Riscoprendo Trani
Storia e Misteri di San Giacomo
Una delle più importanti chiese di Trani
martedì 3 maggio 2011
Una delle più importanti chiese di Trani è Santa Maria de Russis, meglio conosciuta come San Giacomo. La data di fondazione della chiesa è tuttora incerta, ma si colloca tra la fine dell'XI e la metà del XII secolo. La credenza popolare tranese vorrebbe identificare questa chiesa prima Cattedrale di Trani e primo luogo di sepoltura del patrono San Nicola il pellegrino. In epoca molto recente, infatti, fu posto il bassorilievo del santo nella presunta tomba.
Contrariamente a questa credenza, San Giacomo non è stata la tomba di San Nicola pellegrino, né tantomeno la prima chiesa di Trani. Con l'arrivo dei Normanni, le varie crociate, i frequenti pellegrinaggi che vedevano i porti pugliesi come punti di partenza per la terra santa, i floridi scambi commerciali e culturali, crearono, tra la fine dell'XI e l'inizio del XII secolo, le condizioni per il fiorire del cosiddetto Romanico pugliese. Trani, così come tutta la Puglia, fu costellata di cantieri di edifici religiosi, tra cui la Cattedrale, l'abbazia di Ognissanti e la chiesa di Santa Maria de Russis.
Ora si trova seminascosta in una stradina della Trani più antica. All'epoca della sua fondazione, invece, era situata a vista, al fianco di una delle quattro porte della città: porta Vetere. Da quella porta entrava non solo chi veniva da Barletta, ma tutti quelli che arrivavano da nord, compresi i pellegrini che scendevano dalla grotta dell'Arcangelo Michele sul Gargano ed arrivavano a Trani per imbarcarsi per la terra santa. Ad uscire da quella porta erano invece i contadini tranesi diretti alle proprie terre. Soprattutto per loro era utile volgere lo sguardo alla facciata della chiesa.
Chiunque di noi, si sia fermato ad ammirare l'edificio, si sarà certamente accorto delle numerose sculture che costellano la sua facciata, divise su tre file: figure umane, animali e mostruose. Nella fila più in basso, invece, sono raffigurati i mesi dell'anno, che nel Medioevo venivano rappresentati soprattutto con i mestieri agricoli che si svolgevano durante l'anno. C'era quindi una doppia funzione: ricordare ai contadini la periodicità dei lavori che andavano a svolgere, ma anche elevare a dignità superiore il lavoro manuale dei più umili. Calendari in pietra del genere ci sono a Parma, Verona, Modena e Pisa e non ce ne sono nel meridione. L'unico, famoso in Puglia, è quello del Duomo di Otranto, ma è un mosaico. Il motivo per cui ci si è dimenticati dell'esistenza del calendario tranese è che le sculture rappresentative dei mesi, nei secoli, sono state spostate ed ora non sono più in ordine. Prestando attenzione si possono chiaramente riconoscere marzo (il cavaspina), giugno (il mietitore), agosto (il vendemmiatore), ottobre (i buoi con l'aratro) e via via tutti gli altri, sulla scorta dei riferimenti degli altri calendari.
Fino a pochi decenni orsono, alla destra del portale era visibile un affresco seicentesco che rappresenta una Madonna con bambino, tradizionalmente ritenuta l'immagine miracolosa alla quale i tranesi sarebbero ricorsi per allontanare dalla città un orso rintanatosi nella chiesa. Ad impreziosire la facciata vi è uno splendido portale. Quest'ultimo rappresenta un significato che si legge attraverso le sculture. I due elefanti, monchi di proboscide e delle zampe anteriori, che si trovano ai lati del portale sono il simbolo del battesimo, perché la femmina quando partorisce si immerge in acqua. Gli elefanti reggono due colonnine alla cui cima ci sono due sculture: a sinistra un grifo alato in posizione frontale, a destra quello che sembra un leone che tiene con le fauci una preda, e che invece è una leonessa che sorregge il suo cucciolo morto. C'era molto probabilmente il leone maschio al posto del grifo. In queste immagini è racchiusa la simbolicità della resurrezione: la leonessa ha generato il suo piccolo esanime, ma lo custodisce fino a quando, il terzo giorno, giungerà il leone padre, gli soffierà sul volto per rianimarlo. Quindi il buon cristiano, purificatosi grazie al battesimo (l'elefante), dovrà percorrere un cammino di vita improntato alla rettitudine morale (la colonnina) per giungere alla salvezza eterna ed alla resurrezione (il leone) della fine dei tempi. Nel medioevo niente era fatto per caso, tutto aveva un significato. O lo aveva o se lo prendeva.
