Standing Ovation
Con Massimo Rao sospesi con l’assurda luna
Alla Galleria Michelangiolo. Le recensioni di Giovanni Ronco
domenica 27 novembre 2016
Antonio Ladogana e sua figlia Celeste hanno deciso da qualche anno di continuare con la stessa passione di Michele, rispettivamente padre e nonno degli stessi, quella divulgazione del Bello e dell'arte a beneficio della nostra città. La mostra che ricorda Massimo Rao a vent'anni dalla sua scomparsa, è forse una delle tappe più significative di questo percorso nuovamente intrapreso.
Massimo Rao è stato ed è uno degli artisti italiani più apprezzati dalla critica e più originali nell'offrire al pubblico soggetti spiazzanti, enigmatici, stilizzati in un'eleganza "disperata", fatta di simboli, messaggi cifrati, immagini inquietanti che provengono dall'intimità dell'autore stesso e di chi guarda. Il simbolo più significativo di questo pantheon di figure, allusioni, sogni e incubi ad occhi aperti è la luna. Vorremmo quasi scrivere l'elemento in questione con la maiuscola, quasi fosse un divinità laica adorata e temuta da Rao. Come la Ragione per gli illuministi o il Fato per gli antichi greci, la Luna è il nume per eccellenza che sovrasta un'umanità quasi insignificante, tenuta coi fili, decapitata, sospesa per aria, senza i corpi, ma solo coi volti, unici termini di paragone con Lei e sempre e solo con Lei: la Luna.
Nel 1975 fu proprio Ladogana padre a scoprire ed esporre per la prima volta Massimo Rao. Una scommessa vincente sullo sterminato tavolo del mercato dell'arte, che Ladogana contribuì a valorizzare, parlandone spesso coi suoi amici, compreso il sottoscritto, facendone conoscere le caratteristiche uniche e riesponendo le sue opere nel 1983. La prematura scomparsa di Rao ha fermato la sua produzione, ma come avviene sempre nel mondo dell'arte, ne ha amplificato e diffuso ancora più velocemente la fama e le peculiarità che una volta di più ammiriamo nella mostra organizzata dalla galleria "Michelangiolo" dal 20 novembre scorso, fino a tutto il periodo delle prossime festività.
Ci soffermiamo sulle opere esposte e capiamo quanto siano forti i messaggi che Rao ci ha lasciato: la solitudine di un'umanità rassegnata al proprio destino; la meditazione forse salvifica ma sempre impossibile da decrittare; l'anticlericalismo con immagini di uomini di chiesa dallo sguardo impassibile e spietato; l'anonimato e la spersonalizzazione che dilagano tra un'umanità ormai incapace di determinare e orientare il proprio destino e poi ancora lei, come già detto: la Luna gadget, la Luna divinità, la Luna amuleto, la Luna compagna, la Luna spietata. Pure lei.
Massimo Rao è stato ed è uno degli artisti italiani più apprezzati dalla critica e più originali nell'offrire al pubblico soggetti spiazzanti, enigmatici, stilizzati in un'eleganza "disperata", fatta di simboli, messaggi cifrati, immagini inquietanti che provengono dall'intimità dell'autore stesso e di chi guarda. Il simbolo più significativo di questo pantheon di figure, allusioni, sogni e incubi ad occhi aperti è la luna. Vorremmo quasi scrivere l'elemento in questione con la maiuscola, quasi fosse un divinità laica adorata e temuta da Rao. Come la Ragione per gli illuministi o il Fato per gli antichi greci, la Luna è il nume per eccellenza che sovrasta un'umanità quasi insignificante, tenuta coi fili, decapitata, sospesa per aria, senza i corpi, ma solo coi volti, unici termini di paragone con Lei e sempre e solo con Lei: la Luna.
Nel 1975 fu proprio Ladogana padre a scoprire ed esporre per la prima volta Massimo Rao. Una scommessa vincente sullo sterminato tavolo del mercato dell'arte, che Ladogana contribuì a valorizzare, parlandone spesso coi suoi amici, compreso il sottoscritto, facendone conoscere le caratteristiche uniche e riesponendo le sue opere nel 1983. La prematura scomparsa di Rao ha fermato la sua produzione, ma come avviene sempre nel mondo dell'arte, ne ha amplificato e diffuso ancora più velocemente la fama e le peculiarità che una volta di più ammiriamo nella mostra organizzata dalla galleria "Michelangiolo" dal 20 novembre scorso, fino a tutto il periodo delle prossime festività.
Ci soffermiamo sulle opere esposte e capiamo quanto siano forti i messaggi che Rao ci ha lasciato: la solitudine di un'umanità rassegnata al proprio destino; la meditazione forse salvifica ma sempre impossibile da decrittare; l'anticlericalismo con immagini di uomini di chiesa dallo sguardo impassibile e spietato; l'anonimato e la spersonalizzazione che dilagano tra un'umanità ormai incapace di determinare e orientare il proprio destino e poi ancora lei, come già detto: la Luna gadget, la Luna divinità, la Luna amuleto, la Luna compagna, la Luna spietata. Pure lei.