Storie di città
Oasi 2, un’oasi di frontiera
Rosa Barca e le nostre storie di città
giovedì 19 marzo 2009
Nome: Oasi 2 "San Francesco". Professione: cooperativa sociale. Segni particolari: lotta all'esclusione sociale. Una dichiarazione d'identità chiara. Una legione con una mission coraggiosa che sfida la precarietà dell'apparato sociale. Quarantaquattro soci, novanta tra operatori e volontari. I numeri dell'Oasi 2 si snocciolano da soli: quindici vittime di schiavitù in affidamento; trentaquattro minori che frequentano i laboratori ludici interculturali; venti donne immigrate che frequentano le attività della cooperativa; settecentodiciassette persone immigrate aiutate nel 2008 nelle campagne e sulle statali. Ed ancora, nell'ambito delle tossicodipendenze: contattate, nel 2008, centoventi nuove persone con problemi di dipendenza; sessantotto invii nelle comunità residenziali per tossicodipendenti di cui quarantacinque ingressi nella propria comunità; mille e cinquecento giovani contattati nei luoghi del divertimento pugliese; trentacinque le persone che frequentano il centro diurno. Scusate se è poco.
«Siamo un gruppo di operatori sociali. Ci occupiamo del mutamento della realtà, rispondendo ai mutevoli bisogni delle persone e dei territori. Per fare questo ci siamo organizzati come cooperativa perché avevamo l'esigenza di darci una struttura organizzativa seria». L'istantanea è di Felice di Lernia, l'attuale presidente.
«Nasciamo nell'estate dell'86. Eravamo un gruppo di obiettori di coscienza. Insieme avevamo deciso di fondare l'oasi 2 "San Francesco" con l'intento di gemellarci con la comunità "Santa Chiara" di San Giovanni Rotondo. Siamo nati come comunità per minori. Poi ci siamo resi conti che il 90% delle segnalazioni che ci arrivavano riguardavano minori tossicodipendenti». L'oasi 2, da quel momento, inizia a specializzarsi nel settore della tossicodipendenza. Diventa per molti anni l'unica comunità residenziale per tossicodipendenti, specializzata in adolescenti e giovanissimi. Per molto tempo il settore dell'Aids è stato quello in cui l'oasi 2 ha maggiormente operato, facendo assistenza ospedaliera e domiciliare. Storici i servizi per la cura e la riabilitazione nel campo delle dipendenze patologiche.
Oggi la cooperativa è in prima linea nel campo più diffuso dell'immigrazione. Si occupa di immigrazione in generale, facendo assistenza giuridica e sanitaria. Più in particolare si occupa di schiavitù. L'attenzione è rivolta prevalentemente allo sfruttamento lavorativo e sessuale. Svolge interventi di accoglienza offrendo comunità di fuga e comunità di autonomia, per donne e minori, vittime di tratta. «Facciamo lavoro di strada – spiega Di Lernia - sia sulle statali, nel campo della prostituzione, sia nelle campagne del foggiano dove vi sono baraccopoli di centinaia e centinaia di immigrati». L'equipe dell'oasi si reca personalmente sul posto, svolgendo una funzione di aggancio ma soprattutto recando supporto umano sanitario e psicologico.
Numerosi gli interventi anche nel mondo del divertimento giovanile e della notte. Si fa soprattutto opera di prevenzione e di riduzione dei danni mediante attività di informazione nonché di aggancio con i casi più gravi di alcolismo. L'oasi 2 si è poi dotata di un centro studi (Télos) trasversale a tutti i servizi, che lavora nel campo della progettazione, della formazione e della ricerca. Quotidiani gli ostacoli da superare. La difficoltà maggiore consiste nell'operare in un settore a precarietà cronica come il sociale. «Lavoriamo – prosegue Di Lernia - in un territorio socialmente poco maturo. Ci sono realtà dove si lavora meglio, dove la cultura complessiva favorisce questo lavoro».
Un intenso dispendio di energie è impiegato solamente nella ricerca di finanziamenti per vivere. O meglio sopravvivere. Sopravvivenza che fa tanto rima con resistenza. «Continueremo con il nostro lavoro finchè ce la facciamo. Vengono da noi persone in affidamento dal carcere che finirebbero per strada o ritornerebbero a bucarsi se noi dovessimo chiudere».
Forte è l'auspicio ad una più attiva azione di supporto da parte delle Istituzioni. «Il settore del Welfare è il più ignorato e le conseguenze in termini di qualità della vita e della sicurezza sociale sono disastrose. La gente, oggi, è costretta a costruirsi un welfare fai da te».
