Un caffè con...
Un Caffè con Carlo Laurora
Le interviste del direttore di traniweb
domenica 8 febbraio 2009
Fa un po' specie associarla al partito dell'Udc dopo un decennio di osservante militanza in Forza Italia.
Intanto non sono dieci, ma quattordici, gli anni di militanza in Forza Italia.
Nel Popolo delle Libertà non si poteva più stare?
La mia scelta è ragionata, fatta con largo anticipo, in un periodo in cui il Popolo delle Libertà era solo un progetto. Valutando le premesse e vedendo cosa sta succedendo in queste ore, credo di aver visto giusto. Oggi sono un consigliere regionale di un nuovo partito e senza pentimenti. Forza Italia, d'altro canto, ha chiuso i battenti qualche mese fa. Anche a volerci rimanere, non avrei potuto farlo. Dovendo scegliere un altro partito, l'ho fatto in proprio, senza seguire, come gli altri, in maniera automatica, questo flusso verso un ipotetico partito del quale, oggi, sinceramente, non ho alcuna notizia.
In uno scambio di opinioni con Pinuccio Tarantini sul PdL, sottolineava che, l'era del leaderismo, in politica, ha avuto la meglio. Domanda: ma lei in Forza Italia, negli ultimi anni, non ha fatto il bello e cattivo tempo?
Un leader deve sempre confrontarsi con le urne. Il leaderismo è legittimato quando è confortato dal consenso del popolo e quando deriva da voti di preferenza. La mia leadership in Forza Italia è stata frutto del lavoro, del costante impegno e del consenso. Non credo di aver rubato nulla a nessuno.
Quanto hanno inciso, sulla sua decisione di lasciare il PdL, gli strappi con l'attuale Ministro, Raffaele Fitto?
Ho lasciato il PdL prima del voto, ritenendo che il Pdl stesso non poteva essere il percorso più opportuno per il mio cammino politico. I rapporti con Raffaele Fitto erano eccellenti prima, son diventati buoni dopo. Adesso siamo in due partiti diversi, lui fa la sua brillantissima carriera politica, io la mia modestissima carriera politica. Poi si vedrà.
Nell'Udc ha dovuto fare i conti con una base di partito che, soprattutto a livello locale, non ha fatto i salti di gioia al suo ingresso.
Il mio ingresso nell'Udc ha creato un pizzico di disagio, ma lo capisco. I locali l'hanno inteso come una sorta di intromissione scomoda, tenuto conto della mia esperienza politica pregressa. Non mi aspettavo che m'accogliessero con le braccia aperte. In politica, però, le cose, un po' alla volta, si sistemano.
Adesso si sono sistemate?
Credo di si ed è questa la differenza fra noi ed il PdL: quando in un partito ci sono delle regole, ci sono dei riferimenti, c'è un'ortodossia di funzionamento di tipo classico, le cose si sistemano, sempre e comunque, a prescindere dalle volontà dei singoli. Ho sempre inteso il partito come un luogo in cui una serie di nemici si incontrano per perseguire lo stesso obiettivo. Anche in Forza Italia non eravamo tutti amici, però abbiamo convissuto tanti anni raggiungendo degli obiettivi importanti. Non c'è bisogno di essere amici per condividere un'esperienza di partito. Anzi, la mia vita politica insegna che è meglio avere un nemico con cui confrontarsi piuttosto che un amico che poi ti tradisce.
Facciamo un salto a ritroso nel tempo.
Va bene.
Campagna elettorale per le amministrative. Regia di Carlo Laurora. Netta vittoria del centrodestra, ottimo risultato di Forza Italia. Lei diventa direttore generale. Poi cos'è successo?
Dopo qualche mese di direzione generale mi sono reso conto che quell'incarico non soddisfava le mie attese. Ho avvisato il sindaco ed ho interrotto quel cammino, rimettendo il mandato in pochissimi minuti.
Per molti l'incarico di direttore generale è stato all'origine dei suoi problemi politici. Si è allontanato da Bari, ha perso di mano il partito, si è creato maggiori antipatie, è diventato facile bersaglio dei problemi della macchina comunale. Concorda?
Sono stato direttore generale solo per quattro mesi e mezzo, non certo un'eternità. In effetti, l'essermi dedicato, in maniera assoluta, a quel tipo di ruolo mi ha fatto perdere di vista tutto il resto. Ero diventato obiettivo di critiche per tutti i problemi della città. La gente aveva scambiato la direzione generale come l'ufficio dove si dovevano risolvere tutte le questioni del mondo, non solo quelle della macchina comunale. E dovendomi occupare di tutti i problemi del mondo, inevitabilmente ho dovuto sottrar tempo agli altri impegni politici. Ho capito l'errore abbastanza in fretta, tanto più che, dopo quattro mesi e mezzo, ho lasciato l'incarico.
Qualcuno le ha remato contro in quel periodo?
