Un caffè con...
Un Caffè con Pina Chiarello
Le interviste del direttore di traniweb
sabato 22 novembre 2008
Partirei da una considerazione: quando Tarantini si dimise, disse di non voler avere mai più nulla a che fare con lei. A distanza di qualche anno riceve un incarico fiduciario da un'azienda con presidente in quota ad Alleanza Nazionale, il partito di Tarantini. Dobbiamo dedurre che i vostri rapporti siano cambiati?
Vorrei distinguere le due cose. Nel "Tarantini uno" abbiamo avuto solo un difetto di comunicazione. Prova ne sia che i rapporti, fra me e Tarantini, anche dopo le sue dimissioni, sono rimasti cordiali, politicamente corretti. Sempre sotto il profilo politico, è nei fatti che ci sia stata un'evoluzione. Siamo entrati a far parte della corrente di Carlo Giovanardi, abbiamo stretto un rapporto politico di maggiore collaborazione con i partiti del PdL. A Trani siamo in maggioranza, in campagna elettorale abbiamo condiviso il programma politico del sindaco e della coalizione, quindi è logico che il gruppo politico del quale faccio parte mantenga un rapporto stabile e di sostegno al governo Tarantini. Un conto, però, è la politica, un altro conto sono le qualità professionali di una persona. Confondere questi due aspetti diventa offensivo, soprattutto per me. Non lavoro sulla base di un'appartenenza ad uno schieramento politico, lavoro in ragione delle mie qualità professionali. E se il presidente o il Consiglio d'Amministrazione di Amet ha ritenuto di affidarmi un incarico è solo perché, alla base, c'è una fiducia professionale nei miei confronti, non certo politica.
Momenti di tensione si sono registrati, in passato anche con l'Udc. Quando Lei, insieme a tre consiglieri, ha lasciato il partito di Casini per andare nei Popolari Liberali si è presa una letteraccia da Giorgino e Ruggiero in cui si svelava - riporto testualmente - "l'intima consapevolezza che con i dimissionari e con la loro leader o "presunta tale" non si era mai condiviso nulla, nè alcuna progettualità politica, nè un alfabeto di valori, nè una minima coerenza politica". Domanda: e come avete fatto ad unirvi prima in matrimonio?
La frase che lei ha citato è tratta da una nota scritta in politichese. I rapporti con l'Udc e con tutti gli uomini del partito sono e restano cordiali e di reciproco rispetto. Le nostre strade ad un certo punto si sono divise perché noi abbiamo ritenuto che il progetto politico con le forze del centrodestra andasse salvaguardato. Abbiamo fatto una scissione seguendo la corrente di Giovanardi, siamo stati il primo gruppo in Italia a farlo. Non credo che abbiamo sbagliato nel mantenere un rapporto di coerenza con il centrodestra. Al contrario, l'Udc si trova, oggi, in una situazione particolare a livello nazionale ed i rapporti con il PdL non mi risulta siano così saldi come un tempo. Da un punto di vista personale ho massima stima nei confronti di tutti gli amici dell'Udc, tutte persone serie e capaci dal punto di vista politico.
Nei Popolari Liberali passarono tre consiglieri comunali più Lei. Due consiglieri, quasi subito, ci hanno ripensato: Gargiuolo è passato in AN, Cozzoli in Forza Italia.
La politica è un continuo divenire. Ho compreso la sofferenza del consigliere Cozzoli, nato e cresciuto, politicamente parlando, in Forza Italia, partito in cui si è sempre sentito come a casa sua. Ad onor del vero, Cozzoli non ha mai fatto mistero di questa nostalgia ed appena è stato possibile ci è tornato di corsa. La sua era, quindi, una dipartita annunciata. Ma, a prescindere dai numeri, posso garantirle che per noi cambia davvero poco. Alleanza Nazionale, Forza Italia e Popolari Liberali costituiscono, nei fatti, un'entità sola, salvo qualche scheggia impazzita.
Se foste rimasti con tre consiglieri, forse avreste potuto rivendicare un assessore, visto che si è in odore di rimpasto.
Ragionare nell'ottica del "valere in base al numero dei consiglieri" non mi piace. Credo che il sindaco abbia dato dimostrazione che il valore di un assessore non è proporzionato al numero dei consiglieri, altrimenti non ci spiegheremmo la situazione attuale della giunta. Non vi è dubbio che nutriamo la legittima aspirazione di dare un contributo concreto nella gestione amministrativa, ma non faremo mai mancare la nostra presenza in Consiglio comunale semplicemente per la mancanza di un'espressione assessorile. Anche quando avevamo tre consiglieri e zero assessori non ci siamo sperticati in recriminazioni. La giunta lavora, produce ed è qualificata. Andare a disequilibrarla per ambizioni personali non ci sta bene.