Per vivere/sopravvivere, l'oasi si affida a progetti e finanziamenti, pubblici e privati, compreso il 5 per mille. «È' un atto straordinario – dice Di Lernia - perchè non costa nulla. Aiutare l'oasi 2 richiede un gesto facilissimo, che non sfiora le economie dei donatori. Basta riportare nella dichiarazione dei redditi il codice fiscale dell'oasi 2 (05030050727). Molti preferiscono devolvere il denaro ad altri, eppure quel contributo ci permetterebbe di portare avanti tantissimi progetti importanti, di attuare una strategia d'avanguardia che ci permetterebbe di diventare una struttura d'eccellenza con attività specialistiche». Guardare negli occhi la promiscuità e la violenza è pane quotidiano per la cooperativa. Di contro, sono sfide audaci quelle di vincere la diffidenza della gente, sconfiggere lo scetticismo e la disinformazione. Ma qui all'oasi 2 non si arrendono. Il deserto non spaventa nessuno. Si continua instancabilmente a vivere in frontiera.
«Siamo un gruppo di operatori sociali. Ci occupiamo del mutamento della realtà, rispondendo ai mutevoli bisogni delle persone e dei territori. Per fare questo ci siamo organizzati come cooperativa perché avevamo l'esigenza di darci una struttura organizzativa seria». L'istantanea è di Felice di Lernia, l'attuale presidente.
«Nasciamo nell'estate dell'86. Eravamo un gruppo di obiettori di coscienza. Insieme avevamo deciso di fondare l'oasi 2 "San Francesco" con l'intento di gemellarci con la comunità "Santa Chiara" di San Giovanni Rotondo. Siamo nati come comunità per minori. Poi ci siamo resi conti che il 90% delle segnalazioni che ci arrivavano riguardavano minori tossicodipendenti». L'oasi 2, da quel momento, inizia a specializzarsi nel settore della tossicodipendenza. Diventa per molti anni l'unica comunità residenziale per tossicodipendenti, specializzata in adolescenti e giovanissimi. Per molto tempo il settore dell'Aids è stato quello in cui l'oasi 2 ha maggiormente operato, facendo assistenza ospedaliera e domiciliare. Storici i servizi per la cura e la riabilitazione nel campo delle dipendenze patologiche.
Oggi la cooperativa è in prima linea nel campo più diffuso dell'immigrazione. Si occupa di immigrazione in generale, facendo assistenza giuridica e sanitaria. Più in particolare si occupa di schiavitù. L'attenzione è rivolta prevalentemente allo sfruttamento lavorativo e sessuale. Svolge interventi di accoglienza offrendo comunità di fuga e comunità di autonomia, per donne e minori, vittime di tratta. «Facciamo lavoro di strada – spiega Di Lernia - sia sulle statali, nel campo della prostituzione, sia nelle campagne del foggiano dove vi sono baraccopoli di centinaia e centinaia di immigrati». L'equipe dell'oasi si reca personalmente sul posto, svolgendo una funzione di aggancio ma soprattutto recando supporto umano sanitario e psicologico.
Numerosi gli interventi anche nel mondo del divertimento giovanile e della notte. Si fa soprattutto opera di prevenzione e di riduzione dei danni mediante attività di informazione nonché di aggancio con i casi più gravi di alcolismo. L'oasi 2 si è poi dotata di un centro studi (Télos) trasversale a tutti i servizi, che lavora nel campo della progettazione, della formazione e della ricerca. Quotidiani gli ostacoli da superare. La difficoltà maggiore consiste nell'operare in un settore a precarietà cronica come il sociale. «Lavoriamo – prosegue Di Lernia - in un territorio socialmente poco maturo. Ci sono realtà dove si lavora meglio, dove la cultura complessiva favorisce questo lavoro».
Un intenso dispendio di energie è impiegato solamente nella ricerca di finanziamenti per vivere. O meglio sopravvivere. Sopravvivenza che fa tanto rima con resistenza. «Continueremo con il nostro lavoro finchè ce la facciamo. Vengono da noi persone in affidamento dal carcere che finirebbero per strada o ritornerebbero a bucarsi se noi dovessimo chiudere».
Forte è l'auspicio ad una più attiva azione di supporto da parte delle Istituzioni. «Il settore del Welfare è il più ignorato e le conseguenze in termini di qualità della vita e della sicurezza sociale sono disastrose. La gente, oggi, è costretta a costruirsi un welfare fai da te».
Per vivere/sopravvivere, l'oasi si affida a progetti e finanziamenti, pubblici e privati, compreso il 5 per mille. «È' un atto straordinario – dice Di Lernia - perchè non costa nulla. Aiutare l'oasi 2 richiede un gesto facilissimo, che non sfiora le economie dei donatori. Basta riportare nella dichiarazione dei redditi il codice fiscale dell'oasi 2 (05030050727). Molti preferiscono devolvere il denaro ad altri, eppure quel contributo ci permetterebbe di portare avanti tantissimi progetti importanti, di attuare una strategia d'avanguardia che ci permetterebbe di diventare una struttura d'eccellenza con attività specialistiche». Guardare negli occhi la promiscuità e la violenza è pane quotidiano per la cooperativa. Di contro, sono sfide audaci quelle di vincere la diffidenza della gente, sconfiggere lo scetticismo e la disinformazione. Ma qui all'oasi 2 non si arrendono. Il deserto non spaventa nessuno. Si continua instancabilmente a vivere in frontiera.