Tantissime persone. Quel ruolo esercitava invidia non solo tra i miei avversari politici ma anche fra i colleghi di coalizione. L'avevo messo in conto, però.
L'invidia proveniva anche dal suo stesso partito?
Si. L'ho detto prima: il partito è un luogo in cui una serie di nemici si incontrano per perseguire lo stesso obiettivo.
Arriviamo alle elezioni politiche. I rapporti tesi fra lei ed i vertici di Forza Italia divampano con quel comunicato giunto a poche ore dalla chiusura della campagna elettorale. Un comunicato destabilizzante che ha scritto la parola fine al suo rapporto con Forza Italia ed il PdL. Dietro il suo gesto si nasconde la delusione per una mancata candidatura al Parlamento?
Assolutamente si. Era in piedi la mia candidatura, decisa dal partito a livello centrale. Ero il diciannovesimo in lista alla Camera dei Deputati. Quando le liste stavano per essere consegnate, il mio nome è scomparso dall'elenco, così come quello di tutti gli altri consiglieri regionali di Forza Italia. Roma, però, aveva avallato la mia candidatura.
Non è stato l'unico scontento fra i "trombati". Gli altri, però, hanno mangiato la foglia e hanno fatto finta di niente, salendo sui palchi e sostenendo il progetto berlusconiano.
A differenza di altri, mi riconosco una certa onestà intellettuale. Potevo nascondermi anch'io come hanno fatto tutti questi signori. Il giorno prima del voto, e non dopo, ho preferito fare chiarezza, prima con me stesso e poi con i miei elettori, dicendo apertamente di non voler seguire quel percorso.
Quel suo gesto ha scatenato il putiferio. Dopo il voto e dopo la schiacciante vittoria di Berlusconi, Lei ha subito due violenti attacchi a mezzo stampa, quello di Distaso e, a seguire, quello della Carlucci.
Alla Carlucci non rispondevo già da tempo, quindi non mi sono preoccupato di farlo neanche in quella circostanza. Ho replicato a Distaso, ricordandogli non solo la nostra vecchia amicizia, ma anche una lunga trafila a braccetto nel coordinamento provinciale di Bari di Forza Italia. Me la sono presa perché, la sua, mi è sembrata una nota sollecitata dal basso. Ho forse esagerato nella risposta. Sarei stato meno duro se Antonio mi avesse chiamato al telefono preannunciandomi quell'intervento a mezzo stampa.
Fuori dal PdL, comincia a farsi nitida l'ipotesi del suo passaggio nell'Udc: sperava che qualche consigliere amico la seguisse?
I consiglieri a cui si riferisce potranno confermarLe quanto sto per dire: il giorno in cui ho deciso di non aderire al PdL, ho detto loro di andare avanti per la propria strada. Non ho chiesto a nessuno di condividere il passaggio nell'Udc perché sapevo che, per loro, in quel momento, cambiare sarebbe stato più difficile. Oggi una riflessione la si può avviare. Ciò che io avevo intuito qualche mese fa, adesso si comincia a delineare e comprendere meglio.
In che senso?
Il PdL è un'illusione, funziona solo quando si vince. Ove mai dovesse capitare una sconfitta elettorale, molto probabilmente tutti i nodi verrebbero al pettine. E ci sarebbe l'implosione di un meccanismo elettorale né partitico e né politico.
Oggi com'è il rapporto con quel gruppo di consiglieri amici?
Bisogna distinguere tra consiglieri e amici. Gli amici son rimasti, i consiglieri continuano a fare i consiglieri dopo aver fatto una scelta. Ed è giusto che sia così quando si è al governo. Io ho seguito un percorso diverso, valutando una serie di opportunità che riguardavano anche la mia carriera politica, che nulla ha a che fare con l'ambito cittadino.
Beppe Corrado lo ha associato al cavallo di Caligola.
Non mi riferivo a Corrado. La nota era generica.
Suvvia, diamo dei nomi. Corrado è il cavallo di Caligola. Ma chi è Caligola?
Preferisco glissare. Dico solo che non mi è piaciuto il comportamento di qualche consigliere che si è comportato in maniera indelicata sotto il profilo umano. Ognuno fa politica come meglio crede, i rapporti umani sono un'altra cosa.
Recentemente, con un comunicato, ha lasciato intendere che qualche consigliere di maggioranza sarebbe pronto a passare nell'Udc.
Non parlavo di consiglieri di maggioranza. Ci sono delle trattative in corso, le portiamo avanti con grande calma, senza fretta.
Lei, però, ne ha di fretta. A Natale ha annunciato di essere pronto a candidarsi a sindaco, qualche giorno fa abbiamo scoperto su Facebook che si candida per il consiglio provinciale. Pronti via e già due candidature col nuovo partito.
