Storie di città

Quando un sette in condotta ti cambia la vita

Rosa Barca e le nostre storie di città

Galeotto fu il sette in condotta su quella pagella del primo quadrimestre a sedici anni. Pierluigi Corallo lo ricorda come se fosse ieri, non nascondendo un timido sorriso. Da allora, per l'attore tranese si è aperta una strada segnata da collaborazioni a braccetto di grandi nomi del teatro italiano, da Albertazzi a Ronconi. Alla vigilia dello spettacolo Giusto la fine del mondo in scena in questi giorni al teatro Grassi di Milano, Corallo si mette a nudo per Traniweb in un racconto che parte dai suoi esordi giovanili per arrivare ai progetti di oggi e di domani.

Si avvicina al teatro giovanissimo sui banchi di scuola, dopo quella stramba esperienza che gli aveva segnato la carriera scolastica. Su consiglio provocatorio dei suoi docenti che poco tolleravano i suoi atteggiamenti da buffone di corte, Corallo segue i corsi tenuti da Mario Francavilla e scopre di sentirsi particolarmente portato per il palcoscenico. Dopo le prime diffidenze per una passione che sembrava essere puramente adolescenziale, i suoi genitori lo appoggiano e lo sostengono in tutti i modi quando sceglie di trasformare la sua passione nella sua professione. Lascia gli studi universitari e si trasferisce a studiare a Milano.

«Oggi i miei credo siano davvero fieri di me», dice con una punta d'orgoglio. Nella sua carriera ha già fatto tutto: cinema, televisione e teatro. La sua predilezione però è tutta per il palcoscenico: «Ho lavorato quasi sempre in teatro. Dire che è il mio grande amore è errato, ma di certo è la cosa che faccio di più. Il mio vero grande amore è quello di essere attore, su qualunque set o palco mi trovi. La televisione è stata l'esperienza meno interessane finora, anche se si tratta del canale attraverso il quale si acquisisce maggiore notorietà. Lavorando con colleghi piuttosto famosi mi è capitato di vedere in prima persona come la gente sia affamata dalla notorietà. Aver modo di conoscere un volto noto della tv sembra possa riempire veramente le persone. Ma riempire di cosa? Ci troviamo di fronte ad un'evidente e preoccupante rimbambimento televisivo. Questo aspetto incide negativamente anche sugli attori stessi. Molti sono più propensi a lavorare in contesti che li rendono noti piuttosto che in altri che li rendono bravi».

Guardando il suo ricco curriculum, è lecito gonfiare il petto. Ha lavorato con registi e attori di caratura internazionale, alcuni dei quali aveva visto per la prima volta dalla poltrona della platea di un teatro. Con alcuni mai avrebbe immaginato di lavorare. «Ricordo di aver visto Luciana Morlacchi per la prima volta in un suo spettacolo all'Impero. Qualche anno dopo ho avuto l'onore di recitare al suo fianco», racconta. Come spesso accade in queste storie, c'è sempre un episodio che non si può mai scordare. «Ero nella compagnia teatrale di Mario Francavilla. In quegli anni, portavamo in scena, all'Impero, uno spettacolo una tantum, dopo mesi e mesi di prove. Ognuno di noi si mobilitava per dare una mano, portando a mano i mobili nelle quinte. Una volta ho portato distrattamente un mobile direttamente sulla scena. Non ero mai stato sul palcoscenico: quando ho visto le poltrone vuote della platea ho come avuto un presentimento, che ci sarei tornato. Quella platea sembrava avermi lanciato un messaggio. Si è trattata di una sensazione molto forte, difficile da spiegare».

Corallo non nega la grande voglia di ritornare nella sua terra, a Trani. «Purtroppo come attore non c'è stata occasione. Ho tra le mani un progetto e riguarda proprio la Puglia. Si tratta di un monologo e mi piacerebbe scriverlo a quattro mani con un autore pugliese». Tra i suoi sogni c'è quello di lavorare fianco a fianco con Sergio Rubini. «Mi piace molto come artista e sono molto affascinato dal Rubini di oggi, dal suo volersi riappropriare delle origini dopo varie esperienze di cinema».

Corallo studia sodo, coltiva contatti sul suo sito internet (http://www.pierluigicorallo.eu/) e si prepara per interpretare il ruolo di Antoine nell'opera "Giusto la fine del mondo", regia di Luca Ronconi. «Ci sono molti aspetti di Antoine che mi appartengono. Entrambi abbiamo la propensione a sopportare le cose, viviamo molto il senso di colpa, per aver fatto male a qualcuno o per aver detto una parola di troppo».

Trani si conferma fucina di grandi talenti. E tanti altri sono in rampa di lancio. Corallo consiglia a tutti l'esperienza teatrale: «Ha una grossa funzione sociale, rappresenta un'occasione per darsi un occhio dentro, per riconsiderare sé stessi e la propria vita. E'senza ombra di dubbio uno dei pochi ambiti che ci permette di andare a fondo nella conoscenza della nostra esistenza». Così parlò Pierluigi Corallo. Adesso a Milano, l'8 aprile in tv in una puntata di Ris Roma.
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