La NarraVita

I miei non mi chiamano

Per questa settimana, una puntata straordinaria della NarraVita

Mi perdonerete se per questa puntata della NarraVita non racconterò la storia di un compaesano ma quella di un vicino di casa…

La natura, sappiamo bene, è incontrollabile e irrefrenabile. L'uomo non può nulla contro le sue decisioni che ci travolgono come un fiume che distrugge le dighe con forza violenta. Nascere è una delle esperienze più straordinarie della vita solo che quando sei nato non puoi più nasconderti, perdonatemi il riferimento letterario. Adriana è uno splendido ragazzo capace ancora di emozionarsi, nonostante la vita l'abbia messo a dura prova e nonostante la natura gli abbia tirato uno scherzo non facile da digerire.
La NarraVita di Tommaso
Adriana è Tommaso, roba da matti avrebbe detto la mia amata nonna; roba da matti è il pensiero che attraversa la mente della maggior parte della gente. Ho incontrato Tommaso, perché questo è il suo nome nonostante i suoi documenti siano ancora legati alla sua vecchia vita, un giorno a lavoro. Non ho mai pensato fosse una donna e quando si è presentato timidamente dicendomi il suo nome da donna non nascondo di aver nutrito un certo senso di imbarazzo. Timidamente siamo diventati amici e timidamente poi mi ha detto che potevo chiamarlo Tommaso. E meno male.

Tommaso ha una disforia di genere, ossia un disturbo dell'identità in cui una persona ha una forte e persistente identificazione nel sesso opposto a quello biologico. Questo termine, introdotto nel 1971 da Donald Laub e Norman Fisk indica uno stato che è indipendente dall'orientamento sessuale e non va confuso con esso, infatti una transessuale da maschio a femmina può essere eterosessuale o lesbica, così come un transessuale da femmina a maschio può essere eterosessuale o gay. Ma non è dei termini medici che voglio parlare ma della storia del cambiamento e del potere della diversità che spesso ancora terrorizza.

Sin dalla prima infanzia Tommaso quando ancora era Adriana racconta di sentirsi strano, di sentire una sorta di inquietudine interiore e di nutrire il sogno, o forse la speranza, di svegliarsi un giorno in un corpo da uomo. Mi racconta il momento peggiore della sua vita, quando il giorno della prima comunione ha dovuto mettersi l'abito da sposina, con i capelli ben tirati e la coroncina di rose. Mi racconta il momento drammatico dell'arrivo del ciclo, simbolo di una femminilità non desiderata. Mi racconta il tentativo disperato di essere donna, dell'esasperazione del trucco, di un abbigliamento che ponesse fine a quell'esclusione sociale che lo ha reso vittima dagli anni della scuola media in poi.

Tommaso ha ventuno anni ed una forza disumana, quella forza che non lo ha spinto al suicidio ma al silenzio e allo studio della sua situazione; internet gli ha dato le risposte e la sua mamma amore, perché che sia Tommaso o Adriana, l'amore di una madre non cambia. Mi ha raccontato gli insulti che lo hanno investito come un treno in corsa, mi ha raccontato dei pensieri che si insinuano nella mente che soffre quando ti rivolgi a Dio e gli chiedi di spiegarti perché questo dolore è stato dato a te e non ad un altro, come una malattia. Mi ha raccontato i primi amori, i primi e bizzarri approcci sessuali, la rabbia di avere affianco un uomo e l'incapacità di relazionarsi con una donna che ama una donna.

Mi racconta della necessità di interrompere gli studi perché il conflitto interiore non si confaceva all'attenzione per i libri e mi racconta i sacrifici e la necessità di lavorare per pagare tutte le cure, ormonali e terapeutiche in genere, per affrontare il passaggio da donna ad uomo. Mi racconta del dolore dell'indifferenza di un padre che nell'incapacità di comprendere ti ignora e della vergogna che spesso legge nei suoi occhi e di una madre che funge da paciere in rapporti e relazioni familiari spesso troppo complicate. Mi racconta di quando gli è stato consigliato, nella scelta dei servizi, di usare il bagno dei portatori di handicap. Ma qual è il suo devo ancora capirlo.

Spinta dalla curiosità gli ho chiesto come lo chiamassero tra le mura di casa, quando sei figlio e non uomo o donna e mi ha risposto con un sorriso amaro: "I miei non mi chiamano!". Tommaso ha sopportato grandi offese e molto dolore ma ancora ha la forza di sorridere e dire che non ha nulla da nascondere e spesso alle offese risponde con una foga che è tutta maschile. Mi piace di lui la serenità con cui si racconta, la stessa con cui mi dice che è felice e che il suo sogno è di amare una donna che lo ami e farsi una famiglia ma soprattutto mi ha colpito il sorriso con cui è uscito dal bagno e mi ha detto: "Stasera sono proprio figo!". Molto bello. Bellissimo.
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