Facciamo chiarezza. Nell'intervista di Natale avevo espresso un desiderio, un auspicio. Quando mi fu chiesto cosa pensassi del governo cittadino dissi che, forse, le cose non stavano andando benissimo e che, un giorno, mi sarebbe piaciuto occuparmi in prima persona del futuro di Trani. Ciò non significa volersi candidare a sindaco. Penso, comunque, che ad ogni tranese possa piacere l'idea di diventare sindaco della città. E' un auspicio che nasce dall'amore per Trani, un desiderio che, però, non si può concretizzare nell'immediato.
La candidatura alla provincia, invece, è certa.
E' una necessità di partito. Dobbiamo concentrare sul territorio le migliori risorse elettorali affinché il risultato dell'Udc nella BAT sia il migliore possibile. Non era mia intenzione candidarmi, il partito me lo ha chiesto ed io ho accettato. Non ho difficoltà a scendere in campo in una competizione elettorale così importante. Svolgo attività politica quotidianamente, da tanti anni. Mi sembra doveroso farlo.
L'Udc va con Salerno?
Nell'ultimo consiglio nazionale dell'Udc abbiamo sancito la terzietà rispetto ai due partiti più grandi, il Popolo delle Libertà ed il Partito Democratico. Nell'autonomia del percorso, andremo ad intercettare tutte quelle proposte che non saranno strettamente correlate né con il PdL e né con il Pd. Se dovesse pervenirci una proposta alternativa ai due schieramenti, potremmo valutarla. Un partito come il nostro deve comunque pensare anche ad una candidatura autoctona, interna.
Le rimproverano scarso apporto alla causa tranese dai banchi del Consiglio regionale. Ha prestato tantissima attenzione al censimento dei cani, molta meno su questioni come quelle dell'Ospedale e del Pug.
Sono presidente della commissione regionale sul randagismo, non mi occupo di censimenti di cani ma di verificare che la legge regionale vigente sia applicata nel miglior modo possibile. Venendo alla mia attività politica in Regione, vorrei sottolineare che c'è una bella differenza fra chi fa la politica con gli annunci sui giornali e chi, invece, si occupa effettivamente dei problemi. Sarebbe stato molto semplice per il sottoscritto redigere dei comunicati stampa e mandarli in giro nei momenti topici delle vicende. In tutti questi anni ho svolto il mio lavoro senza l'assillo di apparire a tutti i costi. Perferisco muovermi andando al cuore del problema, senza perdermi nelle banalità di un comunicato stampa. Non vi sfuggirà neanche che sono un consigliere regionale di opposizione in un'assemblea che legifera, cosa molto diversa dal fare il consigliere comunale di opposizione in un Consiglio comunale dove basta alzare la voce per dare dimostrazione d'esserci. In un'assemblea legislativa, i consiglieri d'opposizione non hanno molta voce in capitolo, la qual cosa si evidenzia anche nelle commissioni consiliari dove siamo in minoranza.Parliamo dell'Ospedale.
La questione Ospedale si risolverà nella Conferenza dei sindaci quando si deciderà il piano d'attuazione locale.
Lei ha dichiarato che la soluzione migliore è un Ospedale unico Trani-Bisceglie. Nel piano regionale questo progetto non risulta essere tra le priorità. Continueremo a vivere nell'illusione di un sogno con una realtà moritificante?
L'Ospedale Trani-Bisceglie rientra tra quelli che la Regione intende edificare. Piuttosto che gridare invano ed aspettare la riapertura di alcuni reparti come ostetricia e ginecologia, secondo me la strada da percorrere è quella dell'ospedale unico.
Ma fra il dire ed il fare ci sono di mezzo espropri, progetti, liquidità. Un percorso lungo, troppo lungo.
La sanità non si fa con il campanile. E' meglio percorrere qualche chilometro in più ed avere la consapevolezza di poter risolvere il problema adeguatamente, piuttosto che avere l'Ospedale a tre metri da casa ma non trovare le professionalità giuste al suo interno.
Pug. Si è aperto un dibattito piuttosto aspro sull'esito della Conferenza di servizi con la Regione. Stravolto, modificato, intatto. Lei che ne pensa?
L'adozione del Piano urbanistico generale rappresenta un grande risultato per qualsiasi amministrazione, a prescindere da ciò che si è detto e fatto negli ultimi mesi. Nel caso specifico, era ovvio che la Regione dicesse qualcosa a riguardo. L'impianto generale del piano, così come presentato dal Comune, era, ed è, buono.
Parliamo dei finanziamenti regionali per il completamento del litorale Est. In una lettera all'assessore Introna ha scritto di aver appreso che il Comune di Trani non aveva seguito, con l'accortezza del caso, la ricerca dei finanziamenti più opportuni. Siamo andati a riprendere un comunicato stampa di quando Lei era direttore generale e ne abbiamo trovato uno in cui si esprimeva la soddisfazione per aver portato a compimento tutto l'iter per ottenere il finanziamento. Dov'è l'errore?
