Mazza e panella
Lavoro nero, nessuno ne parla nella politica porno parassita
Mazza e panella, di Giovanni Ronco
martedì 7 novembre 2017
Voi non immaginate che voglia avrei, come giornalista, di smettere d'occuparmi delle beghe del partito Democratico o di Forza Italia e di buttare sul tavolo dei problemi veri per la cittadinanza. Credo però che, d'altro canto, il diritto – dovere d'informare i cittadini, debba tenerli aggiornati anche sulle malefatte, sui vizi e sulle virtù di chi sono scelti per farsi governare, farsi rappresentare. Quindi parlare di quella roba lì non è tanto una scelta, quanto un obbligo morale.
Giorni fa ho partecipato, nell'ambito dei corsi di formazione per i giornalisti, pubblicisti compresi, ad un interessante incontro organizzato dalla GCIL per parlare del fenomeno del lavoro nero. Credo che per quel che riguarda la nostra realtà, in vari ambiti, sia un fenomeno quasi completamente occultato. In una realtà ristretta, locale, finanche regionale, sarebbe un rischio occuparsene, perché temo che si andrebbe a "molestare" un cane che dorme, ossia si vada contro gli interessi di tante realtà economiche, troppe, anche fra quelle che hanno aderenze col mondo della comunicazione, anche solo a livello di conoscenze e sponsorizzazioni. Viste poi le tante marchette che il giornalismo opera verso soggetti piccoli, medi e grandi, una giustificazione in più si trova sempre. Evidentemente molti di quei soggetti attuano il gioco sporco del lavoro nero.
Molti hanno ragione a dire che i problemi veri che ci riguardano non sono le beghe da cortile del partito Democratico, ma non dovrebbe forse venire da lì una classe dirigente in grado di combattere problemi come quello del lavoro? A cominciare dal lavoro nero? Quante riunioni di partiti oggi affrontano queste tematiche? Quanta rappresentatività è rimasta nei vertici dei partiti, da parte d' individui capaci di affrontare le politiche del lavoro? Quante ore sono impiegate dai componenti dei partiti a parlare di spartizioni, nomine, persone da mettere "in capo a", giornalisti scomodi, organizzazioni d'inutili e poco produttivi congressi?
Il lavoro è ormai derubricato a tema riguardante il singolo politico, nel senso che ognuno pensa ad assicurarsi il proprio posto di lavoro, la propria poltrona, il proprio stipendio. Quante famiglie hanno padri che pur di lavorare accettano condizioni – capestro, senza garanzie, senza contributi, a nero? In vent'anni di consigli comunali non ho quasi mai sentito parlare di politiche del lavoro, di tutela dei lavoratori; ogni tanto c'è qualche provvedimento, spesso, col tempo mortificato dai tagli o annegato nel clientelismo.
Ultimamente un nostro lettore, cittadino tranese, poi costretto ad emigrare all'estero, ci raccontava delle lungaggini e dei rinvii per ottenere delle ore di lavoro al Comune di Trani- lui ed altri interessati erano disoccupati-, con pagamento che sarebbe avvenuto attraverso buoni spesa. Il concittadino aveva avuto promesse dalla fine di questa estate. Alla fine del mese scorso è andato all'estero con costo della vita altissimo, cibo scarso, di conseguenza, per poter mandare danaro a casa e dormite in una specie di topaia, laddove, nel primo domicilio poi lasciato, gli era stato riservato, a pagamento ovviamente, una stanza con copriletto macchie bianche di svariata natura. E qui stiamo ancora al sindaco costretto a bofonchiare: "Se i consiglieri non si mettono d'accordo sul rimpasto, farò di testa mia". Ecco bravo, sarebbe meglio; così poi forse si passa ad affrontare i veri problemi, tipo quelli che avete letto sopra. Tanto non mi sembra che nel recente passato gli assessori segnalati dai consiglieri abbiano fatto la differenza, come suol dirsi.
