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Il ricordo di Monsignor Savino Giannotti nelle parole di Pasquale De Toma
«Sapeva farsi amare da tutti, essere interessante e mettere tutti a proprio agio»
giovedì 4 luglio 2019
1.05
Mi mancherà don Savino. E mancherà a tutti coloro che hanno avuto il bene di incrociarlo anche solo per poco nella propria vita. Del suo sorriso siamo già tutti orfani e sento tante voci da ieri che lo ricordano e ne provano già nostalgia. Perché il sorriso di don Savino andava ben oltre la cortesia: era intessuto di una complicità confidenziale con ognuna delle persone che aveva avuto il bene di incrociarlo nella vita. Come dire: "io e te ci capiamo, mantieniti forte che vedrai le cose si sistemeranno! E comunque io sono dalla tua parte , con la preghiera e con l'azione, ovunque possa". Già, un sorriso che metteva coraggio e speranza Come quello dei veri amici. Che si trasformava in piglio e fuoco di fronte alle ingiustizie, alle cose che non andavano come dovevano.
Innamorato di trani, della sua storia, di San Nicolino cui ha dedicato tanto studio, del suo dialetto, con cui sapeva intercalare in modo appropriato discorsi filosofici e le chiacchiere per strada, ma che soprattutto gli consentiva di comunicare come pochi con tutti i suoi parrocchiani, i più disagiati, i più ai margini. Uno zelo di buon pastore che dovrebbe essere di esempio per tutti noi, già, anche noi amministratori, perché anche un sacerdote come lui, che si dedica a una comunità parrocchiale come ha fatto lui, oltretutto di una periferia a tratti difficile, dimostra cosa debba essere la buona politica.
Frequentava da alcuni anni la casa dei miei genitori ed era sempre una festa averlo a casa, anche per mia figlia e le mie nipoti perché sapeva farsi amare da tutti e soprattutto essere interessante per tutti, capace di intelaiare dialoghi e di non far sentire nessuno a disagio. Gli piaceva mangiare le cose semplici, sempre più semplici con l'avanzare del suo male sul quale sapeva fare ironia come si trattasse di un inquilino invadente e inopportuno con cui doveva far buon viso a cattivo gioco e conviverci. Ci ha trasmesso la leggerezza del vivere, quella della vera intensità, come scriveva Italo Calvino: che non è superficialità, è planare le cose dall'alto. Da quell'alto dove continueremo a sentirlo vicino, da quel cielo sulla cattedrale di Trani che resterà per sempre impastato del suo sorriso.
Pasquale De Toma
Innamorato di trani, della sua storia, di San Nicolino cui ha dedicato tanto studio, del suo dialetto, con cui sapeva intercalare in modo appropriato discorsi filosofici e le chiacchiere per strada, ma che soprattutto gli consentiva di comunicare come pochi con tutti i suoi parrocchiani, i più disagiati, i più ai margini. Uno zelo di buon pastore che dovrebbe essere di esempio per tutti noi, già, anche noi amministratori, perché anche un sacerdote come lui, che si dedica a una comunità parrocchiale come ha fatto lui, oltretutto di una periferia a tratti difficile, dimostra cosa debba essere la buona politica.
Frequentava da alcuni anni la casa dei miei genitori ed era sempre una festa averlo a casa, anche per mia figlia e le mie nipoti perché sapeva farsi amare da tutti e soprattutto essere interessante per tutti, capace di intelaiare dialoghi e di non far sentire nessuno a disagio. Gli piaceva mangiare le cose semplici, sempre più semplici con l'avanzare del suo male sul quale sapeva fare ironia come si trattasse di un inquilino invadente e inopportuno con cui doveva far buon viso a cattivo gioco e conviverci. Ci ha trasmesso la leggerezza del vivere, quella della vera intensità, come scriveva Italo Calvino: che non è superficialità, è planare le cose dall'alto. Da quell'alto dove continueremo a sentirlo vicino, da quel cielo sulla cattedrale di Trani che resterà per sempre impastato del suo sorriso.
Pasquale De Toma