Il suo incarico ad Amet è diventato uno dei temi del momento. Ha detto prima che le è stata riconosciuta una capacità professionale.
Sull'incarico non entrerò nel merito perché abbiamo dei vincoli, in termini di pubblicità, da rispettare. Il mio studio, al pari di tanti altri studi di altrettanto valenti professionisti, gode di una credibilità che valica i limiti del territorio di Trani. Una credibilità diffusa, che nasce dal modo professionale con cui affrontiamo le questioni che ci vengono poste. Il mio studio si occupa di diritto societario, di diritto penale e di questioni che attengono anche la pubblica amministrazione. A questo si aggiunga un percorso individuale che esula dai corsi di aggiornamento, oggi obbligatori. Dopo la laurea ho avuto la fortuna di collaborare con l'Università e l'Istituto di Economia e Finanza, ho avuto il privilegio di essere indicata come docente nei corsi di formazione post universitaria, di aver insegnato ai dirigenti della Regione Puglia. Un cammino formativo e di arricchimento professionale, pari a quello di tanti altri validi colleghi, che Amet ha ritenuto, evidentemente, utile per i suoi progetti.
Si è stupita di tutto questo trambusto?
Parlerò solo da un punto di vista politico, gli altri aspetti sono di competenza del CdA della società e del sindaco. Credo che l'opera di controllo e di vigilanza sia prerogativa di ogni consigliere d'opposizione, se fatta in maniera corretta e rispettosa. Sempre in tema di rispetto, credo anche che, quando si è in maggioranza, l'eventuale critica non debba mai superare gli ambiti della dialettica politica, consentita a tutti. Se si supera questo limite, allora la cosa non va più bene.
Il caso però è scoppiato nella coalizione di governo.
Essendo parte in causa, mi sono defilata dall'affrontare la questione, lasciando l'iniziativa al vice coordinatore dei Popolari Liberali, l'avvocato (anche lui!) Maurizio Di Pantaleo. Abbiamo chiarito la vicenda in un tavolo di discussione, costruttiva, con Alleanza Nazionale e Forza Italia, partiti cui siamo legati da rapporti di cordialità e di serena collaborazione.
Le sue considerazioni in proposito?
A volte il soffermarsi su questioni marginali obbliga la gente a non guardare le questioni sostanziali. Mi spiego: per settimane, giornali e tv hanno dato grande risalto alla vicenda della nomina del presidente della Commissione di vigilanza della Rai, una questione marginale che ha oscurato notizie ben più rilevanti per il futuro degli italiani come, ad esempio, il varo di una legge che non consentirà più la detrazione fiscale sugli straordinari. Ciò che succede a livello nazionale si verifica anche in ambito locale, dove si vuol puntare l'attenzione su un fatto marginale quando ci sono da affrontare cose molto più serie. A Trani abbiamo un problema di disoccupazione, un Pug da approvare, tante altre questioni sostanziali che vedono i Popolari Liberali confrontarsi, quotidianamente, con Alleanza Nazionale e Forza Italia, argomenti su cui mi aspetto che anche l'opposizione dica prima o poi qualcosa, posto che, da un anno e mezzo, dall'altra parte, vedo scarsa pregnanza di contenuti nella critica e nella costruttiva collaborazione al governo della città.
Possiamo sapere almeno quali saranno le finalità del suo incarico?
Non sono autorizzata a parlarne. La persona deputata a farlo è chi vuol raggiungere l'obiettivo. Io sono uno strumento attraverso cui raggiungerlo. Le dico che gli obiettivi hanno sempre le finalità che il socio unico, cioè il Comune, vuole raggiungere. Nello specifico non entro, gliel'ho detto, ma è naturale che Amet non può che avere un obiettivo: la valorizzazione dell'azienda. Ripercorrendo il percorso lunghissimo fatto da Amet dalla sua nascita ad oggi, si può constatare quante difficoltà sono state incontrate per arrivare a produrre prima e commercializzare dopo energia. Nel corso degli ultimi 50 anni, sono stati fatti sensibili passi in avanti: Amet ha arricchito l'offerta attraverso l'attribuzione di servizi, espletati al meglio perché, all'interno dell'azienda, ci sono professionalità importanti, gente che vive l'azienda come una cosa propria e che, quindi, tende a dare il massimo per raggiungere gli standard ottimali. Credo che Amet non sia solo il fiore all'occhiello della città di Trani. Amet è una prospettiva, un'occasione per guardare il futuro in modo differenziato rispetto alle altre città. Su Amet vanno operati investimenti, non di natura economica, ma di idee e di progettualità. Se Amet cresce, Trani potrà beneficiarne in termini di ricaduta economica e di prestigio territoriale. Non dimentichiamoci che, in tutto il bacino della sesta provincia, noi siamo gli unici ad avere un'azienda componente del comitato esecutivo di Federelettrica. E, con la nascita del primo consiglio provinciale della Bat, le opportunità, sotto il profilo espansionistico, saranno elevatissime.
