Inbox
Troppe imprese funebri, dopo la sentenza del Tar ecco la replica dell'ultima arrivata
L'impresa Lombardi: «Trani unico Comune d’Italia con un regolamento obsoleto»
mercoledì 2 maggio 2018
7.44
Il "caso": Una disputa tra imprese funebri è costata alle tasche del Comune di Trani 2mila euro. Le imprese Cassese, Delfini e Pappalettera hanno presentato ricorso al Tar nei confronti della neo "Lombardi servizi funebri", chiedendo, in particolare, l'annullamento dell'autorizzazione all'esercizio. La controinteressata e il Comune si sono costituiti in giudizio. Per il trio, in base alla popolazione residente nel Comune di Trani, il numero di imprese funebri non può essere superiore a tre.
Il Tar, così si legge ufficialmente nella sentenza, ha giudicato il ricorso «fondato». Si riporta testo integrale: «Le ricorrenti deducono: violazione del regolamento comunale di polizia mortuaria in quanto in base alla popolazione residente il numero di imprese non può essere superiore a tre; oltretutto l'autorizzazione è stata rilasciata sulla base di una mera scia, senza la presentazione di apposita istanza al Comune; omessa preventiva acquisizione da parte del Comune della comunicazione antimafia; omessa istruttoria in relazione al possesso dell'autorizzazione di polizia ex art. N. 00180/2018 REG.RIC. 115 Tulps e violazione delle norme imposte dal regolamento comunale per il rilascio dell'autorizzazione».
Carmela Lombardi, titolare della Lombardi Servizi Funebri, tuttavia, ha così replicato: Sono ancora tre. Solo perché nell'unico Comune d'Italia ancora oggi un regolamento obsoleto e annullato a suo tempo dal commissario prefettizio non consente la libera professione, la libera concorrenza in un settore quale quello funebre oramai libero da vincoli pur nel rispetto delle leggi in vigore. Perché è sempre patrocinato da pseudo politici incollati alla poltrona comunale e mai a favore di chi investe nel proprio territorio.
Chi scrive è la titolare dell'impresa funebre che nel dicembre ultimo scorso ha finalmente ricevuto l'autorizzazione all'esercizio dopo aver atteso oltre dieci mesi l'iter burocratico da parte del Comune di Trani, altro che scia. Dopo aver presentato un'infinità di documenti, aver effettuato corsi di formazione, investito in strutture adeguate a tutte le normative vigenti, i mezzi per il lavoro a norma, i tre concorrenti sentono rotto un equilibrio ricorrendo al Tar fondando il tutto sul documento mancante che è stato richiesto oltre un anno addietro e che, guarda caso, lo stesso comune non riusciva a ricevere e che sino ad ora non ha. Bastava solo richiederlo all'ente preposto, pigiare un tasto sul computer ma qualcuno lo ha impedito sino ad arrivare co certezza alla revoca dell'autorizzazione.
Ora mi chiedo… i tre moschettieri hanno una certificazione antimafia o per loro il fatidico tasto sul computer ha funzionato? I ricoveri dei mezzi sono a norma con le prescrizioni della legge regionale e Asl o li tengono nei box sotto le proprie attività? Le sale espositive sono accessibili a tutti o bisogna munirsi di scivoli o montacarichi? Sono in possesso di certificati di destinazione urbanistica per i loro locali considerando che hanno gradini per salire o scendere nei loro esercizi in barba a qualsiasi legge sulle barriere architettoniche? E i clienti che non possono accedervi che fanno? Forse concludono le trattative di affari in altri luoghi…
Avrei potuto autocertificarlo il famoso documento antimafia come la legge prevede, ma ossequiosa della stessa ho atteso inutilmente. Ora mi viene revocata l'autorizzazione all'esercizio da parte del comune perché non il fatidico documento che lo stesso comune non mi ha consegnato. Vero, ho rotto un equilibrio tra le tre imprese. Ma quale equilibrio? Usare questo termine aprirebbe se solo si volesse interpretarlo, una vera e sana verifica da parte di chi è preposto ai controlli amministrativi, sanitari, urbanistici e non ultimo di polizia.
