I luoghi della memoria
Il mercato in città, quella festa del martedì stravissuta
I luoghi della memoria di Giovanni Ronco
sabato 1 febbraio 2020
06.00
Fino a qualche anno fa il mercato settimanale di Trani si teneva sempre, come da tradizione, come oggi, il martedi' mattina, ma nel cuore della città. Gia' dalle prime ore del mattino le vie adiacenti il Corso, risalendo dal rione intorno a San Michele, per tutte le traverse, andando verso nord o verso sud, erano affollate.
Un brusio costante e sempre piu' intenso, continuava a salire sempre piu', indipendentemente dalle condizioni atmosferiche: caldo torrido, tramontana, gelo, umidita', brezza primaverile. Ogni angolo delle strade era occupato da una bancarella. Alcune di queste chiudevano il passaggio di tanti sottani. Mi chiedevo se non raggiungessero un accordo privato, i commercianti, con i proprietari di quelle piccole e umili abitazioni: qualche indumento, oggetto gratis, in cambio dell'occupazione? Mah, chissa'! Dico questo perche' non concepivo come gli stessi abitanti dei sottani, di solito vecchietti tosti venditori a loro volta di frutta, ortaggi e vino, non consentissero poi, in altri momenti delle giornate e delle settimane, di parcheggiare, davanti ai loro ingressi, nemmeno una bicicletta.
Il mercato era un cuore pulsante di vita popolare. Commercianti che s'inventavano di tutto pur di vendere; massaie che attraversavano il mercato come fossero in gita premio. Uomini dalle facce un po' inebetite pronti a seguire le proprie mogli ovunque, cin gare di resistenza d'altri tempi.
Dalle bancarelle si sentiva l'odore delle stoffe, come nei negozi. Stoffe più e meno pregiate si alternavano a scarpe, borse, cinture. A tratti pelle vera, ad altri simil pelle. C'era poi la sezione degli indumenti usati: trovavo impossibile che qualcuno potesse comprare vestiti o, peggio, scarpe, indossati o calzate da altri. Ma l'indigenza di molti portava anche a quello. Mi dissero che quello era il mercato detto "dei polacchi".
Ricordo me bambino trascinato tra le bancarelle in un luogo come il mercato, che solo inizialmente m'entusiasmava, con quella varia umanità che osservavo, ma che ben presto mi annoiava, per la monotonia delle bancarelle.
Per questo ricordo gran parte del tempo passato ad appendermi alla mano di chi mi portava, in quanto volevo solo sfuggire alla presa della mano stessa, per scappare lontano. "Non lasciare mai la mano" era l'undicesimo comandamento che mi veniva impresso nella mente, in quanto in posti affollati, come poteva essere proprio il mercato, un grande rischio per un bambino era quello di perdersi, effettivamente.
Il mercato era un appuntamento fisso per gran parte della popolazione e molti mi spiegavano che chi ci andava doveva essere un buon compratore, uno che sapesse riconoscere l'occasione, non farsi fregare, fare affari. Insomma alla fine pensai che era un luogo dove tante signore, magari non istruite, sostenessero li' il loro esame settimanale di buone donne di casa, capaci di comprare tutto e bene e far quadrare i conti, sapendo anche contrattare.
La scena finale, dopo le 13 e per poche ore, prima dell' intervento degli spazzini, era apocalittica: cartoni, cartacce, imballaggi ovuunque. Anche "quel" martedì era stato "stravissuto". Eravamo pronti gia' per il prossimo, piccola grande festività (laica) della Trani di una volta.
Un brusio costante e sempre piu' intenso, continuava a salire sempre piu', indipendentemente dalle condizioni atmosferiche: caldo torrido, tramontana, gelo, umidita', brezza primaverile. Ogni angolo delle strade era occupato da una bancarella. Alcune di queste chiudevano il passaggio di tanti sottani. Mi chiedevo se non raggiungessero un accordo privato, i commercianti, con i proprietari di quelle piccole e umili abitazioni: qualche indumento, oggetto gratis, in cambio dell'occupazione? Mah, chissa'! Dico questo perche' non concepivo come gli stessi abitanti dei sottani, di solito vecchietti tosti venditori a loro volta di frutta, ortaggi e vino, non consentissero poi, in altri momenti delle giornate e delle settimane, di parcheggiare, davanti ai loro ingressi, nemmeno una bicicletta.
Il mercato era un cuore pulsante di vita popolare. Commercianti che s'inventavano di tutto pur di vendere; massaie che attraversavano il mercato come fossero in gita premio. Uomini dalle facce un po' inebetite pronti a seguire le proprie mogli ovunque, cin gare di resistenza d'altri tempi.
Dalle bancarelle si sentiva l'odore delle stoffe, come nei negozi. Stoffe più e meno pregiate si alternavano a scarpe, borse, cinture. A tratti pelle vera, ad altri simil pelle. C'era poi la sezione degli indumenti usati: trovavo impossibile che qualcuno potesse comprare vestiti o, peggio, scarpe, indossati o calzate da altri. Ma l'indigenza di molti portava anche a quello. Mi dissero che quello era il mercato detto "dei polacchi".
Ricordo me bambino trascinato tra le bancarelle in un luogo come il mercato, che solo inizialmente m'entusiasmava, con quella varia umanità che osservavo, ma che ben presto mi annoiava, per la monotonia delle bancarelle.
Per questo ricordo gran parte del tempo passato ad appendermi alla mano di chi mi portava, in quanto volevo solo sfuggire alla presa della mano stessa, per scappare lontano. "Non lasciare mai la mano" era l'undicesimo comandamento che mi veniva impresso nella mente, in quanto in posti affollati, come poteva essere proprio il mercato, un grande rischio per un bambino era quello di perdersi, effettivamente.
Il mercato era un appuntamento fisso per gran parte della popolazione e molti mi spiegavano che chi ci andava doveva essere un buon compratore, uno che sapesse riconoscere l'occasione, non farsi fregare, fare affari. Insomma alla fine pensai che era un luogo dove tante signore, magari non istruite, sostenessero li' il loro esame settimanale di buone donne di casa, capaci di comprare tutto e bene e far quadrare i conti, sapendo anche contrattare.
La scena finale, dopo le 13 e per poche ore, prima dell' intervento degli spazzini, era apocalittica: cartoni, cartacce, imballaggi ovuunque. Anche "quel" martedì era stato "stravissuto". Eravamo pronti gia' per il prossimo, piccola grande festività (laica) della Trani di una volta.