In questo periodo, anche per via del suo incarico, avrà avuto modo di verificare la situazione di Amet sotto il profilo delle risorse umane e della gestione di esse. Che situazione ha trovato?
Non spetta a me parlar di questo.
Riformulo la domanda: da un punto di vista politico, l'Amet è all'altezza di poter assolvere i compiti che gli sono stati affidati?
Amet ha delle risorse umane di grande qualità. Se a queste risorse venissero offerti degli strumenti tecnologici migliori, è normale che si affronterebbero i problemi ottenendo un risultato migliore. Complessivamente abbiamo una base di risorse umane estremamente valida, un Consiglio d'Amministrazione ed un Amministratore delegato che affrontano le situazioni cercando di contemperare le esigenze di efficienza e di risparmio dell'azienda con le esigenze dei singoli e con le esigenze espansionistiche di Amet. Come in tutte le cose si potrebbero apportare delle migliorie ma, dal mio punto di vista, si tratta solo di piccoli accorgimenti.
Amet però ha chiuso con un bilancio in passivo. Non è un controsenso rispetto a ciò che ha appena detto?
Quando si guarda ad un'azienda ed alla capacità di reggere il mercato, non possiamo fermarci ad osservare il limite del bilancio di esercizio. Una valutazione può essere fatta solo a lungo e medio termine. Vista in questa prospettiva, Amet è un'azienda sana e solida, con risorse umane, con risorse patrimoniali, ma soprattutto con risorse progettuali. I momenti negativi sono fisiologici, possono capitare, ma non c'è da gridare allo scandalo.
Le faccio un'ultima domanda su Amet: si occuperà della questione legata alla vendita di quote azionarie dell'azienda a privati?
Non le posso rispondere sul mio incarico.
Riformulo la domanda: secondo lei sarebbe utile privatizzare Amet?
Le rispondo, a titolo esclusivamente personale, con un'ipotesi: ammettiamo che, un domani, Amet abbia l'ambizione di erogare energia per tutto il comprensorio nord barese. Un'operazione di questo tipo imporrebbe un investimento consistente di risorse e capitali. In generale, se l'investimento è immediato, è altrettanto vero che l'effetto di quell'investimento lo si potrà avere solo nel lungo termine. Una politica espansionistica necessita di grossi investimenti, pertanto un'azienda, qualunque essa sia, se si rende conto che le sue risorse non sono sufficienti, deve necessariamente cercare nuove forme di investimento o nuovi investitori. Tra le due ipotesi, io scelgo la seconda. Ripeto, sto parlando da politico e non in relazione al mio rapporto con Amet. E' chiaro che l'investitore deve essere scelto con intelligenza e che debba avere determinate caratteristiche: deve apportare alla causa un know-how non solo economico ma anche di tipo umano, di tecnologie e di esperienza. Con questo ingresso di risorse nuove, ritengo che anche Amet possa progettare un futuro ben diverso da quello di una piccola azienda in house che serve solo la città di Trani. Al contrario, potrebbe affacciarsi sul mercato guardando con ottimismo all'ambito provinciale. Le chiedo di specificare che si tratta di considerazioni mie personali, anzi di un sogno di Pino Chiarello: mi piacerebbe pensare che Trani possa gestire, un domani, la luce ed il buio della gente di tutta la provincia.
Chiudiamo il capitolo Amet e spostiamoci sulle vicende politiche degli ultimi giorni. Lei ha parlato di investimenti a breve, medio e lungo termine. L'amministrazione tenta di varare progetti di ampio respiro, poi va a scivolare su determinazioni definite da molti come "folli improvvisazioni politiche". L'ultimo caso: la chiusura del porto che ha provocato il mal di pancia dell'Udc, cioé un partito di maggioranza.
Cominciamo col dire che, quando l'argomento è stato portato nella riunione di maggioranza, l'Udc era presente e non ricordo di aver ascoltato delle perplessità rispetto a quel provvedimento.
Non è la prima volta che succede una cosa del genere, ossia che nelle riunioni di maggioranza tutti tacciono salvo poi correre sulla stampa a lamentarsi. Ma che succede in quei contesti? Timore reverenziale nei confronti del sindaco?
Non vi è dubbio che Pinuccio Tarantini abbia una grande personalità, ma non è una questione di timore reverenziale. Probabilmente quando il sindaco espone le questioni nessuno, in quel momento, ha mai argomenti da contrapporre.
Ma lo fanno il giorno dopo!
