La NarraVita
L'odore della Pietra
Le storie di oggi che possono cambiare il domani: Michele Storelli
venerdì 28 agosto 2015
7.43
Storie di vita esemplari, storie che cambiano la vita di chi si ferma ad ascoltarle, storie che ogni uomo dovrebbe prendere a modello e farne tesoro e su questo esempio costruire la propria vita. Ulisse e Achille, i grandi re di Roma, poeti, scrittori e intellettuali, teologi, filosofi e poi i lavoratori, quelli veri, quelli che sono partiti dal nulla per avere tutto.
Michele Storelli, classe '36. Questa è la storia di un amore. Un amore tra un uomo e la pietra. Non un uomo qualsiasi. Un uomo che ha sfidato le sorti, si è fidato del suo intuito e si è tuffato nel vuoto, senza paura. Dice di non aver mai avuto paura, forse perché anche se questo lungo salto fosse finito, lui sarebbe stato felice, fiero aver vissuto appieno la sua vita.
Una storia, una vita e un carattere ammirabili mettono sempre un po' di tensione quando si incontrano di persona. Non si sa mai cosa ci si può aspettare da personaggi di tale fattura. Gente che ha avuto il merito e la fortuna di aver avuto dalla vita quello che ha chiesto. Un uomo bonario e affabile, accompagnato dalla sua estroversa e vitale moglie, che ti accoglie in casa come una cara nipote, probabilmente spiazzano ben di più rispetto a qualcuno che si autocelebra e si mostra pieno di sé. Spiazza completamente nel momento in cui l'uomo si apre e si dimostra umano mostrando tutta la sua fragilità, emozionandosi nel ricordare le battaglie perse e le guerre vinte.
Figlio di diverse generazioni di cavatori è cresciuto nelle cave dove ha ereditato questo amore per la pietra. Un legame imprescindibile che lo lega fin da bambino, dal primo momento in cui è entrato in una cava. Contro i suoi sogni però, un altro tipo amore. Quello di suo padre, un genitore che lo avrebbe voluto calzolaio per risparmiargli un mestiere troppo duro, una vita di fatiche e sforzi, ma si sa che niente è più faticoso di qualcosa che non si vuole fare, anche se si vogliono spostare pietre grandi come montagne. Così nel 1952 a soli 16 anni questo giovane cavatore si opera di ernia inguinale. È solo un momento come tanti altri e lo racconta senza soffermarsi, senza nemmeno incrinare la voce. Qualcosa di poco conto, almeno per lui. Sono ben altre le cose che lo amareggiano e che al tempo l'hanno portato ad allontanarsi da Trani (BT), da una madre che spende i suoi guadagni, frutto di un'adolescenza che sa di polvere. Polvere di biancone e serpeggiante.
Una delusione che lo spinge a partire e a lavorare ad Apricena (FG). Qui il giovane cavatore lavora sodo e si fa valere. Passano due anni e quando torna a Trani per un piccolo intervento, il caso vuole che gli offrano di lavorare come conduttore di cava. Accetta, ma non è l'offerta ricevuta a determinare la sua scelta, quanto l'occasione di riavvicinarsi alla sua donna. Trascorre velocemente un periodo di lavoro di otto anni abbastanza tranquilli terminati con una liquidazione ridicola e umiliante. Un'altra delusione, un'altra battaglia persa e non per mancate capacità.
È un momento di rottura, di rabbia e di promesse: ritornare a lavorare in cava a una sola condizione. Comprare dei terreni in modo da avviare e gestire una propria attività in maniera indipendente ed autonoma. Puntare tutto sulle capacità e sull'esperienza, sulla voglia di fare e di rinascere. È questo forse il periodo più avventuroso, in cui il giovane cavatore diventa un pioniere della pietra ed infatti sono questi i ricordi che accendono qualcosa di diverso ed energico nello sguardo di questo visionario. A tratti, sbatte addirittura le mani sul tavolo sottolineando che il tempo gli ha dato ragione ogni volta che ha fiutato l'odore della pietra nascosta sotto un terreno. Dice che ne sentiva l'odore e poteva intuire come il suo oro bianco si estendeva in profondità. È questa probabilmente la cosa che più gli è rimasta impressa e anche quella a cui non riesce a dare una spiegazione, la sua poesia più vera.
A tutto questo deve la sua fortuna e quella della sua famiglia, non un rimpianto e la soddisfazione di aver fatto il massimo e che non sarebbe riuscito a fare di più.
A volte il caso fa scherzi strani e alla radio passa una canzone di Don Backy: "L'immensità". Michele si blocca per un attimo. Non riesce a trattenere le lacrime né tanto meno a parlare. Più tardi ci spiegherà che nel '67 per portare a termine una grande consegna è stato costretto a scavare e caricare i marmi da solo, di notte, quando gli operai avevano finito di lavorare. Era Don Backy in quei momenti a dargli la forza, con la sua voce mentre cantava "...tutta la vita sempre solo non sarò...".