La direzione generale non controlla l'operato dei dirigenti, li coordina nell'attività, che deve essere finalizzata al raggiungimento degli obiettivi del programma di governo. Quel comunicato, effettivamente, annunciava la richiesta di finanziamento regionale per il completamento di costa che va dal lungomare Senatore Mongelli alla seconda spiaggia. Qualche settimana fa, dopo aver appreso che il sindaco Tarantini lamentava la scarsa attenzione della Regione nei confronti di questa richiesta, ho incontrato prima l'assessore regionale e poi il dirigente. Ho scoperto che c'era stato qualche problema di natura procedurale. Mi sono adoperato affinché questi ostacoli possano essere al più presto superati.
Nelle ultime settimane ha sfornato un bel numero di comunicati stampa a sua firma. Lo fa solo perché è candidato?
Sono candidato alle Provinciali e sarò candidato, inevitabilmente, alle Regionali. Chi fa politica deve mettere in conto il fatto di doversi candidare. Non mi sono mai tirato indietro, ho ponderato le mie scelte, ho preso ogni decisione con ragionevolezza, come in questo caso. Le elezioni Provinciali sono un appuntamento importante a cui non posso non concorrere.
Di recente ha sottolineato come una delle cause maggiori del mal funzionamento della macchina comunale sta nell'operato dei dirigenti comunali. Quando ha accettato la direzione generale, ha svestito i panni del politico e si è messo a fare il capo dei dirigenti.
Come ho detto prima, l'operato dei dirigenti deve essere teso al raggiungimento degli obiettivi del programma di governo. Durante i quattro mesi e mezzo di direzione generale mi sono accorto che lo strapotere dei dirigenti stava prevaricando l'iniziativa della politica. Pur volendo professare la linea politica indicata nel programma, ho dovuto fare i conti con l'ostracismo di alcuni dirigenti i quali, sebbene fossero stati scelti dall'amministrazione, non stavano remando nella stessa direzione.
Da allora ad oggi, cosa crede sia cambiato?
Non lo so. Saranno i cittadini a giudicare se le cose vanno bene o meno. Posso rispondere per il periodo in cui ho ricoperto il ruolo di direttore generale: i dirigenti avevano la meglio rispetto alla politica.
Cosa pensa del Tarantini bis?
Non mi permetto di esprimere critiche perché sono troppo coinvolto emotivamente, avendo cogenerato, con Pinuccio, questa iniziativa politica della quale non faccio più parte. Ora mi occupo di altro. Spero che gli obiettivi del programma di governo possano essere reggiunti. Ho la sensazione che, in città, ci sia un pizzico di malcontento, ma mi auguro che loro siano in grado di dare una sterzata. Facendo un raffronto, l'esperienza della prima consiliatura di Tarantini mi sembrava più organica e funzionale.
Colpa anche dell'attuale giunta?
La giunta conta fino ad un certo punto. L'importante è che ci sia rispondenza tra l'organo politico e l'organo amministrativo. Il problema sta nella dicotomia creatasi tra il gruppo dei dirigenti e la giunta.
E parliamo di elezioni Provinciali. Domanda che vale per Lei ma anche per tutti gli altri candidati: come spera di convincere i tranesi, piuttosto freddini, ad andare a votare?
Il tranese è geneticamente un po' più distaccato nei confronti della vita politica rispetto ai cittadini di altri Comuni, in particolare di Barletta ed Andria. Il popolo tranese è distaccato, elegante nei comportamenti, ma sa essere volitivo nei momenti imporanti, sa farsi valere. Quando arriverà il momento delle elezioni, sono convinto che i tranesi troveranno le motivazioni per andare a votare e sapranno scegliere al meglio.
Secondo lei c'è il rischio che Trani rimanga al palo a causa della corsa sfrenata alla candidatura?
Mi auguro di no, in caso contrario verrebbe sconfessata la teoria della semplificazione dei partiti tanto predicata dal Pdl e dal Pd che ritengo valida solo per le elezioni politiche.
Voltandosi indietro, cosa non rifarebbe?
Non accetterei di rifare il direttore generale. Sia ben chiaro: è un errore che ho commesso in buona fede, nello spirito di collaborazione con il governo Tarantini. Se avessi potuto ricoprire un altro ruolo, probabilmente sarei andato in giunta. La carica di consigliere regionale non mi consentiva, per incompatibilità, di assumere altro tipo di incarico. La direzione generale era una subordinata quasi obbligata. Rifarei invece il cambio di partito. Gli accadimenti di questi giorni confermano che questa scelta è stata opportuna.
Guardando avanti, cosa vede nel suo futuro politico?
Tanto impegno quotidiano, come sempre d'altronde. Un approccio molto discreto, senza grandi clamori. Sono abituato a lavorare in squadra ed a rimboccarmi le maniche. Mi impegnerò per portare avanti un progetto politico che non è soltanto mio. Abbiamo riformato tutto: gente nuova, personalità di rilievo, direi che è stato fatto un ottimo lavoro. I risultati ci premieranno.