Avranno bisogno di riflettere, oppure è colpa della distrazione, non lo so. Vero è che, certe decisioni, sono delicate, vanno studiate, in apparenza possono sembrare tutte perfette e poi ci si accorge che qualche cosa non va. Per quanto riguarda noi, Alleanza Nazionale e Forza Italia, non ci sono stati mai problemi. Abbiamo sempre trovato convergenza, non siamo mai venuti fuori con critiche rispetto ai provvedimenti di cui abbiamo discusso.
Torniamo ai guai del porto.
L'amministrazione ha necessità di fare delle scelte, delle sperimentazioni. Non so perché, invece, abbiamo l'abitudine di stupirci e di contestare ogni volta che qualcuno tocca qualcosa. Qualsiasi provvedimento viene vissuto all'inizio come impopolare, poi le persone ne capiscono l'importanza e lentamente si adattano. Mi fa rabbia pensare ai tanti cittadini tranesi che si godono senza protestare il passeggio di via Sparano a Bari. Anche nel capoluogo ricordo le contestazioni quando la strada fu chiusa al traffico: oggi nessuno si lamenta, i commercianti sono contentissimi e la strada è diventata un biglietto da visita della città.
Via Sparano è circondata da strade che permettono lo scorrimento ed il deflusso del traffico senza disagi. Lei si immagina, a Trani, corso Vittorio Emanuele pedonale?
L'abitudine dà stabilità. Tutte le innovazioni sono contestate perché spezzano un ritmo a cui difficilmente si rinuncia. Da un lato ci lamentiamo della sosta selvaggia, del traffico, dello smog. Dall'altro, poi, ogni volta che si tende a salvaguardare queste esigenze rispetto a quelle dell'automobilista, succede il finimondo. Le modifiche alla viabilità, per me, vanno fatte, partendo dalla considerazione che l'amministrazione non si può piegare dinnanzi alle pretese di quei cittadini che prendono la macchina anche per fare cento metri di strada. Non sono un tecnico. c'è chi ha fatto, per conto dell'amministrazione, uno studio sulla viabilità che ha tenuto conto di tutta una serie di esigenze e situazioni. Tutto è migliorabile, si figuri. Un amministratore, però, deve valutare quale esigenza vuol salvaguardare in maniera prioritaria. Le faccio questa domanda: è più diffusa l'esigenza dell'automobilista o quella del pedone? E ancora: bisogna tener conto delle esigenze del portatore d'handicap, della mamma con il carrozzino, bisogna affrontare il problema dell'inquinamento, oppure no? Se la risposta è sì, allora tutti dobbiamo essere pronti a fare dei sacrifici.
Sempre sul porto, risposta secca: gli orari di chiusura nel week end sono corretti?
Sono migliorabili.
L'aver fatto rientrare nell'area pedonale le uniche due aree di sosta è una decisione corretta o insana?
Lo stiamo sperimentando. Se ci dovessimo rendere conto che il vantaggio è inferiore rispetto al disagio, vedrà che l'amministrazione saprà fare ammenda dell'errore e riconsidererà il provvedimento. Mi creda: non mi spiego perché, quando i tranesi si spostano in altre città, accettano ben volentieri di parcheggiare l'auto fuori dal centro abitato e di camminare a piedi. Se la stessa cosa succede a Trani, sono pronti a fare la rivoluzione. Si dice sempre che Trani ha (anzi, avrebbe) vocazione turistica, che a Trani vorremmo le spiagge, le strade pulite, le piste ciclabili, più luoghi dove far giocare i nostri bambini. E poi? Guai se al cittadino vai a togliere la macchina, la passeggiata con la musica a tutto volume ed il gomito fuori dal finestrino. Lo perdi dalle mani.
Facile, dunque, prevedere il flop dei park & ride: appena 300 euro incassati.
Non si può dare una valutazione definitiva su di un progetto appena partito e sulla base di ciò che ti dà al momento. Ci si deve abituare a cambiare stile di vita, non è semplice. A Bari ricordo una situazione analoga per il parcheggio vicino il Tribunale, nei pressi di via Enrico de Nicola, un parcheggio custodito e ben attrezzato. All'inizio non lo utilizzava nessuno. Piuttosto che lasciare lì la macchina si preferiva girare per ore alla ricerca di una sosta e, alla fine, si accettava di buon grado anche di pagare il parcheggiatore abusivo di turno. L'amministrazione comunale di Bari non si è arresa, è andata avanti ed ha avuto ragione. Negli ultimi due anni il parcheggio attrezzato è sempre pieno come un uovo e difficilmente si trova posto. Tornando a noi, sono convinta che, piano piano, con il nuovo piano del traffico, con una politica educativa, tutti quanti ci abitueremo a comprendere che la città si vive camminando a piedi e non guardando le vetrine a venti all'ora in macchina. Le dirò di più: multerei quelli che lo fanno, sono un ostacolo alla circolazione.
