I luoghi della memoria
La biblioteca nella vecchia sede in piazza Longobardi
Luoghi della memoria di Giovanni Ronco
mercoledì 2 ottobre 2019
Entrare in quelle grandi sale, specie nelle giornate di primavera o estate, quando lo strillo delle rondini era più di un sottofondo, dava la sensazione di essere in un ambiente altro, quasi siciliano, tipico di una descrizione in stile Camilleri. Le sale della biblioteca comunale "Bovio", una volta in piazza Longobardi, erano ricche di storia ma anche di quella luce obliqua e dorata, che prorompeva dai finestroni, che a loro volta davano in parte sulla piazza ed in parte su di un'angusta stradina retrostante.
Quella luce obliqua e dorata, quel tanfo piacevole, non fastidioso, di libri datati e umidità, non riesco proprio a togliermeli dalla testa.
Il tempo sembrava sospeso, come i personaggi che l'abitavano, dai messi, ai lettori silenziosi, al direttore Mario Schirallli, che andavo a salutare nell'ultima stanza, dove c'era il suo ufficio. Per motivi anagrafici non ho avuto modo di conoscere lo storico direttore Bendetto Ronchi, per il quale ci vorrebbe un capitolo a parte.
La prima volta che ci andai, mi accompagnò mio padre, grande appassionato di libri e letture. Non ricordo se per fare la classica ricerca, per la quale bisognava andare seriamente a cercare libri, invece di compulsare un computer o un telefonino e procedere con lo squallido copia e incolla, stampato e portato oggi in dote, sotto il nome di "ricerca". Ma credo che ci sia andato proprio per quello: una ricerca vera, prendendo informazioni e spunti da un libro e da un altro ancora e poi da un altro. C'era questo dolce contrasto tra il silenzio religioso dei lettori e le urla dei fruttivendoli e dei pescivendoli nella piazza sottostante. Che ossimoro, quella biblioteca ammantata da un solenne silenzio laico- religioso e la vita reale pure presente ma proveniente dalla strada, con protagonisti quei personaggi schietti e umili, dotati di possenti voci, poi amplificate da una specie di effetto eco, nelle stanze della biblioteca: la massaia che contratta, il pescivendolo che urla la convenienza del suo pesce, il contadino che si affretta a vendere tutta la cassetta all'ultimo cliente del pomeriggio o della mattinata:" Prenditi tutto e dammi 5 mila lire".
Tutto si sentiva, mentre si leggeva o si cercava o si chiacchierava, a bassa voce, con Mario che aveva sempre una storia da raccontarti, su Trani, sulla sua gioventù, sulle belle ragazze d'una volta, su quel fatto storico dimenticato.
Anche i bibliotecari e gli inservienti sembravano essere usciti da quei libri: un anziano con le maniche tirate su come i tipografi d'una volta, una signora che sembrava sonnecchiare ma alla quale forse nulla sfuggiva e poi loro, i grandi amici: libri di tutte le epoche, classici, per ragazzi, riviste impolverate, libri comunisti ( Marx la faceva da padrone, Gramsci seguiva a ruota) o risalenti al ventennio fascista, con quelle pagine ingiallite e quella grafica marcata. Sarebbe bello un giorno ridare vita a quel luogo, magari come biblioteca storica, di nicchia, solo per bibliofili marci.
Quella luce obliqua e dorata, quel tanfo piacevole, non fastidioso, di libri datati e umidità, non riesco proprio a togliermeli dalla testa.
Il tempo sembrava sospeso, come i personaggi che l'abitavano, dai messi, ai lettori silenziosi, al direttore Mario Schirallli, che andavo a salutare nell'ultima stanza, dove c'era il suo ufficio. Per motivi anagrafici non ho avuto modo di conoscere lo storico direttore Bendetto Ronchi, per il quale ci vorrebbe un capitolo a parte.
La prima volta che ci andai, mi accompagnò mio padre, grande appassionato di libri e letture. Non ricordo se per fare la classica ricerca, per la quale bisognava andare seriamente a cercare libri, invece di compulsare un computer o un telefonino e procedere con lo squallido copia e incolla, stampato e portato oggi in dote, sotto il nome di "ricerca". Ma credo che ci sia andato proprio per quello: una ricerca vera, prendendo informazioni e spunti da un libro e da un altro ancora e poi da un altro. C'era questo dolce contrasto tra il silenzio religioso dei lettori e le urla dei fruttivendoli e dei pescivendoli nella piazza sottostante. Che ossimoro, quella biblioteca ammantata da un solenne silenzio laico- religioso e la vita reale pure presente ma proveniente dalla strada, con protagonisti quei personaggi schietti e umili, dotati di possenti voci, poi amplificate da una specie di effetto eco, nelle stanze della biblioteca: la massaia che contratta, il pescivendolo che urla la convenienza del suo pesce, il contadino che si affretta a vendere tutta la cassetta all'ultimo cliente del pomeriggio o della mattinata:" Prenditi tutto e dammi 5 mila lire".
Tutto si sentiva, mentre si leggeva o si cercava o si chiacchierava, a bassa voce, con Mario che aveva sempre una storia da raccontarti, su Trani, sulla sua gioventù, sulle belle ragazze d'una volta, su quel fatto storico dimenticato.
Anche i bibliotecari e gli inservienti sembravano essere usciti da quei libri: un anziano con le maniche tirate su come i tipografi d'una volta, una signora che sembrava sonnecchiare ma alla quale forse nulla sfuggiva e poi loro, i grandi amici: libri di tutte le epoche, classici, per ragazzi, riviste impolverate, libri comunisti ( Marx la faceva da padrone, Gramsci seguiva a ruota) o risalenti al ventennio fascista, con quelle pagine ingiallite e quella grafica marcata. Sarebbe bello un giorno ridare vita a quel luogo, magari come biblioteca storica, di nicchia, solo per bibliofili marci.