Intanto non sono dieci, ma quattordici, gli anni di militanza in Forza Italia.
Nel Popolo delle Libertà non si poteva più stare?
La mia scelta è ragionata, fatta con largo anticipo, in un periodo in cui il Popolo delle Libertà era solo un progetto. Valutando le premesse e vedendo cosa sta succedendo in queste ore, credo di aver visto giusto. Oggi sono un consigliere regionale di un nuovo partito e senza pentimenti. Forza Italia, d'altro canto, ha chiuso i battenti qualche mese fa. Anche a volerci rimanere, non avrei potuto farlo. Dovendo scegliere un altro partito, l'ho fatto in proprio, senza seguire, come gli altri, in maniera automatica, questo flusso verso un ipotetico partito del quale, oggi, sinceramente, non ho alcuna notizia.
In uno scambio di opinioni con Pinuccio Tarantini sul PdL, sottolineava che, l'era del leaderismo, in politica, ha avuto la meglio. Domanda: ma lei in Forza Italia, negli ultimi anni, non ha fatto il bello e cattivo tempo?
Un leader deve sempre confrontarsi con le urne. Il leaderismo è legittimato quando è confortato dal consenso del popolo e quando deriva da voti di preferenza. La mia leadership in Forza Italia è stata frutto del lavoro, del costante impegno e del consenso. Non credo di aver rubato nulla a nessuno.
Quanto hanno inciso, sulla sua decisione di lasciare il PdL, gli strappi con l'attuale Ministro, Raffaele Fitto?
Ho lasciato il PdL prima del voto, ritenendo che il Pdl stesso non poteva essere il percorso più opportuno per il mio cammino politico. I rapporti con Raffaele Fitto erano eccellenti prima, son diventati buoni dopo. Adesso siamo in due partiti diversi, lui fa la sua brillantissima carriera politica, io la mia modestissima carriera politica. Poi si vedrà.
Nell'Udc ha dovuto fare i conti con una base di partito che, soprattutto a livello locale, non ha fatto i salti di gioia al suo ingresso.
Il mio ingresso nell'Udc ha creato un pizzico di disagio, ma lo capisco. I locali l'hanno inteso come una sorta di intromissione scomoda, tenuto conto della mia esperienza politica pregressa. Non mi aspettavo che m'accogliessero con le braccia aperte. In politica, però, le cose, un po' alla volta, si sistemano.
Adesso si sono sistemate?
Credo di si ed è questa la differenza fra noi ed il PdL: quando in un partito ci sono delle regole, ci sono dei riferimenti, c'è un'ortodossia di funzionamento di tipo classico, le cose si sistemano, sempre e comunque, a prescindere dalle volontà dei singoli. Ho sempre inteso il partito come un luogo in cui una serie di nemici si incontrano per perseguire lo stesso obiettivo. Anche in Forza Italia non eravamo tutti amici, però abbiamo convissuto tanti anni raggiungendo degli obiettivi importanti. Non c'è bisogno di essere amici per condividere un'esperienza di partito. Anzi, la mia vita politica insegna che è meglio avere un nemico con cui confrontarsi piuttosto che un amico che poi ti tradisce.
Facciamo un salto a ritroso nel tempo.
Va bene.
Campagna elettorale per le amministrative. Regia di Carlo Laurora. Netta vittoria del centrodestra, ottimo risultato di Forza Italia. Lei diventa direttore generale. Poi cos'è successo?
Dopo qualche mese di direzione generale mi sono reso conto che quell'incarico non soddisfava le mie attese. Ho avvisato il sindaco ed ho interrotto quel cammino, rimettendo il mandato in pochissimi minuti.
Per molti l'incarico di direttore generale è stato all'origine dei suoi problemi politici. Si è allontanato da Bari, ha perso di mano il partito, si è creato maggiori antipatie, è diventato facile bersaglio dei problemi della macchina comunale. Concorda?
Sono stato direttore generale solo per quattro mesi e mezzo, non certo un'eternità. In effetti, l'essermi dedicato, in maniera assoluta, a quel tipo di ruolo mi ha fatto perdere di vista tutto il resto. Ero diventato obiettivo di critiche per tutti i problemi della città. La gente aveva scambiato la direzione generale come l'ufficio dove si dovevano risolvere tutte le questioni del mondo, non solo quelle della macchina comunale. E dovendomi occupare di tutti i problemi del mondo, inevitabilmente ho dovuto sottrar tempo agli altri impegni politici. Ho capito l'errore abbastanza in fretta, tanto più che, dopo quattro mesi e mezzo, ho lasciato l'incarico.
Qualcuno le ha remato contro in quel periodo?
Tantissime persone. Quel ruolo esercitava invidia non solo tra i miei avversari politici ma anche fra i colleghi di coalizione. L'avevo messo in conto, però.
