Mazza e panella
C'è l'inchiesta sulle figure apicali, ma senza i nomi
Da Amiu ad Amet, fino al sarto di piazza Plebiscito - Mazza e Panella di Giovanni Ronco
martedì 12 settembre 2017
Non era mai successo, se non ricordo male, negli ultimi anni, che si desse l'annuncio dell'apertura di un'inchiesta (relativa alle assunzioni Amiu) riguardante "figure istituzionali apicali" e però, al tempo stesso, non fossero resi noti i nomi degli indagati. Anche perché, come recitano i maestri del garantismo, un avviso di garanzia non è sinonimo di colpevolezza. Nelle ultime ore della scorsa settimana si erano sparsi i nomi degli indagati, ma non avendo riscontri effettivi (visione e copia dell'atto) nessuno ha potuto pubblicarli.
Gli avvisi di garanzia sono un atto a tutela degli indagati e non capiamo perché si sia deciso di non divulgarli ufficialmente. Questa scelta ha generato un tourbillon di voci, supposizioni e discussioni d'intensità forse uguale, tra l'opinione pubblica, - anche se non supportata dalla testimonianza della stampa- rispetto ad una situazione di notizia esplicita. Insomma tra la gente, tranese, in particolare, si è rispolverato il vecchio passaparola. Stavolta, in questa era politica dalle mille sfaccettature, ci hanno fatto provare l'ebbrezza del salto all'indietro nel passato. A prima del web, a prima delle notizie in tempo reale. In un clima da "M'arrcord", il pregevole volumetto di un anonimo e caro amico, professionista tranese disincantato e lucido nella rievocazione della memoria, che ho avuto l'onore di recensire, la notizia dell' "Inchiesta degli Apicali", ha il merito di averci fatto riscoprire il gusto della conversazione di persona per capire di chi si stesse parlando (molti politici al telefono non amano più parlare, specie in questi casi) dell'indagine vecchio stile, della ricerca della conferma, alzandosi dalle scrivanie (anche se la conferma, per i motivi di cui sopra, non ha potuto portare la prova e quindi la non pubblicazione).
Una scelta anomala rispetto ai tempi ed ai modi della comunicazione odierna, che ci fa tornare indietro ai tempi della Dc, quando negli articoli non veniva mai fuori un nome. Ai tempi della Buoncostume, quando le signorine indagate o arrestate vedevano i nomi secretati; ai tempi dei Promessi Sposi, con l'Innominato che troneggiava nel cuore della storia, ed altri nomi di luoghi e persone che il Manzoni secretava a sua volta con gli asterischi, o almeno così come riportato dalle edizioni scolastiche: ***. Alla fine il centro-destra, in modo ipocrita, dice che non vuol sapere "in modo morboso" i nomi degli indagati, perché forse già li sa e vuole giocare sull'effetto "vedo – non vedo"; i giornalisti sanno ma non pubblicano perché non hanno il "riscontro" scritto (problemi formali che potrebbero generare il solito effetto – minaccia querela, più volte adoperato sul sottoscritto); gli unici a rimanere all'oscuro circa i nomi degli Apicali sono i cittadini, che vedevano negli Apicali stessi, i loro rappresentanti, coloro di cui si fidavano. In questo nuovo clima all'insegna del "secretum" dovremo adattarci? I cittadini, dopo anni di web e notizie date in tempo reale sono ben abituati. Il sottoscritto dovrebbe parlare per allusioni o nomignoli? Non ci sarebbe problema: saremmo abituati. Come ad esempio: se si parla di un imminente concorso interno in Amet, che cosa dovremmo raccontare se cominciamo con la cultura del "secretum"? Un esponente del centro – sinistra, in una conversazione riservata già ci mette in guardia: "Non è che dopo il sarto di Panama, viene fuori pure il sarto di piazza Plebiscito?".
Vai a risolvere questo enigma ora. Io mi rifiuto perché penso che in Amet facciano le cose per bene, quindi respingo già da ora ogni indovinello. Ma tant'è! Siamo nella politica dell'Implicito inaugurata qualche giorno fa. Quindi non indago nemmeno sul sarto. L'effetto è quello sopra raccontato per Amiu: sparisce la notizia, il problema (la stabilità dell'azienda) e resta un gigantesco passaparola ugualmente nocivo su chi siano gli indagati, gli "apicali". Dopo l'Inchiesta sugli "apicali", ecco "il sarto di piazza Plebiscito". Una politica che già era ridotta a fiction malfatta. Ora ritorna pure all'informazione incompleta e "accennata" dei tempi della Dc e del Pci. Ti credo che la buonanima di Bauman, prima di andarsene, stava scrivendo un libro sulla Retrotopia (un'utopia, una condizione esistenziale, che si ricava non più guardando al futuro, ma al passato). A Trani siamo sempre avanti. Anzi indietro.