Questa è la vera storia di Michele Storelli, nato a Trani (BT) dove oggi vive con sua moglie e la sua numerosa famiglia. Una storia fatta di una ricchezza che si è guadagnato piano piano con il sudore e la fatica, il dolore e la sfida, il silenzio e il lavoro. È una storia vera, una storia di amore e di coraggio e forse non esisterebbe se non ci fosse nessuno a poterla raccontare.
Michele Storelli, classe '36. Questa è la storia di un amore. Un amore tra un uomo e la pietra. Non un uomo qualsiasi. Un uomo che ha sfidato le sorti, si è fidato del suo intuito e si è tuffato nel vuoto, senza paura. Dice di non aver mai avuto paura, forse perché anche se questo lungo salto fosse finito, lui sarebbe stato felice, fiero aver vissuto appieno la sua vita.
Una storia, una vita e un carattere ammirabili mettono sempre un po' di tensione quando si incontrano di persona. Non si sa mai cosa ci si può aspettare da personaggi di tale fattura. Gente che ha avuto il merito e la fortuna di aver avuto dalla vita quello che ha chiesto. Un uomo bonario e affabile, accompagnato dalla sua estroversa e vitale moglie, che ti accoglie in casa come una cara nipote, probabilmente spiazzano ben di più rispetto a qualcuno che si autocelebra e si mostra pieno di sé. Spiazza completamente nel momento in cui l'uomo si apre e si dimostra umano mostrando tutta la sua fragilità, emozionandosi nel ricordare le battaglie perse e le guerre vinte.
Figlio di diverse generazioni di cavatori è cresciuto nelle cave dove ha ereditato questo amore per la pietra. Un legame imprescindibile che lo lega fin da bambino, dal primo momento in cui è entrato in una cava. Contro i suoi sogni però, un altro tipo amore. Quello di suo padre, un genitore che lo avrebbe voluto calzolaio per risparmiargli un mestiere troppo duro, una vita di fatiche e sforzi, ma si sa che niente è più faticoso di qualcosa che non si vuole fare, anche se si vogliono spostare pietre grandi come montagne. Così nel 1952 a soli 16 anni questo giovane cavatore si opera di ernia inguinale. È solo un momento come tanti altri e lo racconta senza soffermarsi, senza nemmeno incrinare la voce. Qualcosa di poco conto, almeno per lui. Sono ben altre le cose che lo amareggiano e che al tempo l'hanno portato ad allontanarsi da Trani (BT), da una madre che spende i suoi guadagni, frutto di un'adolescenza che sa di polvere. Polvere di biancone e serpeggiante.
Una delusione che lo spinge a partire e a lavorare ad Apricena (FG). Qui il giovane cavatore lavora sodo e si fa valere. Passano due anni e quando torna a Trani per un piccolo intervento, il caso vuole che gli offrano di lavorare come conduttore di cava. Accetta, ma non è l'offerta ricevuta a determinare la sua scelta, quanto l'occasione di riavvicinarsi alla sua donna. Trascorre velocemente un periodo di lavoro di otto anni abbastanza tranquilli terminati con una liquidazione ridicola e umiliante. Un'altra delusione, un'altra battaglia persa e non per mancate capacità.
È un momento di rottura, di rabbia e di promesse: ritornare a lavorare in cava a una sola condizione. Comprare dei terreni in modo da avviare e gestire una propria attività in maniera indipendente ed autonoma. Puntare tutto sulle capacità e sull'esperienza, sulla voglia di fare e di rinascere. È questo forse il periodo più avventuroso, in cui il giovane cavatore diventa un pioniere della pietra ed infatti sono questi i ricordi che accendono qualcosa di diverso ed energico nello sguardo di questo visionario. A tratti, sbatte addirittura le mani sul tavolo sottolineando che il tempo gli ha dato ragione ogni volta che ha fiutato l'odore della pietra nascosta sotto un terreno. Dice che ne sentiva l'odore e poteva intuire come il suo oro bianco si estendeva in profondità. È questa probabilmente la cosa che più gli è rimasta impressa e anche quella a cui non riesce a dare una spiegazione, la sua poesia più vera.
A tutto questo deve la sua fortuna e quella della sua famiglia, non un rimpianto e la soddisfazione di aver fatto il massimo e che non sarebbe riuscito a fare di più.
A volte il caso fa scherzi strani e alla radio passa una canzone di Don Backy: "L'immensità". Michele si blocca per un attimo. Non riesce a trattenere le lacrime né tanto meno a parlare. Più tardi ci spiegherà che nel '67 per portare a termine una grande consegna è stato costretto a scavare e caricare i marmi da solo, di notte, quando gli operai avevano finito di lavorare. Era Don Backy in quei momenti a dargli la forza, con la sua voce mentre cantava "...tutta la vita sempre solo non sarò...".
Questa è la vera storia di Michele Storelli, nato a Trani (BT) dove oggi vive con sua moglie e la sua numerosa famiglia. Una storia fatta di una ricchezza che si è guadagnato piano piano con il sudore e la fatica, il dolore e la sfida, il silenzio e il lavoro. È una storia vera, una storia di amore e di coraggio e forse non esisterebbe se non ci fosse nessuno a poterla raccontare.