Storie di città
Tutto fa Pasqua
Dalle scarcelle alle scope battute sul letto
domenica 24 aprile 2011
L'occasione per riscoprire la genuinità dei colori della comunione, per godersi il calore della famiglia in festa che si riunisce, l'annuale e imperdibile opportunità per perdersi piacevolmente nei sapori di una volta mentre i corpi cominciano a sbracciarsi per farsi godere dalla bella stagione. «Un'atmosfera - Marcello Veneziani la ricorda così in un articolo della Gazzetta del Mezzogiorno del 2002 - più che una ricorrenza, un clima, un intreccio di riti, di odori e di comunità». E come dargli torto?
Gli intensi momenti di misticismo di cui si fregia la settimana santa aprono le porte all'appuntamento con le tradizioni nostrane, riportano alla luce un folklore che sopravvive nonostante tutto. Indistintamente, negli scorci di una città in cui si fanno spazio i piedi nudi della processione del venerdì santo e sulla tavola delle scarcelle. Il coinvolgimento è a tutto tondo, fedeli e non, curiosi e turisti. I riti liturgici risvegliano dal letargo le nostre nonne, le riportano per le strade a condividere con un ritmo incalzante i momenti della passione. In una mano il rosario, nell'altra le piccole dita dell'ultimo arrivato in famiglia. Impossibile non lasciarsi trascinare dall'intensità dei loro sguardi, dalla profondità della loro semplice preghiera.
Un tuffo nel passato che si intreccia alle superstizioni. Anche questo è Pasqua. Un tempo (ed in alcuni casi siamo certi che non si tratti soltanto di una leggenda) si battevano le scope contro il letto per scacciare il malocchio. Era il giorno propizio per scacciare ogni forma di maledizione inoltrata alla propria famiglia. I bambini non esitavano a esibire il vestitino e le scarpe nuove, dovevano essere più puliti e ordinati degli altri giorni per la messa della domenica mattina, le famiglie uscivano al completo, si preparava la scarcella, si mangiava il benedetto con cui il capofamiglia benediva la tavola imbandita e l'agnello.
Per alcune tradizioni usare il tempo presente, invece, ci sembra d'obbligo, soprattutto a tavola. La Pasqua conserva nella gastronomia il suo carattere di passaggio, di morte e rinascita. Oggi come ieri. All'appello rispondono il benedetto, l'agnello e le uova. L'agnello che simboleggia il sacrificio di Cristo, insieme all'uovo che è il grembo materno e promessa di vita non fanno che rappresentare, in perfetta sintonia con il rito pasquale, il rinnovamento ciclico e la continuità.
La semplicità tradizionale e la ritualità religiosa lasciavano nei ricordi dei nostri nonni, il posto al risveglio delle campagne che si avvertiva felicemente nell'aria e di cui si godeva, soprattutto, il giorno della Pasquetta in cui non si rinuncia alla ferrea tradizione della gita fuori porta. Con la famiglia e gli amici, in campagna o al mare, tra le pietanze avanzate il giorno prima, un calcio al pallone, il primo bagno e quel tornare bambini che è sempre cosa buona e giusta.
Gli intensi momenti di misticismo di cui si fregia la settimana santa aprono le porte all'appuntamento con le tradizioni nostrane, riportano alla luce un folklore che sopravvive nonostante tutto. Indistintamente, negli scorci di una città in cui si fanno spazio i piedi nudi della processione del venerdì santo e sulla tavola delle scarcelle. Il coinvolgimento è a tutto tondo, fedeli e non, curiosi e turisti. I riti liturgici risvegliano dal letargo le nostre nonne, le riportano per le strade a condividere con un ritmo incalzante i momenti della passione. In una mano il rosario, nell'altra le piccole dita dell'ultimo arrivato in famiglia. Impossibile non lasciarsi trascinare dall'intensità dei loro sguardi, dalla profondità della loro semplice preghiera.
Un tuffo nel passato che si intreccia alle superstizioni. Anche questo è Pasqua. Un tempo (ed in alcuni casi siamo certi che non si tratti soltanto di una leggenda) si battevano le scope contro il letto per scacciare il malocchio. Era il giorno propizio per scacciare ogni forma di maledizione inoltrata alla propria famiglia. I bambini non esitavano a esibire il vestitino e le scarpe nuove, dovevano essere più puliti e ordinati degli altri giorni per la messa della domenica mattina, le famiglie uscivano al completo, si preparava la scarcella, si mangiava il benedetto con cui il capofamiglia benediva la tavola imbandita e l'agnello.
Per alcune tradizioni usare il tempo presente, invece, ci sembra d'obbligo, soprattutto a tavola. La Pasqua conserva nella gastronomia il suo carattere di passaggio, di morte e rinascita. Oggi come ieri. All'appello rispondono il benedetto, l'agnello e le uova. L'agnello che simboleggia il sacrificio di Cristo, insieme all'uovo che è il grembo materno e promessa di vita non fanno che rappresentare, in perfetta sintonia con il rito pasquale, il rinnovamento ciclico e la continuità.
La semplicità tradizionale e la ritualità religiosa lasciavano nei ricordi dei nostri nonni, il posto al risveglio delle campagne che si avvertiva felicemente nell'aria e di cui si godeva, soprattutto, il giorno della Pasquetta in cui non si rinuncia alla ferrea tradizione della gita fuori porta. Con la famiglia e gli amici, in campagna o al mare, tra le pietanze avanzate il giorno prima, un calcio al pallone, il primo bagno e quel tornare bambini che è sempre cosa buona e giusta.