Gli avvisi di garanzia sono un atto a tutela degli indagati e non capiamo perché si sia deciso di non divulgarli ufficialmente. Questa scelta ha generato un tourbillon di voci, supposizioni e discussioni d'intensità forse uguale, tra l'opinione pubblica, - anche se non supportata dalla testimonianza della stampa- rispetto ad una situazione di notizia esplicita. Insomma tra la gente, tranese, in particolare, si è rispolverato il vecchio passaparola. Stavolta, in questa era politica dalle mille sfaccettature, ci hanno fatto provare l'ebbrezza del salto all'indietro nel passato. A prima del web, a prima delle notizie in tempo reale. In un clima da "M'arrcord", il pregevole volumetto di un anonimo e caro amico, professionista tranese disincantato e lucido nella rievocazione della memoria, che ho avuto l'onore di recensire, la notizia dell' "Inchiesta degli Apicali", ha il merito di averci fatto riscoprire il gusto della conversazione di persona per capire di chi si stesse parlando (molti politici al telefono non amano più parlare, specie in questi casi) dell'indagine vecchio stile, della ricerca della conferma, alzandosi dalle scrivanie (anche se la conferma, per i motivi di cui sopra, non ha potuto portare la prova e quindi la non pubblicazione).
Una scelta anomala rispetto ai tempi ed ai modi della comunicazione odierna, che ci fa tornare indietro ai tempi della Dc, quando negli articoli non veniva mai fuori un nome. Ai tempi della Buoncostume, quando le signorine indagate o arrestate vedevano i nomi secretati; ai tempi dei Promessi Sposi, con l'Innominato che troneggiava nel cuore della storia, ed altri nomi di luoghi e persone che il Manzoni secretava a sua volta con gli asterischi, o almeno così come riportato dalle edizioni scolastiche: ***. Alla fine il centro-destra, in modo ipocrita, dice che non vuol sapere "in modo morboso" i nomi degli indagati, perché forse già li sa e vuole giocare sull'effetto "vedo – non vedo"; i giornalisti sanno ma non pubblicano perché non hanno il "riscontro" scritto (problemi formali che potrebbero generare il solito effetto – minaccia querela, più volte adoperato sul sottoscritto); gli unici a rimanere all'oscuro circa i nomi degli Apicali sono i cittadini, che vedevano negli Apicali stessi, i loro rappresentanti, coloro di cui si fidavano. In questo nuovo clima all'insegna del "secretum" dovremo adattarci? I cittadini, dopo anni di web e notizie date in tempo reale sono ben abituati. Il sottoscritto dovrebbe parlare per allusioni o nomignoli? Non ci sarebbe problema: saremmo abituati. Come ad esempio: se si parla di un imminente concorso interno in Amet, che cosa dovremmo raccontare se cominciamo con la cultura del "secretum"? Un esponente del centro – sinistra, in una conversazione riservata già ci mette in guardia: "Non è che dopo il sarto di Panama, viene fuori pure il sarto di piazza Plebiscito?".
Vai a risolvere questo enigma ora. Io mi rifiuto perché penso che in Amet facciano le cose per bene, quindi respingo già da ora ogni indovinello. Ma tant'è! Siamo nella politica dell'Implicito inaugurata qualche giorno fa. Quindi non indago nemmeno sul sarto. L'effetto è quello sopra raccontato per Amiu: sparisce la notizia, il problema (la stabilità dell'azienda) e resta un gigantesco passaparola ugualmente nocivo su chi siano gli indagati, gli "apicali". Dopo l'Inchiesta sugli "apicali", ecco "il sarto di piazza Plebiscito". Una politica che già era ridotta a fiction malfatta. Ora ritorna pure all'informazione incompleta e "accennata" dei tempi della Dc e del Pci. Ti credo che la buonanima di Bauman, prima di andarsene, stava scrivendo un libro sulla Retrotopia (un'utopia, una condizione esistenziale, che si ricava non più guardando al futuro, ma al passato). A Trani siamo sempre avanti. Anzi indietro.