Sono tutte in regola? Rientrano tutte nell'ultima legge regionale? Sono in regola con l'abbattimento delle barriere architettoniche? Hanno certificati antimafia? Hanno dipendenti assunti in regola con le prescrizioni assicurative e previdenziali o di volta in volta trovano per strada il personale? Possono decidere se il numero dell'imprese sia tre? Tre… un numero perfetto…
Il Tar, così si legge ufficialmente nella sentenza, ha giudicato il ricorso «fondato». Si riporta testo integrale: «Le ricorrenti deducono: violazione del regolamento comunale di polizia mortuaria in quanto in base alla popolazione residente il numero di imprese non può essere superiore a tre; oltretutto l'autorizzazione è stata rilasciata sulla base di una mera scia, senza la presentazione di apposita istanza al Comune; omessa preventiva acquisizione da parte del Comune della comunicazione antimafia; omessa istruttoria in relazione al possesso dell'autorizzazione di polizia ex art. N. 00180/2018 REG.RIC. 115 Tulps e violazione delle norme imposte dal regolamento comunale per il rilascio dell'autorizzazione».
Carmela Lombardi, titolare della Lombardi Servizi Funebri, tuttavia, ha così replicato: Sono ancora tre. Solo perché nell'unico Comune d'Italia ancora oggi un regolamento obsoleto e annullato a suo tempo dal commissario prefettizio non consente la libera professione, la libera concorrenza in un settore quale quello funebre oramai libero da vincoli pur nel rispetto delle leggi in vigore. Perché è sempre patrocinato da pseudo politici incollati alla poltrona comunale e mai a favore di chi investe nel proprio territorio.
Chi scrive è la titolare dell'impresa funebre che nel dicembre ultimo scorso ha finalmente ricevuto l'autorizzazione all'esercizio dopo aver atteso oltre dieci mesi l'iter burocratico da parte del Comune di Trani, altro che scia. Dopo aver presentato un'infinità di documenti, aver effettuato corsi di formazione, investito in strutture adeguate a tutte le normative vigenti, i mezzi per il lavoro a norma, i tre concorrenti sentono rotto un equilibrio ricorrendo al Tar fondando il tutto sul documento mancante che è stato richiesto oltre un anno addietro e che, guarda caso, lo stesso comune non riusciva a ricevere e che sino ad ora non ha. Bastava solo richiederlo all'ente preposto, pigiare un tasto sul computer ma qualcuno lo ha impedito sino ad arrivare co certezza alla revoca dell'autorizzazione.
Ora mi chiedo… i tre moschettieri hanno una certificazione antimafia o per loro il fatidico tasto sul computer ha funzionato? I ricoveri dei mezzi sono a norma con le prescrizioni della legge regionale e Asl o li tengono nei box sotto le proprie attività? Le sale espositive sono accessibili a tutti o bisogna munirsi di scivoli o montacarichi? Sono in possesso di certificati di destinazione urbanistica per i loro locali considerando che hanno gradini per salire o scendere nei loro esercizi in barba a qualsiasi legge sulle barriere architettoniche? E i clienti che non possono accedervi che fanno? Forse concludono le trattative di affari in altri luoghi…
Avrei potuto autocertificarlo il famoso documento antimafia come la legge prevede, ma ossequiosa della stessa ho atteso inutilmente. Ora mi viene revocata l'autorizzazione all'esercizio da parte del comune perché non il fatidico documento che lo stesso comune non mi ha consegnato. Vero, ho rotto un equilibrio tra le tre imprese. Ma quale equilibrio? Usare questo termine aprirebbe se solo si volesse interpretarlo, una vera e sana verifica da parte di chi è preposto ai controlli amministrativi, sanitari, urbanistici e non ultimo di polizia.
Sono tutte in regola? Rientrano tutte nell'ultima legge regionale? Sono in regola con l'abbattimento delle barriere architettoniche? Hanno certificati antimafia? Hanno dipendenti assunti in regola con le prescrizioni assicurative e previdenziali o di volta in volta trovano per strada il personale? Possono decidere se il numero dell'imprese sia tre? Tre… un numero perfetto…