fuori da ogni limite.
Dardo
Non è sfuggito agli occhi dei più attenti l'incidente accaduto sabato 7 dicembre in Piazza Libertà, durante la deposizione della corona di fiori alla statua della Madonna Immacolata.
Nulla a che vedere con la misticità. "Semplicemente" durante le manovre di
posizionamento della ghirlanda da parte dei Vigili del Fuoco, l'autoscala ha plausibilmente sfiorato alcune delle dita della scultura marmorea, rompendole. Poi vorrei capire il motivo per il quale si utilizza una scultura di Antonio Bassi come appendiabiti, in questo caso un braccio viene utilizzato semplicemente per posizionare una corona di fiori.
Per fortuna ora le "quattro dita" son tornate al suo posto, grazie all'intervento forse di un restauratore occasionale.
*Punto 2 / Ipogeo di San Leucio*
L'ipogeo di San Leucio scavato nel calcare al di sotto del livello del mare, al suo interno furono collocate le ossa di San Leucio.
L'ipogeo, costruito forse prima di S. Maria della Scala, alla quale chiesa servì poi come cripta, è un ambiente di forma quadrangolare, che gira attorno ad una cella centrale in cui vi sono resti di affreschi di epoca bizantina.
Il sacello è un ambiente quadrato di età longobarda, con un vano centrale atto ad accogliere le reliquie, mediante finestrelle si può visionare il vano centrale, un deambulatorio anulare che permetteva lo scorrere a senso unico della fila dei devoti, con differenti varchi per l'ingresso e l'uscita.
Nel giorno del Battesimo di Gesù la Chiesa ricorda anche san Leucio, vissuto nel II secolo e primo vescovo di Brindisi. Era forse orientale, originario di Alessandria d'Egitto, e si trasferì in Italia meridionale in uno dei porti più importanti del Mediterraneo.
Si narra che predicò il Vangelo in Puglia durante una siccità e, dopo che la pioggia cadde, molti pagani si convertirono. Edificò la chiesa di Santa Maria e San Giovanni Battista.
Dopo le invasioni longobarde, nel 768 le sue spoglie furono portate dapprima a Trani e poi nella capitale del ducato, Benevento. Il suo culto è diffuso in tutta la Puglia (molte località rurali portano il suo nome) ed è molto venerato a Trani, Lecce, Benevento, Caserta e Capua. A Caserta porta il suo nome un borgo dove nel Settecento Ferdinando IV di Borbone installò la manifattura della seta.
Da pochi mesi è nuovamente visibile l'ipogeo di San Leucio dopo un lungo restauro, intervento invasivo e non conservativo, non allego le immagini dal "nuovo" sito archeologico, la pietra è scomparsa e gli affreschi sono nuovi. La prima tappa tranese dopo essere arrivato da Bolzano è stata propria la basilica paleocristiana, non entro in tecnicismi legati al restauro ma vi allego le fotografie dell'antico luogo, sono un amante dell'arte e ho la "duendite" acuta come direbbe qualcuno, amo la bellezza e l'arte, oggi a Trani è stata scritta una pagina nera dell'arte.
*Punto 3 / Antonio Piccinni - Cento anni dalla sua morte*
Antonio Piccinni (Trani, 14 maggio 1846 – Roma, 26 gennaio 1920).
Antonio Piccini, nato nel 1846, un grande artista sordomuto dell'Ottocento italiano, fu allievo di Domenico Morelli, il grande pittore napoletano, che lo definì: "Il Re dei
Disegnatori".
Nel 1878 esposte al Salone dell'esposizione Universale di Parigi due gruppi di acqueforti, intitolate "Ricordi di Roma" che gli diedero di colpo un posto tra i più grandi incisori dell'epoca.
Da allora un intero mondo passò alla realtà alle sue lastre di rame. Ovunque fosse, Piccinni non faceva che osservare, disegnare, tracciare segni, linee e volti, parlare del mondo e col mondo, e di tutte le creature che con lui, sordomuto, erano in continuo stupendo colloquio attraverso il miracolo della sua arte.
