Standing Ovation
L’odore della vita annusato da Vito Santoro
Un profilo su Goffredo Parise
sabato 1 maggio 2010
Conosco personalmente Vito Santoro dai primi anni 90 e ho sempre avuto modo di apprezzare il suo maniacale metodo di lavoro, sin dai primi studi universitari. Un monaco certosino laico del nostro panorama culturale locale, che si forma sotto l'egida del suo "abate", il prof. Pasquale Voza, luminare dell'Ateneo barese, che ha infuso nel nostro Vito, la passione per la letteratura e la capacità di essere un attento studioso di intellettuali italiani.
E nelle librerie Santoro presenta il suo nuovo lavoro, "L'odore della vita – Studi su Goffredo Parise", edito dalla Qodlibet Studio. Prima di tutto mi preme segnalare l'estrema eleganza formale e di stile che Santoro ha saputo imprimere al suo lavoro; un'analisi attenta ed esauriente della vita, ma soprattutto delle idee di uno dei maggiori rappresentanti del panorama culturale italiano del 900. Santoro ricostruisce la parabola di Parise, che passa dall'esperienza neorealista a quella più vissuta, ma anche più sofferta, della scrittura "sul campo", in presa diretta, quella che fa sentire l'odore del sangue e fa quasi finire la polvere negli occhi, quella degli angoli del mondo abitati dai derelitti. Parise, secondo Santoro, coglie lo spirito di quella vita vera, non solo nell'arte dello scrivere fine a se stesso, ma anche con un progetto di scrittura civile, riconducibile al dibattito culturale attuale, che fa di Parise un intellettuale dei nostri giorni.
Un Tiziano Terzani ante litteram, che ci porta per mano sui campi della sofferenza del mondo: dal Vietnam, al Biafra, al Cile, con lo scopo di regalarci la forza di una parola in grado di farci consapevoli della verità, della realtà, anche tenebrosa, che contraddistingue il nostro mondo. Il reportage diviene la chiave per aprire quella porta che ci lascia intravvedere quella sagoma in chiaroscuro che è l'anima del nostro mondo che Parise vuole rappresentarci. Ci rallegra, una volta tanto, leggere un testo che pur provenendo dall'alveo accademico, rinuncia a quel linguaggio spesso criptico, per adepti, tipico di quel settore e abbraccia il lettore con un' eleganza sobria e intellegibile. Frutto, questo, crediamo, della passione di Santoro per una cultura popolare come il cinema, che gli ha permesso di assorbire quel linguaggio colto ma immediato, semplice ma ricercato.
E nelle librerie Santoro presenta il suo nuovo lavoro, "L'odore della vita – Studi su Goffredo Parise", edito dalla Qodlibet Studio. Prima di tutto mi preme segnalare l'estrema eleganza formale e di stile che Santoro ha saputo imprimere al suo lavoro; un'analisi attenta ed esauriente della vita, ma soprattutto delle idee di uno dei maggiori rappresentanti del panorama culturale italiano del 900. Santoro ricostruisce la parabola di Parise, che passa dall'esperienza neorealista a quella più vissuta, ma anche più sofferta, della scrittura "sul campo", in presa diretta, quella che fa sentire l'odore del sangue e fa quasi finire la polvere negli occhi, quella degli angoli del mondo abitati dai derelitti. Parise, secondo Santoro, coglie lo spirito di quella vita vera, non solo nell'arte dello scrivere fine a se stesso, ma anche con un progetto di scrittura civile, riconducibile al dibattito culturale attuale, che fa di Parise un intellettuale dei nostri giorni.
Un Tiziano Terzani ante litteram, che ci porta per mano sui campi della sofferenza del mondo: dal Vietnam, al Biafra, al Cile, con lo scopo di regalarci la forza di una parola in grado di farci consapevoli della verità, della realtà, anche tenebrosa, che contraddistingue il nostro mondo. Il reportage diviene la chiave per aprire quella porta che ci lascia intravvedere quella sagoma in chiaroscuro che è l'anima del nostro mondo che Parise vuole rappresentarci. Ci rallegra, una volta tanto, leggere un testo che pur provenendo dall'alveo accademico, rinuncia a quel linguaggio spesso criptico, per adepti, tipico di quel settore e abbraccia il lettore con un' eleganza sobria e intellegibile. Frutto, questo, crediamo, della passione di Santoro per una cultura popolare come il cinema, che gli ha permesso di assorbire quel linguaggio colto ma immediato, semplice ma ricercato.