Giudizio secco sulla giunta.
E' una buona giunta.
Marinaro ha detto che gli assessori sono introvabili al Comune.
Se un assessore sta troppo in Comune, vuol dire che non lavora. Il compito di un assessore non è quello di stare nella propria stanza a ricevere gente ed a perder tempo. L'assessore deve avere la capacità di sostituirsi al sindaco in altre cose, ad esempio andare in Regione o a Roma, preoccuparsi di reperire dei finanziamenti, interloquire con le città limitrofe e con le altre Istituzioni. Chi sta troppo al Comune scalda solo la sedia.
Lei dice questo. Poi ci scontriamo con l'attualità: la cronaca racconta che abbiamo perso i finanziamenti per la biblioteca, che dopo due anni non si capisce chi è proprietario dello stadio, che il servizio di refezione è partito in grande ritardo, che sulla riscossione dei tributi siamo in affanno, che non abbiamo le chiavi della cabina degli impianti realizzati in via Giuliani e Pozzopiano. E potrei continuare.
Attenzione, viviamo ancora col vecchio retaggio secondo cui chi gestisce è l'assessore. C'è il decreto legislativo 267 del 2000, che tutti dimenticano quando vogliono e che ha completamente stravolto il sistema. Adesso sono i dirigenti ad avere la gestione effettiva. L'assessore ha un compito di indirizzo, deve saper gestire al meglio i rapporti con le forze politiche sovraordinate da un punto di vista gerarchico.
Allora bocciamo i dirigenti.
Certo, se ci sono dirigenti che operano in maniera disordinata e disorganizzata è giusto bocciarli, d'altronde li paghiamo ed anche abbastanza. Il problema è anche un altro ed è legato al problema del personale comunale, alla questione delle progressioni verticali.Ci siamo, finalmente.
Qualche altro ostacolo lo troveremo davanti ma la strada è tracciata. Se tutto fosse facile non avremmo bisogno di tutti questi apparati, di sindaci, di giunte, di dirigenti, di sindacati. Partorire questo tipo di provvedimento non sarà semplice, sicuramente il dirigente dovrà pararsi dalle normali, scontate pressioni di tutti i tipi. Nel settore però abbiamo un dirigente molto in gamba, come tutti gli altri d'altronde.
Li abbiamo bocciati qualche domanda fa...
No. Io ho detto "se ci sono dirigenti che operano in maniera disordinata e disorganizzata è giusto bocciarli". I risultati vanno valutati alla fine, quando si potrà capire se gli obiettivi sono stati raggiunti o meno. A tutti, strada facendo, capita di sbagliare.
Le ripartizioni più sofferenti appaiono quelle delle Finanze e dei Servizi sociali.
Condivido.
Per la riscossione dei tributi le pongo una domanda secca: esternalizziamo o gestiamo in house?
L'ambizione della pubblica amministrazione è di formare il personale, prenderne del nuovo e gestire in proprio i tributi, senza pagare aggi ad altre società. Oggi ci troviamo in una situazione, oggettivamente drammatica, in cui da un lato il Comune non sta incassando nulla e dall'altro si sta impegnando per tagliare ancora le tasse.
Gioco di prestigio?
No, ce la faremo. Sia pure di poco, ridurremo alcune imposte. Ma la situazione, così com'è, non va.
Allora esternalizziamo tutto.
Questa è una mia valutazione: se non incasso e sono in emergenza, piuttosto che restare a bocca asciutta, esternalizzo.
Servizi sociali. La Cicolani gode dell'affetto e della stima di tutti. Ma quasi unanimemente hanno detto che non è all'altezza di quel ruolo.
Mi consente una digressione?
Prego.
Sono molto contenta di aver appreso che, uno degli obiettivi del governo nazionale, sarebbe quello dell'istituzione della social card. Ricorderà che, durante il primo Tarantini, assessore la dottoressa Carla Palmieri, una dei traguardi che si cercò di raggiungere fu la card per le politiche sociali. Questo aneddoto è la dimostrazione di come si stava agendo con attenzione nel campo delle politiche sociali, con scelte che avrebbero potuto fare di Trani la città capofila di un progetto sperimentale che, oggi, il governo nazionale vuole prendere in considerazione. La dottoressa Palmieri, per altro, non molto tempo fa, ha riproposto all'assessore Cicolani l'istituzione della social card, senza avere risposta.
Dunque...
Le politiche sociali sono un settore difficile e complesso. In quella ripartizione posso certificare la grande penuria di personale che ha, tra l'altro, bisogno di essere riqualificato perché, proprio nell'ambito delle politiche sociali, bisogna stare al passo con le continue evoluzioni. Il nuovo dirigente è persona particolarmente qualificata, molto determinata e sta facendo il possibile per supportare l'azione dell'assessore e dell'amminsitrazione.
