Storie di città
I bambini immigrati si raccontano con un click
Rosa Barca e le nostre storie di città
lunedì 28 settembre 2009
Si è conclusa domenica la mostra fotografica "Sguardi minori?" allestita dall´Oasi 2 presso il monastero di Colonna di Trani. Questa, come ci dicono i curatori, è solo il momento e la rappresentazione finale di un laboratorio durato all´incirca un anno con adolescenti stranieri ed italiani.
Per allestire la mostra è stato chiesto a sette ragazzi immigrati di provare a raccontarsi. "Ci siamo accorti - spiega la responsabile dei servizi interculturali e di aggregazione dell'Oasi - che avevano una forte esigenza di parlare di sé date le difficoltà legate alla lingua. Avevano bisogno di raccontarsi,ma non avevano gli strumenti per poterlo fare. Di qui è iniziata la ricerca di strumenti inediti di comunicazione e quindi l´idea di dar loro delle macchine fotografiche".
La fotografia ha consentito a Ayub, Zacaria, Amin, Arthur, Abdelkader e Ismail (tutti di età compresa fra i 12 e i 15 anni) di fissare, con le immagini, le emozioni, i pensieri e le sensazioni legate ai temi che venivano loro assegnati come la famiglia, la scuola, il lavoro dei propri genitori, discussi precedentemente in laboratorio con l´aiuto di un intermediatore culturale. «Le fotografie sono il frutto del talento di questi sette ragazzi,ma sono soprattutto la dimostrazione di come la fantasia,l impegno e la curiosità siano fondamentali per riuscire a superare una condizione di disagio,di iniziale diffidenza ed isolamento».
La mostra, dal titolo evidentemente provocatorio, lascia spazio a più interrogativi sulla considerazione dei minori in Italia, non solo in quanto bambini ma, soprattutto, in quanto bambini immigrati.Ne è venuta fuori una mostra tutt'altro che minore, in grado di aprire la coscienza alla riflessione su luoghi e colori di vita comune che non hanno età né un colore diverso.
L'Oasi è impegnata a 360 gradi in questa lotta alla differenza. Kibù, in questa prospettiva è un progetto educativo di ampio spessore. Tra i suoi obiettivi, punta a lavorare con i bambini sui pregiudizi, cercando di creare occasioni di scambio e di comunicazione in laboratori ludici che vedono stranieri accanto ad italiani. Kibù è una scommessa interculturale che l'Oasi porta avanti senza finanziamenti, con piccoli aiuti e molta fatica.
La mostra può essere definita una grande conquista in una campagna di sempre maggiore sensibilizzazione ed attenzione alla contaminazione culturale che si fa strada con la fragilità degli sguardi di bambini.
Per allestire la mostra è stato chiesto a sette ragazzi immigrati di provare a raccontarsi. "Ci siamo accorti - spiega la responsabile dei servizi interculturali e di aggregazione dell'Oasi - che avevano una forte esigenza di parlare di sé date le difficoltà legate alla lingua. Avevano bisogno di raccontarsi,ma non avevano gli strumenti per poterlo fare. Di qui è iniziata la ricerca di strumenti inediti di comunicazione e quindi l´idea di dar loro delle macchine fotografiche".
La fotografia ha consentito a Ayub, Zacaria, Amin, Arthur, Abdelkader e Ismail (tutti di età compresa fra i 12 e i 15 anni) di fissare, con le immagini, le emozioni, i pensieri e le sensazioni legate ai temi che venivano loro assegnati come la famiglia, la scuola, il lavoro dei propri genitori, discussi precedentemente in laboratorio con l´aiuto di un intermediatore culturale. «Le fotografie sono il frutto del talento di questi sette ragazzi,ma sono soprattutto la dimostrazione di come la fantasia,l impegno e la curiosità siano fondamentali per riuscire a superare una condizione di disagio,di iniziale diffidenza ed isolamento».
La mostra, dal titolo evidentemente provocatorio, lascia spazio a più interrogativi sulla considerazione dei minori in Italia, non solo in quanto bambini ma, soprattutto, in quanto bambini immigrati.Ne è venuta fuori una mostra tutt'altro che minore, in grado di aprire la coscienza alla riflessione su luoghi e colori di vita comune che non hanno età né un colore diverso.
L'Oasi è impegnata a 360 gradi in questa lotta alla differenza. Kibù, in questa prospettiva è un progetto educativo di ampio spessore. Tra i suoi obiettivi, punta a lavorare con i bambini sui pregiudizi, cercando di creare occasioni di scambio e di comunicazione in laboratori ludici che vedono stranieri accanto ad italiani. Kibù è una scommessa interculturale che l'Oasi porta avanti senza finanziamenti, con piccoli aiuti e molta fatica.
La mostra può essere definita una grande conquista in una campagna di sempre maggiore sensibilizzazione ed attenzione alla contaminazione culturale che si fa strada con la fragilità degli sguardi di bambini.