Nel 1647, come attesta la lapide sul portale, la famiglia Fontanella definisce la chiesa «Tempio abbaziale». A tale periodo risale anche il trasferimento in loco della confraternita di San Giacomo ed il conseguente cambio di intitolazione della chiesa stessa in favore del santo apostolo. Qui la confraternita rimase fino al 1809. Devastata da un violento incendio nel 1902, la chiesa è stata sede, fino al 1963, della confraternita degli Angeli custodi, che vi introdusse la particolare devozione per Santa Lucia. Tra il 1977 ed il 1984 la Soprintendenza per i Beni ambientali ed architettonici si è occupata del restauro della sacrestia e della restituzione dell'aspetto romanico dell'interno, rimuovendo gli stucchi barocchi e le sovrastrutture lignee. La rimozione ha riportato alla luce (nell'absidiola laterale destra) un pregevole affresco bizantineggiante, databile tra il XII ed il XIII secolo, che rappresenta una santa martire (forse la Santa Maria dell'intitolazione originaria) che regge il volto di Cristo in un tondo.
Oggi, ad occuparsi di San Giacomo è la cooperativa Mediterranea che, tramite azioni di volontariato, tiene aperta la chiesa tutti i giorni da maggio a settembre. Duole sottolineare come, nonostante tutta questa importante storia alle spalle, la chiesa non venga valorizzata appieno. Per giunta da qualche anno ha assunto uso di deposito. Prima i banchi di legno di santa Chiara (per via dei lavori), da qualche anno le statue dei Misteri, che escono dalla chiesa solo il venerdì santo. Le statue esposte nella chiesa di San Giacomo sono (dall'ingresso verso sinistra) quelle di San Giovanni (a Trani detto «Schandat», ossia «Spaventato»), Cristo che entra a Gerusalemme, San Pietro, Cristo nell'orto, Cristo alla colonna, Cristo col calice e l'ostia dell'Eucarestia, Ecce Homo, Cristo con la croce, l'Angelo confortatore. Prima di San Giovanni, si trovava Santa Veronica, che ora è stata trasferita per il rifacimento dell'abito.
Si ringrazia per la collaborazione Francesco Fanelli della cooperativa Mediterranea.
Contrariamente a questa credenza, San Giacomo non è stata la tomba di San Nicola pellegrino, né tantomeno la prima chiesa di Trani. Con l'arrivo dei Normanni, le varie crociate, i frequenti pellegrinaggi che vedevano i porti pugliesi come punti di partenza per la terra santa, i floridi scambi commerciali e culturali, crearono, tra la fine dell'XI e l'inizio del XII secolo, le condizioni per il fiorire del cosiddetto Romanico pugliese. Trani, così come tutta la Puglia, fu costellata di cantieri di edifici religiosi, tra cui la Cattedrale, l'abbazia di Ognissanti e la chiesa di Santa Maria de Russis.
Ora si trova seminascosta in una stradina della Trani più antica. All'epoca della sua fondazione, invece, era situata a vista, al fianco di una delle quattro porte della città: porta Vetere. Da quella porta entrava non solo chi veniva da Barletta, ma tutti quelli che arrivavano da nord, compresi i pellegrini che scendevano dalla grotta dell'Arcangelo Michele sul Gargano ed arrivavano a Trani per imbarcarsi per la terra santa. Ad uscire da quella porta erano invece i contadini tranesi diretti alle proprie terre. Soprattutto per loro era utile volgere lo sguardo alla facciata della chiesa.