Tanto vale che il sindaco si muova e proceda, con gente seria e soprattutto produttiva ad arginare le due emergenze del nostro territorio: ambiente e lavoro. Temi che credo debba subito affrontare, dal punto di vista del richiamo e dell'indirizzo morale, anche il nuovo vescovo Leonardo D'Ascenzo, cui faccio gli auguri; lavoro e ambiente, pane e salute contro le dispute sui presidenti e sugli assessori, sulle poltrone da preservare o conquistare, una masturbazione infinita coi dvd della politica porno parassita.
Giorni fa ho partecipato, nell'ambito dei corsi di formazione per i giornalisti, pubblicisti compresi, ad un interessante incontro organizzato dalla GCIL per parlare del fenomeno del lavoro nero. Credo che per quel che riguarda la nostra realtà, in vari ambiti, sia un fenomeno quasi completamente occultato. In una realtà ristretta, locale, finanche regionale, sarebbe un rischio occuparsene, perché temo che si andrebbe a "molestare" un cane che dorme, ossia si vada contro gli interessi di tante realtà economiche, troppe, anche fra quelle che hanno aderenze col mondo della comunicazione, anche solo a livello di conoscenze e sponsorizzazioni. Viste poi le tante marchette che il giornalismo opera verso soggetti piccoli, medi e grandi, una giustificazione in più si trova sempre. Evidentemente molti di quei soggetti attuano il gioco sporco del lavoro nero.
Molti hanno ragione a dire che i problemi veri che ci riguardano non sono le beghe da cortile del partito Democratico, ma non dovrebbe forse venire da lì una classe dirigente in grado di combattere problemi come quello del lavoro? A cominciare dal lavoro nero? Quante riunioni di partiti oggi affrontano queste tematiche? Quanta rappresentatività è rimasta nei vertici dei partiti, da parte d' individui capaci di affrontare le politiche del lavoro? Quante ore sono impiegate dai componenti dei partiti a parlare di spartizioni, nomine, persone da mettere "in capo a", giornalisti scomodi, organizzazioni d'inutili e poco produttivi congressi?
Il lavoro è ormai derubricato a tema riguardante il singolo politico, nel senso che ognuno pensa ad assicurarsi il proprio posto di lavoro, la propria poltrona, il proprio stipendio. Quante famiglie hanno padri che pur di lavorare accettano condizioni – capestro, senza garanzie, senza contributi, a nero? In vent'anni di consigli comunali non ho quasi mai sentito parlare di politiche del lavoro, di tutela dei lavoratori; ogni tanto c'è qualche provvedimento, spesso, col tempo mortificato dai tagli o annegato nel clientelismo.
Ultimamente un nostro lettore, cittadino tranese, poi costretto ad emigrare all'estero, ci raccontava delle lungaggini e dei rinvii per ottenere delle ore di lavoro al Comune di Trani- lui ed altri interessati erano disoccupati-, con pagamento che sarebbe avvenuto attraverso buoni spesa. Il concittadino aveva avuto promesse dalla fine di questa estate. Alla fine del mese scorso è andato all'estero con costo della vita altissimo, cibo scarso, di conseguenza, per poter mandare danaro a casa e dormite in una specie di topaia, laddove, nel primo domicilio poi lasciato, gli era stato riservato, a pagamento ovviamente, una stanza con copriletto macchie bianche di svariata natura. E qui stiamo ancora al sindaco costretto a bofonchiare: "Se i consiglieri non si mettono d'accordo sul rimpasto, farò di testa mia". Ecco bravo, sarebbe meglio; così poi forse si passa ad affrontare i veri problemi, tipo quelli che avete letto sopra. Tanto non mi sembra che nel recente passato gli assessori segnalati dai consiglieri abbiano fatto la differenza, come suol dirsi.
Tanto vale che il sindaco si muova e proceda, con gente seria e soprattutto produttiva ad arginare le due emergenze del nostro territorio: ambiente e lavoro. Temi che credo debba subito affrontare, dal punto di vista del richiamo e dell'indirizzo morale, anche il nuovo vescovo Leonardo D'Ascenzo, cui faccio gli auguri; lavoro e ambiente, pane e salute contro le dispute sui presidenti e sugli assessori, sulle poltrone da preservare o conquistare, una masturbazione infinita coi dvd della politica porno parassita.