Mazza e panella
Il Bellini: ieri simbolo di piacere, oggi di dolore
Mazza e panella di Giovanni Ronco
martedì 6 febbraio 2018
12.31
Avevo già messo in conto di occuparmi degli agenti di vigilanza in protesta davanti a Palazzo di città, durante questa settimana, prima ancora che decidessero, come avvenuto ieri, di dare una svolta ancor più estrema alla propria manifestazione permanente. Sono saliti sulla pensilina di quello che ieri fu un simbolo di piacere, seppur malinconico e solitario, in quanto cinema a luci rosse, specie negli ultimi anni di vita della struttura.
Prima ancora adibita a discoteca negli anni '80, nella sua parte sotterranea, poi ancora con la sala stessa utilizzata come discoteca, negli ultimi mesi di vita del locale. Ieri si è tornato a guardare il Bellini, ma come simbolo di dolore, baluardo di protesta a cui aggrapparsi, come ultimo colpo di reni disperato, per farsi notare, per creare un po' di scompiglio nella piazza indifferente della politica e nella calma piatta di istituzioni mute.
Questa gente cerca di riavere indietro un diritto: il suo lavoro. Non cerca soldi o bollette da pagare. Non cerca raccomandazioni o poltrone per assessori da avere in capo a se. Non potevano mettersi dietro la porta del sindaco per ottenere ciò che chiedevano: il rispetto di un diritto. Non avevano la forza d'indire una conferenza stampa con tanto di annuncio a base di manifesti per minacciare l'amministrazione chiedendosi in modo sibillino se "convenisse fermarsi o andare avanti".
Anna Rossi, componente del Comitato "Bene Comune", ci aveva raccontato proprio l'altro ieri, su FB, con un post lucido e spietato nel definire il senso d'impotenza che si sprigionava incontrando questi ex lavoratori, che molti amministratori, nei giorni precedenti, avevano imboccato gli ingressi secondari per evitare sguardi e confronto con quelle persone disperate. Non so se questo le sia stato riferito direttamente dai lavoratori o da terze persone, ma una cosa è certa: oggi il cittadino comune per far valere suoi diritti ed istanze ed essere considerato dalle istituzioni, deve metter su azioni clamorose? Se non è così perché gli amministratori non hanno detto loro, incontrandoli, nei giorni precedenti la salita sul Bellini, quello che hanno dichiarato davanti alle telecamere ieri? E cioè: "Non facciamo pubblicità quando ci muoviamo per risolvere un problema, lavoriamo in silenzio e poi, per sciogliere determinati nodi, tipo questo, c'è bisogno di tempi più o meno lunghi …".
E c'era bisogno di far passare quattro, cinque, sei sette giorni senza incontrali per dire una frase come questa, che è stata pronunciata solo dopo la salita sull'ex cinema e l'intervento dei Vigili del Fuoco, dopo che hanno passato non so quante notti al freddo, con uno di loro che s'è sentito pure male? Poi con le telecamere spiegate ed i microfoni aperti tutto si sblocca più facilmente. Ma dopo la salita sul tetto dell'ormai cadente, malinconica e abbandonata struttura. Uno dei tanti simboli del senso d'indifferenza che regna in questa Trani del 2018.
Prima ancora adibita a discoteca negli anni '80, nella sua parte sotterranea, poi ancora con la sala stessa utilizzata come discoteca, negli ultimi mesi di vita del locale. Ieri si è tornato a guardare il Bellini, ma come simbolo di dolore, baluardo di protesta a cui aggrapparsi, come ultimo colpo di reni disperato, per farsi notare, per creare un po' di scompiglio nella piazza indifferente della politica e nella calma piatta di istituzioni mute.
Questa gente cerca di riavere indietro un diritto: il suo lavoro. Non cerca soldi o bollette da pagare. Non cerca raccomandazioni o poltrone per assessori da avere in capo a se. Non potevano mettersi dietro la porta del sindaco per ottenere ciò che chiedevano: il rispetto di un diritto. Non avevano la forza d'indire una conferenza stampa con tanto di annuncio a base di manifesti per minacciare l'amministrazione chiedendosi in modo sibillino se "convenisse fermarsi o andare avanti".
Anna Rossi, componente del Comitato "Bene Comune", ci aveva raccontato proprio l'altro ieri, su FB, con un post lucido e spietato nel definire il senso d'impotenza che si sprigionava incontrando questi ex lavoratori, che molti amministratori, nei giorni precedenti, avevano imboccato gli ingressi secondari per evitare sguardi e confronto con quelle persone disperate. Non so se questo le sia stato riferito direttamente dai lavoratori o da terze persone, ma una cosa è certa: oggi il cittadino comune per far valere suoi diritti ed istanze ed essere considerato dalle istituzioni, deve metter su azioni clamorose? Se non è così perché gli amministratori non hanno detto loro, incontrandoli, nei giorni precedenti la salita sul Bellini, quello che hanno dichiarato davanti alle telecamere ieri? E cioè: "Non facciamo pubblicità quando ci muoviamo per risolvere un problema, lavoriamo in silenzio e poi, per sciogliere determinati nodi, tipo questo, c'è bisogno di tempi più o meno lunghi …".
E c'era bisogno di far passare quattro, cinque, sei sette giorni senza incontrali per dire una frase come questa, che è stata pronunciata solo dopo la salita sull'ex cinema e l'intervento dei Vigili del Fuoco, dopo che hanno passato non so quante notti al freddo, con uno di loro che s'è sentito pure male? Poi con le telecamere spiegate ed i microfoni aperti tutto si sblocca più facilmente. Ma dopo la salita sul tetto dell'ormai cadente, malinconica e abbandonata struttura. Uno dei tanti simboli del senso d'indifferenza che regna in questa Trani del 2018.