L'incisione del "Timoniere" può considerarsi uno dei suoi capolavori. Molte delle sue incisioni sono oggi nella raccolta della Galleria degli Uffizi di Firenze, e in collezioni private in Italia e all'estero.
Ad Antonio Piccinni (1846-1920), disegnatore, incisore e pittore pugliese
che la critica moderna annovera tra i protagonisti dell'arte ottocentesca, è stata dedicata un'opera, ricchissima di documentazione storica interessante, dal conterraneo Giuseppe Bassi (Antonio Piccini incisore, Schena Editore, 1978) che ne ricostruisce le alterne fortune -dall'infermità infantile che lo aveva
reso quasi completamente sordomuto, alla morte relativamente precoce – e ne riproduce in appendice svariate opere.
Dopo un'infanzia poco felice, trascorsa a disegnare di tutto, si trasferì a Napoli presso lo studio del pittore tranese Biagio Molinaro e, in quel periodo, sotto la guida di un amico, riacquistò parzialmente la parola e l'udito.
Negli anni Sessanta fu ammesso all'Istituto di Belle Arti di Napoli e si
specializzò nell'incisione, rapidamente evolvendosi dalla tradizionale riproduzione di opere d'arte alla creazione originale, che scaturiva dal suo acutissimo spirito di osservazione.
Nel 1872 vinse un concorso che gli assicurava tre anni di perfezionamento pressol di Belle Arti a Roma, senza peraltro interrompere i rapporti con la napoletana "Società Promotrice delle Belle Arti", che si prefiggeva l'annuale esposizione e commercializzazione di riproduzioni ad acquaforte di quadri a olio scelti dalla Società stessa.
Al Piccinni furono commissionate diverse incisioni che gli valsero un premio, mentre un analogo contratto veniva stipulato con la R. Calcografia, pur dedicandosi l'Artista alla realizzazione di opere di sua creazione.
Nel 1878 la sua fama valicò le alpi e gli consentì di partecipare all'Esposizione Universale di Parigi con svariate opere tra cui 12 acqueforti inedite, riunite in un album intitolato "Souvenirs de Rome", con prefazione di Jules Claretie.
I suoi successi gli valsero il titolo di Professore Onorario dell'Istituto di Belle Arti di Napoli, mentre la "Società Promotrice delle Belle Arti" gli commissionava la riproduzione del suo
quadro L'Avaro, già esposto a Parigi.
Dopo d'allora la sua attività fu incessante e apprezzatissima: partecipò a 45 esposizioni in diversi Paesi mentre opere sue furono acquistate dai Reali d'Italia e di altri Paesi, da Musei e collezionisti variamenti ubicati nel mondo.
I soggetti erano i più disparati, dal paesaggio ai ritratti di eminenti personaggi o del popolo minuto, dalla mitologia alla rappresentazione di stati d'animo o di situazioni emblematiche della condizione umana.
La sua fama era giunta all'ammiraglio G. B. Magnaghi, direttore dell'Istituto Idrografico della Marina, in cerca di artisti valenti che provvedessero all'incisione delle vedute di costa e delle carte nautiche.
Piccinni – il quale ormai aspirava a trovare un impiego sicuro che gli garantisse in futuro una vecchiaia decorosa – fu dunque allettato ad accettare, nel 1889, l'offerta di una convenzione annuale rinnovabile tacitamente: gli si offriva un compenso adeguato, un ufficio personale a Roma, l'imbarco annuale sulla "Washington" durante le campagne idrografiche, al fine di disegnare dal vero le vedute di costa, e l'autorevole posizione di supervisore dei lavori svolti dal personale tecnico dell'Istituto. Era una proposta onorevole e gratificante, ma tuttavia legata all'autorità e alla protezione del Magnaghi, e Piccinni non ne intravide i pericoli.