Fra i suoi comunicati, ricordo quello sull'antenna piazzata sul campetto gestito dalla parrocchia di San Giuseppe. Chiese al Commissario di intervenire. Avete vinto le elezioni, l'antenna è ancora lì, né sono spuntate delle altre.
Quello delle antenne è un problema legato ad un regolamento approvato dall'amministrazione Avantario, nella cui giunta c'erano convinti assertori della tutela dell'ambiente e della salute pubblica. E sarà il caso di andarlo a rivedere quanto prima. Approfitto di questa intervista per dare una notizia in anteprima: nell'ultima riunione di maggioranza il sindaco ha chiesto espressamente alle forze della coalizione di prestare attenzione ai nuovi finanziamenti in materia di impiantistica sportiva perché uno dei suoi obiettivi è di ridare alla chiesa di San Giuseppe un campo da gioco.
Come si dice: la speranza è l'ultima a morire. Chiudiamo: nove mesi fa si è abbattuta sul Comune l'inchiesta giudiziaria sull'Estate tranese che ha coinvolto anche AIGS. Lei ha più volte difeso quel ramo d'azienda dell'Amet, rivelatosi fallimentare. Lo rifarebbe ancora?
Fermo restando che, nel frattempo, sono intervenute nuove normative che non consentiranno più l'affidamento in house alle aziende, continuo a difendere AIGS e l'intuizione che si ebbe di costituire una società di servizi a capitale pubblico con il compito di erogare servizi per conto del Comune a costi contenuti e fornendo risposte in termini di occupazione. Il Comune avrebbe potuto evitare il ricorso alle gare d'appalto, attribuire alla società l'esecuzione del servizio ad un prezzo concorrenziale, garantendo la possibilità di assunzione di personale locale, vuoi per pubblico concorso, vuoi a chiamata diretta.
Il discorso non fa una piega se non fosse che la stessa giunta Tarantini decise lo svuotamento dei servizi dell'AIGS nel 2006. Un caso di eutanasia?
Vero: l'amministrazione prima glieli ha dati, poi glieli ha tolti. Ma se ricorda bene, sorse un triplice problema: il primo, politico, su cui non voglio tornarci su; il secondo, legato alla sopravvivenza delle altre aziende in un momento in cui c'era un orientamento nazionale a stringere la cinghia; il terzo, legato all'imminente normativa che vietava l'affidamento in house alle aziende. Tutte queste componenti hanno fatto venir meno la funzione di AIGS. Se io potessi tornare indietro, con le stesse condizioni di partenza, difenderei strenuamente, ancora una volta, AIGS.
Vorrei distinguere le due cose. Nel "Tarantini uno" abbiamo avuto solo un difetto di comunicazione. Prova ne sia che i rapporti, fra me e Tarantini, anche dopo le sue dimissioni, sono rimasti cordiali, politicamente corretti. Sempre sotto il profilo politico, è nei fatti che ci sia stata un'evoluzione. Siamo entrati a far parte della corrente di Carlo Giovanardi, abbiamo stretto un rapporto politico di maggiore collaborazione con i partiti del PdL. A Trani siamo in maggioranza, in campagna elettorale abbiamo condiviso il programma politico del sindaco e della coalizione, quindi è logico che il gruppo politico del quale faccio parte mantenga un rapporto stabile e di sostegno al governo Tarantini. Un conto, però, è la politica, un altro conto sono le qualità professionali di una persona. Confondere questi due aspetti diventa offensivo, soprattutto per me. Non lavoro sulla base di un'appartenenza ad uno schieramento politico, lavoro in ragione delle mie qualità professionali. E se il presidente o il Consiglio d'Amministrazione di Amet ha ritenuto di affidarmi un incarico è solo perché, alla base, c'è una fiducia professionale nei miei confronti, non certo politica.
Momenti di tensione si sono registrati, in passato anche con l'Udc. Quando Lei, insieme a tre consiglieri, ha lasciato il partito di Casini per andare nei Popolari Liberali si è presa una letteraccia da Giorgino e Ruggiero in cui si svelava - riporto testualmente - "l'intima consapevolezza che con i dimissionari e con la loro leader o "presunta tale" non si era mai condiviso nulla, nè alcuna progettualità politica, nè un alfabeto di valori, nè una minima coerenza politica". Domanda: e come avete fatto ad unirvi prima in matrimonio?