L'invidia proveniva anche dal suo stesso partito?
Si. L'ho detto prima: il partito è un luogo in cui una serie di nemici si incontrano per perseguire lo stesso obiettivo.
Arriviamo alle elezioni politiche. I rapporti tesi fra lei ed i vertici di Forza Italia divampano con quel comunicato giunto a poche ore dalla chiusura della campagna elettorale. Un comunicato destabilizzante che ha scritto la parola fine al suo rapporto con Forza Italia ed il PdL. Dietro il suo gesto si nasconde la delusione per una mancata candidatura al Parlamento?
Assolutamente si. Era in piedi la mia candidatura, decisa dal partito a livello centrale. Ero il diciannovesimo in lista alla Camera dei Deputati. Quando le liste stavano per essere consegnate, il mio nome è scomparso dall'elenco, così come quello di tutti gli altri consiglieri regionali di Forza Italia. Roma, però, aveva avallato la mia candidatura.
Non è stato l'unico scontento fra i "trombati". Gli altri, però, hanno mangiato la foglia e hanno fatto finta di niente, salendo sui palchi e sostenendo il progetto berlusconiano.
A differenza di altri, mi riconosco una certa onestà intellettuale. Potevo nascondermi anch'io come hanno fatto tutti questi signori. Il giorno prima del voto, e non dopo, ho preferito fare chiarezza, prima con me stesso e poi con i miei elettori, dicendo apertamente di non voler seguire quel percorso.
Quel suo gesto ha scatenato il putiferio. Dopo il voto e dopo la schiacciante vittoria di Berlusconi, Lei ha subito due violenti attacchi a mezzo stampa, quello di Distaso e, a seguire, quello della Carlucci.
Alla Carlucci non rispondevo già da tempo, quindi non mi sono preoccupato di farlo neanche in quella circostanza. Ho replicato a Distaso, ricordandogli non solo la nostra vecchia amicizia, ma anche una lunga trafila a braccetto nel coordinamento provinciale di Bari di Forza Italia. Me la sono presa perché, la sua, mi è sembrata una nota sollecitata dal basso. Ho forse esagerato nella risposta. Sarei stato meno duro se Antonio mi avesse chiamato al telefono preannunciandomi quell'intervento a mezzo stampa.
Fuori dal PdL, comincia a farsi nitida l'ipotesi del suo passaggio nell'Udc: sperava che qualche consigliere amico la seguisse?
I consiglieri a cui si riferisce potranno confermarLe quanto sto per dire: il giorno in cui ho deciso di non aderire al PdL, ho detto loro di andare avanti per la propria strada. Non ho chiesto a nessuno di condividere il passaggio nell'Udc perché sapevo che, per loro, in quel momento, cambiare sarebbe stato più difficile. Oggi una riflessione la si può avviare. Ciò che io avevo intuito qualche mese fa, adesso si comincia a delineare e comprendere meglio.
In che senso?
Il PdL è un'illusione, funziona solo quando si vince. Ove mai dovesse capitare una sconfitta elettorale, molto probabilmente tutti i nodi verrebbero al pettine. E ci sarebbe l'implosione di un meccanismo elettorale né partitico e né politico.
Oggi com'è il rapporto con quel gruppo di consiglieri amici?
Bisogna distinguere tra consiglieri e amici. Gli amici son rimasti, i consiglieri continuano a fare i consiglieri dopo aver fatto una scelta. Ed è giusto che sia così quando si è al governo. Io ho seguito un percorso diverso, valutando una serie di opportunità che riguardavano anche la mia carriera politica, che nulla ha a che fare con l'ambito cittadino.
Beppe Corrado lo ha associato al cavallo di Caligola.
Non mi riferivo a Corrado. La nota era generica.
Suvvia, diamo dei nomi. Corrado è il cavallo di Caligola. Ma chi è Caligola?
Preferisco glissare. Dico solo che non mi è piaciuto il comportamento di qualche consigliere che si è comportato in maniera indelicata sotto il profilo umano. Ognuno fa politica come meglio crede, i rapporti umani sono un'altra cosa.
Recentemente, con un comunicato, ha lasciato intendere che qualche consigliere di maggioranza sarebbe pronto a passare nell'Udc.
Non parlavo di consiglieri di maggioranza. Ci sono delle trattative in corso, le portiamo avanti con grande calma, senza fretta.
Lei, però, ne ha di fretta. A Natale ha annunciato di essere pronto a candidarsi a sindaco, qualche giorno fa abbiamo scoperto su Facebook che si candida per il consiglio provinciale. Pronti via e già due candidature col nuovo partito.