Dal foglio matricolare- pubblicato nel libro del Bassi, risulta che egli partecipò a quattro campagne, tra il 1890 e il 1895, pur continuando a svolgere l'attività libera con il consueto successo. Nel 1901 gli giunse l'offerta, dal Ministero della Pubblica Istruzione, di entrare a far parte della R. Calcografia, che il Piccini declinò pernon venir meno all'impegno assunto con l'Istituto Idrografico.
Nel 1904 l'ammiraglio Magnaghi passò a miglior vita e dopo qualche contrasto, venuto meno l'appoggio dell'Ammiraglio, il Ministero della Marina comunicò al Piccinni l'intenzione di non rinnovare la convenzione che lo legava all'Istituto Idrografico.
Dopo svariate pressioni dell'Artista – che accampava l'apprezzamento unanime del suo lavoro cartografico e il suo rifiuto di altri incarichi prestigiosi in conseguenza delle assicurazioni espresse nei suoi confronti dall'ammiraglio Magnaghi – il Ministero confermò la revoca della convenzione ma propose al Piccinni l'assunzione al gradino iniziale della scala gerarchica, e quindi una retribuzione modestissima.
Nel 1917 Piccinni fu collocato a riposo d'ufficio con una pensione irrisoria che mal compensava i suoi 25 anni di servizio, e, dopo qualche anno di stenti, morì nel gennaio 1920.
Presso l'Istituto Idrografico della Marina non sono stati individuati documenti riferiti alla sua attività né carte nautiche o vedute di costa che rechino la sua firma.
Sono invece state appena identificate (da Massimo Brancato, IIM, maggio 2005) due sue opere di grafica, per confronto con il recentissimo catalogo Antonio Piccinni incisore, a cura di Fiorani Fabio e Giovanna Scaloni, pubblicato dall'Istituto Nazionale per la Grafica e De Luca Editori d'Arte (Roma, marzo 2005, 141p., ill.) in occasione della mostra sull'incisore, inaugurata a Roma all'Istituto Nazionale per la Grafica il 31 marzo scorso, che ripercorre brevemente le tappe della sua vita e riproduce le incisioni conservate presso quello stesso Istituto.
Una è la stampa intitolata Romolo e Remo, acquaforte e bulino su base fotoincisa, mm 758Å~656, tratta dal dipinto di Rubens presso la Pinacoteca Capitolina, ed eseguita a seguito di concorso bandito dalla Regia Calcografia nel 1889, vinto dal Piccinni (p. 124 del catalogo).
La seconda è un "maschio" in rame (mm 390Å~596 il rame, mm 323Å~522 l'immagine) ottenuto dalla matrice originale dell'elioincisione (fotoincisione ai sali di cromo), firmata "A.Piccinni Roma" e non datata, che rappresenta Umberto I a figura intera.
*Ma a Trani cosa accadrà a cento anni esatti dalla morte di Antonio Piccinni? Concorsi? Mostre? Cataloghi?*
Credo che regnerà come al solito un nero e profondo oblio, un nero così profondo da sprofondarci, un nero che si può ottenere con diverse morsure, con diverse sovrapposizioni di maglie segniche.
Un nero che lega probabilmente il nostro Antonio Piccinni all'olandese Rembrandt Harmenszoon van Rijn, /'rɛmbrɑnt 'hɑrmənsˌzo:n vɑn rɛɪn̯ /, meglio noto semplicemente come Rembrandt (Leida, 15 luglio 1606 – Amsterdam, 4 ottobre 1669).
Vi auguro buone feste, feste sopratutto per gli occhi, per la bellezza e per l'arte.
Vi consiglio di perdervi beatamente nella nuova mostra al Palazzo della Marra "Boldini, l'incantesimo della pittura".
Credo fermamente che l'arte debba essere vissuta quotidianamente e fuori da ogni limite.
Dardo