Chiunque di noi, si sia fermato ad ammirare l'edificio, si sarà certamente accorto delle numerose sculture che costellano la sua facciata, divise su tre file: figure umane, animali e mostruose. Nella fila più in basso, invece, sono raffigurati i mesi dell'anno, che nel Medioevo venivano rappresentati soprattutto con i mestieri agricoli che si svolgevano durante l'anno. C'era quindi una doppia funzione: ricordare ai contadini la periodicità dei lavori che andavano a svolgere, ma anche elevare a dignità superiore il lavoro manuale dei più umili. Calendari in pietra del genere ci sono a Parma, Verona, Modena e Pisa e non ce ne sono nel meridione. L'unico, famoso in Puglia, è quello del Duomo di Otranto, ma è un mosaico. Il motivo per cui ci si è dimenticati dell'esistenza del calendario tranese è che le sculture rappresentative dei mesi, nei secoli, sono state spostate ed ora non sono più in ordine. Prestando attenzione si possono chiaramente riconoscere marzo (il cavaspina), giugno (il mietitore), agosto (il vendemmiatore), ottobre (i buoi con l'aratro) e via via tutti gli altri, sulla scorta dei riferimenti degli altri calendari.
Fino a pochi decenni orsono, alla destra del portale era visibile un affresco seicentesco che rappresenta una Madonna con bambino, tradizionalmente ritenuta l'immagine miracolosa alla quale i tranesi sarebbero ricorsi per allontanare dalla città un orso rintanatosi nella chiesa. Ad impreziosire la facciata vi è uno splendido portale. Quest'ultimo rappresenta un significato che si legge attraverso le sculture. I due elefanti, monchi di proboscide e delle zampe anteriori, che si trovano ai lati del portale sono il simbolo del battesimo, perché la femmina quando partorisce si immerge in acqua. Gli elefanti reggono due colonnine alla cui cima ci sono due sculture: a sinistra un grifo alato in posizione frontale, a destra quello che sembra un leone che tiene con le fauci una preda, e che invece è una leonessa che sorregge il suo cucciolo morto. C'era molto probabilmente il leone maschio al posto del grifo. In queste immagini è racchiusa la simbolicità della resurrezione: la leonessa ha generato il suo piccolo esanime, ma lo custodisce fino a quando, il terzo giorno, giungerà il leone padre, gli soffierà sul volto per rianimarlo. Quindi il buon cristiano, purificatosi grazie al battesimo (l'elefante), dovrà percorrere un cammino di vita improntato alla rettitudine morale (la colonnina) per giungere alla salvezza eterna ed alla resurrezione (il leone) della fine dei tempi. Nel medioevo niente era fatto per caso, tutto aveva un significato. O lo aveva o se lo prendeva.
Nel 1647, come attesta la lapide sul portale, la famiglia Fontanella definisce la chiesa «Tempio abbaziale». A tale periodo risale anche il trasferimento in loco della confraternita di San Giacomo ed il conseguente cambio di intitolazione della chiesa stessa in favore del santo apostolo. Qui la confraternita rimase fino al 1809. Devastata da un violento incendio nel 1902, la chiesa è stata sede, fino al 1963, della confraternita degli Angeli custodi, che vi introdusse la particolare devozione per Santa Lucia. Tra il 1977 ed il 1984 la Soprintendenza per i Beni ambientali ed architettonici si è occupata del restauro della sacrestia e della restituzione dell'aspetto romanico dell'interno, rimuovendo gli stucchi barocchi e le sovrastrutture lignee. La rimozione ha riportato alla luce (nell'absidiola laterale destra) un pregevole affresco bizantineggiante, databile tra il XII ed il XIII secolo, che rappresenta una santa martire (forse la Santa Maria dell'intitolazione originaria) che regge il volto di Cristo in un tondo.
Oggi, ad occuparsi di San Giacomo è la cooperativa Mediterranea che, tramite azioni di volontariato, tiene aperta la chiesa tutti i giorni da maggio a settembre. Duole sottolineare come, nonostante tutta questa importante storia alle spalle, la chiesa non venga valorizzata appieno. Per giunta da qualche anno ha assunto uso di deposito. Prima i banchi di legno di santa Chiara (per via dei lavori), da qualche anno le statue dei Misteri, che escono dalla chiesa solo il venerdì santo. Le statue esposte nella chiesa di San Giacomo sono (dall'ingresso verso sinistra) quelle di San Giovanni (a Trani detto «Schandat», ossia «Spaventato»), Cristo che entra a Gerusalemme, San Pietro, Cristo nell'orto, Cristo alla colonna, Cristo col calice e l'ostia dell'Eucarestia, Ecce Homo, Cristo con la croce, l'Angelo confortatore. Prima di San Giovanni, si trovava Santa Veronica, che ora è stata trasferita per il rifacimento dell'abito.
Si ringrazia per la collaborazione Francesco Fanelli della cooperativa Mediterranea.