Facciamo chiarezza. Nell'intervista di Natale avevo espresso un desiderio, un auspicio. Quando mi fu chiesto cosa pensassi del governo cittadino dissi che, forse, le cose non stavano andando benissimo e che, un giorno, mi sarebbe piaciuto occuparmi in prima persona del futuro di Trani. Ciò non significa volersi candidare a sindaco. Penso, comunque, che ad ogni tranese possa piacere l'idea di diventare sindaco della città. E' un auspicio che nasce dall'amore per Trani, un desiderio che, però, non si può concretizzare nell'immediato.
La candidatura alla provincia, invece, è certa.
E' una necessità di partito. Dobbiamo concentrare sul territorio le migliori risorse elettorali affinché il risultato dell'Udc nella BAT sia il migliore possibile. Non era mia intenzione candidarmi, il partito me lo ha chiesto ed io ho accettato. Non ho difficoltà a scendere in campo in una competizione elettorale così importante. Svolgo attività politica quotidianamente, da tanti anni. Mi sembra doveroso farlo.
L'Udc va con Salerno?
Nell'ultimo consiglio nazionale dell'Udc abbiamo sancito la terzietà rispetto ai due partiti più grandi, il Popolo delle Libertà ed il Partito Democratico. Nell'autonomia del percorso, andremo ad intercettare tutte quelle proposte che non saranno strettamente correlate né con il PdL e né con il Pd. Se dovesse pervenirci una proposta alternativa ai due schieramenti, potremmo valutarla. Un partito come il nostro deve comunque pensare anche ad una candidatura autoctona, interna.
Le rimproverano scarso apporto alla causa tranese dai banchi del Consiglio regionale. Ha prestato tantissima attenzione al censimento dei cani, molta meno su questioni come quelle dell'Ospedale e del Pug.
Sono presidente della commissione regionale sul randagismo, non mi occupo di censimenti di cani ma di verificare che la legge regionale vigente sia applicata nel miglior modo possibile. Venendo alla mia attività politica in Regione, vorrei sottolineare che c'è una bella differenza fra chi fa la politica con gli annunci sui giornali e chi, invece, si occupa effettivamente dei problemi. Sarebbe stato molto semplice per il sottoscritto redigere dei comunicati stampa e mandarli in giro nei momenti topici delle vicende. In tutti questi anni ho svolto il mio lavoro senza l'assillo di apparire a tutti i costi. Perferisco muovermi andando al cuore del problema, senza perdermi nelle banalità di un comunicato stampa. Non vi sfuggirà neanche che sono un consigliere regionale di opposizione in un'assemblea che legifera, cosa molto diversa dal fare il consigliere comunale di opposizione in un Consiglio comunale dove basta alzare la voce per dare dimostrazione d'esserci. In un'assemblea legislativa, i consiglieri d'opposizione non hanno molta voce in capitolo, la qual cosa si evidenzia anche nelle commissioni consiliari dove siamo in minoranza.Parliamo dell'Ospedale.
La questione Ospedale si risolverà nella Conferenza dei sindaci quando si deciderà il piano d'attuazione locale.
Lei ha dichiarato che la soluzione migliore è un Ospedale unico Trani-Bisceglie. Nel piano regionale questo progetto non risulta essere tra le priorità. Continueremo a vivere nell'illusione di un sogno con una realtà moritificante?
L'Ospedale Trani-Bisceglie rientra tra quelli che la Regione intende edificare. Piuttosto che gridare invano ed aspettare la riapertura di alcuni reparti come ostetricia e ginecologia, secondo me la strada da percorrere è quella dell'ospedale unico.
Ma fra il dire ed il fare ci sono di mezzo espropri, progetti, liquidità. Un percorso lungo, troppo lungo.
La sanità non si fa con il campanile. E' meglio percorrere qualche chilometro in più ed avere la consapevolezza di poter risolvere il problema adeguatamente, piuttosto che avere l'Ospedale a tre metri da casa ma non trovare le professionalità giuste al suo interno.
Pug. Si è aperto un dibattito piuttosto aspro sull'esito della Conferenza di servizi con la Regione. Stravolto, modificato, intatto. Lei che ne pensa?
L'adozione del Piano urbanistico generale rappresenta un grande risultato per qualsiasi amministrazione, a prescindere da ciò che si è detto e fatto negli ultimi mesi. Nel caso specifico, era ovvio che la Regione dicesse qualcosa a riguardo. L'impianto generale del piano, così come presentato dal Comune, era, ed è, buono.
Parliamo dei finanziamenti regionali per il completamento del litorale Est. In una lettera all'assessore Introna ha scritto di aver appreso che il Comune di Trani non aveva seguito, con l'accortezza del caso, la ricerca dei finanziamenti più opportuni. Siamo andati a riprendere un comunicato stampa di quando Lei era direttore generale e ne abbiamo trovato uno in cui si esprimeva la soddisfazione per aver portato a compimento tutto l'iter per ottenere il finanziamento. Dov'è l'errore?
