La NarraVita
Tutta la vita davanti
Oggi la Narravita racconta le storie dei giovani e delle loro vite
domenica 15 marzo 2015
7.01
Volevo raccontare la storia esemplare di qualche giovane tranese che si è distinto per una qualità, per un'idea innovativa, per una passione, per la capacità di farsi strada in una città di strade diroccate e piene di buche. Poi ieri sera sono andata a fare un giro con l'amico di sempre, a bere una birra nel bar di sempre e ci siamo ritrovati a parlare di stipendi dimezzati, di buste paghe gonfiate, di orari di lavoro assurdi e sottopagati ma soprattutto della necessità di lavorare.
Sono tornata a casa e ho deciso che questa puntata di questa rubrica la dedicherò ai giovani, amici e non che fanno un lavoro terribile, retribuito in un modo terribile ma che con questo misero stipendio arrancano per stare al mondo.
Prendi E. laureata in fisioterapia e quindi fisioterapista che lavora in un call center. Prendi M. laureato in ingegneria e quindi ingegnere che lavora in un call center. Prendi T. laureata in giurisprudenza e quindi avvocato che lavora in un call center. Prendi R. laureata in lettere e quindi letterata che lavora in un call center. Contratti da quattro ore al giorno, pagati miseramente. Ore e ore al telefono ad ascoltare lamentele di clienti affamati e arrabbiati che lamentano ogni tipo di problema, che lamentano di non poter pagare le fatture perché lo stipendio è troppo basso e che lo raccontano a loro che dall'altra parte del telefono hanno studiato una vita, sognando una passione che si trasformi in lavoro, un giorno non troppo lontano. Per non parlare di chi lavora nel commerciale di questi call center a provigioni, costretto per lavoro a vendere contratti, carte "svantaggi", brillanti sconti a prezzi imbattibili, costretto a vendersi pure la dignità per lo stipendio.
Questi call center poi sono l'immagine in assoluto del grottesco e tragicomico mondo del precariato italiano, una sorta di psicodramma collettivo. In questi giorni di campagna elettorale molti politici e candidati hanno parlato di prospettive di lavoro nella nostra amata Trani che di possibilità poco sfruttate ne ha innumerevoli. Ci hanno parlato della nostra Trani che deve risorgere grazie alla forza di giovani competenti della nostra città e che deve creare possibilità di sviluppo lavorativo e crescita professionale. Mi pare non stiano parlando di un call center e speriamo non siano le solite chiacchiere da salotto.
Intanto siamo quella che io amo definire una generazione in "the middle of the street" letteralmente "in mezzo alla strada". Una dimensione psicologica. Una dimensione esistenziale. Una generazione che arrangia. Che ci prova. Che inventa. Una generazione che non sa cosa investire se non il proprio talento, che non può sognare perché i sogni sono diventati costosissimi. Siamo una una generazione di strada. Senza moralismi. Senza vittimismi. Una generazione che deve armarsi, ricominciare a vivere delle proprie passioni. L'inferno del precariato questi giovani lo affrontano con lo spirito comico e amaro, unico modo di stare al mondo, con toni tragicomici e grotteschi da commedia nera. In realtà è vita vera, e soprattutto nera.
Sono tornata a casa e ho deciso che questa puntata di questa rubrica la dedicherò ai giovani, amici e non che fanno un lavoro terribile, retribuito in un modo terribile ma che con questo misero stipendio arrancano per stare al mondo.
Prendi E. laureata in fisioterapia e quindi fisioterapista che lavora in un call center. Prendi M. laureato in ingegneria e quindi ingegnere che lavora in un call center. Prendi T. laureata in giurisprudenza e quindi avvocato che lavora in un call center. Prendi R. laureata in lettere e quindi letterata che lavora in un call center. Contratti da quattro ore al giorno, pagati miseramente. Ore e ore al telefono ad ascoltare lamentele di clienti affamati e arrabbiati che lamentano ogni tipo di problema, che lamentano di non poter pagare le fatture perché lo stipendio è troppo basso e che lo raccontano a loro che dall'altra parte del telefono hanno studiato una vita, sognando una passione che si trasformi in lavoro, un giorno non troppo lontano. Per non parlare di chi lavora nel commerciale di questi call center a provigioni, costretto per lavoro a vendere contratti, carte "svantaggi", brillanti sconti a prezzi imbattibili, costretto a vendersi pure la dignità per lo stipendio.
Questi call center poi sono l'immagine in assoluto del grottesco e tragicomico mondo del precariato italiano, una sorta di psicodramma collettivo. In questi giorni di campagna elettorale molti politici e candidati hanno parlato di prospettive di lavoro nella nostra amata Trani che di possibilità poco sfruttate ne ha innumerevoli. Ci hanno parlato della nostra Trani che deve risorgere grazie alla forza di giovani competenti della nostra città e che deve creare possibilità di sviluppo lavorativo e crescita professionale. Mi pare non stiano parlando di un call center e speriamo non siano le solite chiacchiere da salotto.
Intanto siamo quella che io amo definire una generazione in "the middle of the street" letteralmente "in mezzo alla strada". Una dimensione psicologica. Una dimensione esistenziale. Una generazione che arrangia. Che ci prova. Che inventa. Una generazione che non sa cosa investire se non il proprio talento, che non può sognare perché i sogni sono diventati costosissimi. Siamo una una generazione di strada. Senza moralismi. Senza vittimismi. Una generazione che deve armarsi, ricominciare a vivere delle proprie passioni. L'inferno del precariato questi giovani lo affrontano con lo spirito comico e amaro, unico modo di stare al mondo, con toni tragicomici e grotteschi da commedia nera. In realtà è vita vera, e soprattutto nera.