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Eccellenze tranesi e Soft Power: il partire, non il ripartire

Lettera in redazione di Davide Ferro

Riceviamo e volentieri pubblichiamo l'interessante e schietto contributo di un nostro concittadino e lettore, Davide Ferro, munito di uno sguardo cosmopolita, che offre la sua visione e le sue proposte sul rilancio tranese, traendo spunto dall'articolo di due giorni fa di Giovanni Ronco, dedicato all'enoturismo come preziosa risorsa- traino per l'economia locale.

Questa crisi sta facendo riflettere molti miei concittadini, su come prepararsi a ripartire con slancio e vitalità, per promuovere le nostre eccellenze gastronomiche e il nostro patrimonio culturale. Tutto giusto in questa affermazione, peccato che sia errata, perchè a Trani non si è mai partiti.

Partire significa mettersi in movimento, cavalcare le onde della mediaticità, modificare determinati valori, connettersi alla contemporaneità e al suo fluire.

Chi e che cosa non ha permesso e non permette di partire? Quel provincialismo concettuale, che è nell'anima del Sud Italia e a Trani si respira con la stessa aria. Un provincialismo che è molto più di una sorta arretratezza e chiusura, unita ad una certa ingenuità, è un modo di esistere che ideologizza il non controllo delle informazioni culturali, il non voler sentire il rumore dell'espansione veloce che lo circonda, il non voler vedere come si evolve il mondo attorno a sè. Fino a quando la promozione, gli avvenimenti, l'acculturamento, la stessa conoscenza del nostro patrimonio e gli sviluppi per divulgarlo, rimarranno "cosa" locale, il solito e doloso "tra noi e noi", il microscopico stagnante scambiato per protagonismo globale, che per anni è stata l'unica logica tranese, il risultato ha un unica direzione: quella fallimentare, quella di rimanere chiusi nel proprio recinto, mentre cadono le illusioni prospettiche raccontate al vicino di casa o all'assessore di turno, che in quest'epoca è un vero e proprio suicidio.

Alcuni imprenditori locali e giovani creativi tranesi, hanno da tempo avuto il sentore che devono affrettarsi a troncare con questo provincialismo concettule deleterio e affacciarsi al nuovo che avanza, ma purtroppo da soli, senza networks e con le limitazioni territoriali, oltre che la perenne burocrazia casareccia, non si va da nessuna parte.

Come uscirne? Non vorrei usare gli inglesismi, ma se si devono affrontare queste problematiche, senza questo tipo di espressioni, non si va da nessuna parte. Uno dei concetti fondamentali per iniziare a partire è quello di Soft Power.

La Soft Power, nel nostro caso, è l'abilità, sempre più mediatica, di avere il potere di persuadere, convincere, invogliare, consigliare, suggerire, attrarre, diventare interprete e protagonista, tramite risorse quali la "cultura" territoriale e locale; una capacità di saper spingere gli altri a dare prestigio alle nostre varie forme culturali.

Marco Montemagno, esperto di comunicazione, che ogni giorno sul suo canale you tube informa di come "muoversi" nel mondo attuale della promozione comunicativa, indica la direzione: "la Soft Power supera i confini passati e costruisce ponti futuri". In altre parole: il potere di evocare quella nuova seduzione, quella voglia di esperienza, quell'appetito di conoscere, caposaldi del mondo attuale.

La Soft Power è ormai da tempo esplosa in italia, ma a Trani sembra ancora non essere giunto non dico il fragore, ma neanche l'eco.

Il magazine Monocle, una delle riviste internazionali specializzate nell'indagare le varie Soft Power locali, come quelle legate al cibo, alla musica, al design, a tutto il patrimonio artistico e artigianale, è da tempo che ha adocchiato il Sud Italia e la Puglia, indicandola, come altri media del settore, la futura nuova Toscana, territorio che da tempo è in movimento e ha saputo sfruttare la Soft Power in modo corretto.

Qua non stiamo parlando di far vendere il nostro vino nel supermercato romano, o della comparsata della nostra cittadina nel programma pomeridiano, o dell'artista nostrano che espone per i soli concittadini, o del turista soddisfatto dai frutti di mare, dalla passeggiata al porto o dalla foto nei vicoli di Trani vecchia, o peggio, dell'evento "grandioso" fatto da altri, per altri, sfruttando il nostro paesaggio e le nostre risorse, non lasciando nessuna impronta, ma solo la mancia e quel falso prestigio che cade dopo una settimana; tutto buono per le logiche degli anni '80, non per il presente, in un periodo dove sono richieste appunto, le argomentazioni e le dinamiche delle varie Soft Powers per dare un inizio alla costruzione di nuovi percorsi identitari e a nuovi tracciati culturali.

Esempi meridionali che ci devono fare "vergognare" sono presempio il Passito di Pantelleria, ormai ai vertici delle eccellenze italiane nel mondo, non differente dal nostro Moscato, ormai lasciato in secondo piano, buono per le sagre paesane e per il dessert al porto, anche se alcuni imprenditori locali lottano da tempo, con biasimo, per farlo "muovere" (qualcuno ha cercato persino di fare venire giapponesi nelle proprie vigne, consapevole che quella è la strada, senza se e senza ma), per renderlo protagonista; ma anche il Primitivo di Manduria, in bella mostra a Times Square a New York, ed in primo piano al Wine Festival di Tokio.

Il Passito di Pantelleria, il Primitivo di Manduria, hanno creato, negli ultimi quindici anni, networks nazionali ed internazionali, cavalcano la tendenza di eccellenza italiana, aderiscono alle logiche dell'industria culturale, concedono la dimensione esperienziale, si connettono alla nuova "ossessione" del well being che ha un tornaconto, non solo economico, eccezionale.

Nella nostra Puglia, cittadine come Ostuni, ormai hanno varcato i confini nazionali e si apprestano a diventare delle vere e proprie icone e mete permanenti della qualità della vita, tra contemporaneità e tradizione. E che dire del Museo Archeologico Nazionale di Taranto (MArTA) fino a pochi anni fa, un disastro, una vero imbarazzo pugliese ed italiano, che grazie ad un team coraggioso e ad una direttrice pimpante e preparata, con accanto un gruppo di imprenditori locali, sta diventando, e si sta imponendo sulla scena nazionale ed internazionale come eccellenza pugliese? E gli esempi potrebbero continuare.

A Trani serve questa nuova visione, ma prima di tutto serve accettarla, studiarla e digerirla, cosa non facile. Purtroppo richiede anche la coesione, il senso di comunità e la nuova professionalità, per non parlare della volontà di affacciarsi al mondo, concetti quotidianamente abusati e svuotati della loro essenza, che a non molti, come me, fa venire il mal di pancia, quando non utilizzati ed adoperati per le nostre eccellenze, la nostra vera identità. Auspicando sinceramente ad un cambio di rotta, Oh ! scusate, per ora, ad una partenza.

Davide Ferro

  • economia
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