La frase che lei ha citato è tratta da una nota scritta in politichese. I rapporti con l'Udc e con tutti gli uomini del partito sono e restano cordiali e di reciproco rispetto. Le nostre strade ad un certo punto si sono divise perché noi abbiamo ritenuto che il progetto politico con le forze del centrodestra andasse salvaguardato. Abbiamo fatto una scissione seguendo la corrente di Giovanardi, siamo stati il primo gruppo in Italia a farlo. Non credo che abbiamo sbagliato nel mantenere un rapporto di coerenza con il centrodestra. Al contrario, l'Udc si trova, oggi, in una situazione particolare a livello nazionale ed i rapporti con il PdL non mi risulta siano così saldi come un tempo. Da un punto di vista personale ho massima stima nei confronti di tutti gli amici dell'Udc, tutte persone serie e capaci dal punto di vista politico.
Nei Popolari Liberali passarono tre consiglieri comunali più Lei. Due consiglieri, quasi subito, ci hanno ripensato: Gargiuolo è passato in AN, Cozzoli in Forza Italia.
La politica è un continuo divenire. Ho compreso la sofferenza del consigliere Cozzoli, nato e cresciuto, politicamente parlando, in Forza Italia, partito in cui si è sempre sentito come a casa sua. Ad onor del vero, Cozzoli non ha mai fatto mistero di questa nostalgia ed appena è stato possibile ci è tornato di corsa. La sua era, quindi, una dipartita annunciata. Ma, a prescindere dai numeri, posso garantirle che per noi cambia davvero poco. Alleanza Nazionale, Forza Italia e Popolari Liberali costituiscono, nei fatti, un'entità sola, salvo qualche scheggia impazzita.
Se foste rimasti con tre consiglieri, forse avreste potuto rivendicare un assessore, visto che si è in odore di rimpasto.
Ragionare nell'ottica del "valere in base al numero dei consiglieri" non mi piace. Credo che il sindaco abbia dato dimostrazione che il valore di un assessore non è proporzionato al numero dei consiglieri, altrimenti non ci spiegheremmo la situazione attuale della giunta. Non vi è dubbio che nutriamo la legittima aspirazione di dare un contributo concreto nella gestione amministrativa, ma non faremo mai mancare la nostra presenza in Consiglio comunale semplicemente per la mancanza di un'espressione assessorile. Anche quando avevamo tre consiglieri e zero assessori non ci siamo sperticati in recriminazioni. La giunta lavora, produce ed è qualificata. Andare a disequilibrarla per ambizioni personali non ci sta bene.
Il suo incarico ad Amet è diventato uno dei temi del momento. Ha detto prima che le è stata riconosciuta una capacità professionale.
Sull'incarico non entrerò nel merito perché abbiamo dei vincoli, in termini di pubblicità, da rispettare. Il mio studio, al pari di tanti altri studi di altrettanto valenti professionisti, gode di una credibilità che valica i limiti del territorio di Trani. Una credibilità diffusa, che nasce dal modo professionale con cui affrontiamo le questioni che ci vengono poste. Il mio studio si occupa di diritto societario, di diritto penale e di questioni che attengono anche la pubblica amministrazione. A questo si aggiunga un percorso individuale che esula dai corsi di aggiornamento, oggi obbligatori. Dopo la laurea ho avuto la fortuna di collaborare con l'Università e l'Istituto di Economia e Finanza, ho avuto il privilegio di essere indicata come docente nei corsi di formazione post universitaria, di aver insegnato ai dirigenti della Regione Puglia. Un cammino formativo e di arricchimento professionale, pari a quello di tanti altri validi colleghi, che Amet ha ritenuto, evidentemente, utile per i suoi progetti.
Si è stupita di tutto questo trambusto?
Parlerò solo da un punto di vista politico, gli altri aspetti sono di competenza del CdA della società e del sindaco. Credo che l'opera di controllo e di vigilanza sia prerogativa di ogni consigliere d'opposizione, se fatta in maniera corretta e rispettosa. Sempre in tema di rispetto, credo anche che, quando si è in maggioranza, l'eventuale critica non debba mai superare gli ambiti della dialettica politica, consentita a tutti. Se si supera questo limite, allora la cosa non va più bene.
Il caso però è scoppiato nella coalizione di governo.
Essendo parte in causa, mi sono defilata dall'affrontare la questione, lasciando l'iniziativa al vice coordinatore dei Popolari Liberali, l'avvocato (anche lui!) Maurizio Di Pantaleo. Abbiamo chiarito la vicenda in un tavolo di discussione, costruttiva, con Alleanza Nazionale e Forza Italia, partiti cui siamo legati da rapporti di cordialità e di serena collaborazione.
Le sue considerazioni in proposito?