La direzione generale non controlla l'operato dei dirigenti, li coordina nell'attività, che deve essere finalizzata al raggiungimento degli obiettivi del programma di governo. Quel comunicato, effettivamente, annunciava la richiesta di finanziamento regionale per il completamento di costa che va dal lungomare Senatore Mongelli alla seconda spiaggia. Qualche settimana fa, dopo aver appreso che il sindaco Tarantini lamentava la scarsa attenzione della Regione nei confronti di questa richiesta, ho incontrato prima l'assessore regionale e poi il dirigente. Ho scoperto che c'era stato qualche problema di natura procedurale. Mi sono adoperato affinché questi ostacoli possano essere al più presto superati.
Nelle ultime settimane ha sfornato un bel numero di comunicati stampa a sua firma. Lo fa solo perché è candidato?
Sono candidato alle Provinciali e sarò candidato, inevitabilmente, alle Regionali. Chi fa politica deve mettere in conto il fatto di doversi candidare. Non mi sono mai tirato indietro, ho ponderato le mie scelte, ho preso ogni decisione con ragionevolezza, come in questo caso. Le elezioni Provinciali sono un appuntamento importante a cui non posso non concorrere.
Di recente ha sottolineato come una delle cause maggiori del mal funzionamento della macchina comunale sta nell'operato dei dirigenti comunali. Quando ha accettato la direzione generale, ha svestito i panni del politico e si è messo a fare il capo dei dirigenti.
Come ho detto prima, l'operato dei dirigenti deve essere teso al raggiungimento degli obiettivi del programma di governo. Durante i quattro mesi e mezzo di direzione generale mi sono accorto che lo strapotere dei dirigenti stava prevaricando l'iniziativa della politica. Pur volendo professare la linea politica indicata nel programma, ho dovuto fare i conti con l'ostracismo di alcuni dirigenti i quali, sebbene fossero stati scelti dall'amministrazione, non stavano remando nella stessa direzione.
Da allora ad oggi, cosa crede sia cambiato?
Non lo so. Saranno i cittadini a giudicare se le cose vanno bene o meno. Posso rispondere per il periodo in cui ho ricoperto il ruolo di direttore generale: i dirigenti avevano la meglio rispetto alla politica.
Cosa pensa del Tarantini bis?
Non mi permetto di esprimere critiche perché sono troppo coinvolto emotivamente, avendo cogenerato, con Pinuccio, questa iniziativa politica della quale non faccio più parte. Ora mi occupo di altro. Spero che gli obiettivi del programma di governo possano essere reggiunti. Ho la sensazione che, in città, ci sia un pizzico di malcontento, ma mi auguro che loro siano in grado di dare una sterzata. Facendo un raffronto, l'esperienza della prima consiliatura di Tarantini mi sembrava più organica e funzionale.
Colpa anche dell'attuale giunta?
La giunta conta fino ad un certo punto. L'importante è che ci sia rispondenza tra l'organo politico e l'organo amministrativo. Il problema sta nella dicotomia creatasi tra il gruppo dei dirigenti e la giunta.
E parliamo di elezioni Provinciali. Domanda che vale per Lei ma anche per tutti gli altri candidati: come spera di convincere i tranesi, piuttosto freddini, ad andare a votare?
Il tranese è geneticamente un po' più distaccato nei confronti della vita politica rispetto ai cittadini di altri Comuni, in particolare di Barletta ed Andria. Il popolo tranese è distaccato, elegante nei comportamenti, ma sa essere volitivo nei momenti imporanti, sa farsi valere. Quando arriverà il momento delle elezioni, sono convinto che i tranesi troveranno le motivazioni per andare a votare e sapranno scegliere al meglio.
Secondo lei c'è il rischio che Trani rimanga al palo a causa della corsa sfrenata alla candidatura?
Mi auguro di no, in caso contrario verrebbe sconfessata la teoria della semplificazione dei partiti tanto predicata dal Pdl e dal Pd che ritengo valida solo per le elezioni politiche.
Voltandosi indietro, cosa non rifarebbe?
Non accetterei di rifare il direttore generale. Sia ben chiaro: è un errore che ho commesso in buona fede, nello spirito di collaborazione con il governo Tarantini. Se avessi potuto ricoprire un altro ruolo, probabilmente sarei andato in giunta. La carica di consigliere regionale non mi consentiva, per incompatibilità, di assumere altro tipo di incarico. La direzione generale era una subordinata quasi obbligata. Rifarei invece il cambio di partito. Gli accadimenti di questi giorni confermano che questa scelta è stata opportuna.
Guardando avanti, cosa vede nel suo futuro politico?
Tanto impegno quotidiano, come sempre d'altronde. Un approccio molto discreto, senza grandi clamori. Sono abituato a lavorare in squadra ed a rimboccarmi le maniche. Mi impegnerò per portare avanti un progetto politico che non è soltanto mio. Abbiamo riformato tutto: gente nuova, personalità di rilievo, direi che è stato fatto un ottimo lavoro. I risultati ci premieranno.