A volte il soffermarsi su questioni marginali obbliga la gente a non guardare le questioni sostanziali. Mi spiego: per settimane, giornali e tv hanno dato grande risalto alla vicenda della nomina del presidente della Commissione di vigilanza della Rai, una questione marginale che ha oscurato notizie ben più rilevanti per il futuro degli italiani come, ad esempio, il varo di una legge che non consentirà più la detrazione fiscale sugli straordinari. Ciò che succede a livello nazionale si verifica anche in ambito locale, dove si vuol puntare l'attenzione su un fatto marginale quando ci sono da affrontare cose molto più serie. A Trani abbiamo un problema di disoccupazione, un Pug da approvare, tante altre questioni sostanziali che vedono i Popolari Liberali confrontarsi, quotidianamente, con Alleanza Nazionale e Forza Italia, argomenti su cui mi aspetto che anche l'opposizione dica prima o poi qualcosa, posto che, da un anno e mezzo, dall'altra parte, vedo scarsa pregnanza di contenuti nella critica e nella costruttiva collaborazione al governo della città.
Possiamo sapere almeno quali saranno le finalità del suo incarico?
Non sono autorizzata a parlarne. La persona deputata a farlo è chi vuol raggiungere l'obiettivo. Io sono uno strumento attraverso cui raggiungerlo. Le dico che gli obiettivi hanno sempre le finalità che il socio unico, cioè il Comune, vuole raggiungere. Nello specifico non entro, gliel'ho detto, ma è naturale che Amet non può che avere un obiettivo: la valorizzazione dell'azienda. Ripercorrendo il percorso lunghissimo fatto da Amet dalla sua nascita ad oggi, si può constatare quante difficoltà sono state incontrate per arrivare a produrre prima e commercializzare dopo energia. Nel corso degli ultimi 50 anni, sono stati fatti sensibili passi in avanti: Amet ha arricchito l'offerta attraverso l'attribuzione di servizi, espletati al meglio perché, all'interno dell'azienda, ci sono professionalità importanti, gente che vive l'azienda come una cosa propria e che, quindi, tende a dare il massimo per raggiungere gli standard ottimali. Credo che Amet non sia solo il fiore all'occhiello della città di Trani. Amet è una prospettiva, un'occasione per guardare il futuro in modo differenziato rispetto alle altre città. Su Amet vanno operati investimenti, non di natura economica, ma di idee e di progettualità. Se Amet cresce, Trani potrà beneficiarne in termini di ricaduta economica e di prestigio territoriale. Non dimentichiamoci che, in tutto il bacino della sesta provincia, noi siamo gli unici ad avere un'azienda componente del comitato esecutivo di Federelettrica. E, con la nascita del primo consiglio provinciale della Bat, le opportunità, sotto il profilo espansionistico, saranno elevatissime.
In questo periodo, anche per via del suo incarico, avrà avuto modo di verificare la situazione di Amet sotto il profilo delle risorse umane e della gestione di esse. Che situazione ha trovato?
Non spetta a me parlar di questo.
Riformulo la domanda: da un punto di vista politico, l'Amet è all'altezza di poter assolvere i compiti che gli sono stati affidati?
Amet ha delle risorse umane di grande qualità. Se a queste risorse venissero offerti degli strumenti tecnologici migliori, è normale che si affronterebbero i problemi ottenendo un risultato migliore. Complessivamente abbiamo una base di risorse umane estremamente valida, un Consiglio d'Amministrazione ed un Amministratore delegato che affrontano le situazioni cercando di contemperare le esigenze di efficienza e di risparmio dell'azienda con le esigenze dei singoli e con le esigenze espansionistiche di Amet. Come in tutte le cose si potrebbero apportare delle migliorie ma, dal mio punto di vista, si tratta solo di piccoli accorgimenti.
Amet però ha chiuso con un bilancio in passivo. Non è un controsenso rispetto a ciò che ha appena detto?
Quando si guarda ad un'azienda ed alla capacità di reggere il mercato, non possiamo fermarci ad osservare il limite del bilancio di esercizio. Una valutazione può essere fatta solo a lungo e medio termine. Vista in questa prospettiva, Amet è un'azienda sana e solida, con risorse umane, con risorse patrimoniali, ma soprattutto con risorse progettuali. I momenti negativi sono fisiologici, possono capitare, ma non c'è da gridare allo scandalo.
Le faccio un'ultima domanda su Amet: si occuperà della questione legata alla vendita di quote azionarie dell'azienda a privati?
Non le posso rispondere sul mio incarico.
Riformulo la domanda: secondo lei sarebbe utile privatizzare Amet?
Le rispondo, a titolo esclusivamente personale, con un'ipotesi: ammettiamo che, un domani, Amet abbia l'ambizione di erogare energia per tutto il comprensorio nord barese. Un'operazione di questo tipo imporrebbe un investimento consistente di risorse e capitali. In generale, se l'investimento è immediato, è altrettanto vero che l'effetto di quell'investimento lo si potrà avere solo nel lungo termine. Una politica espansionistica necessita di grossi investimenti, pertanto un'azienda, qualunque essa sia, se si rende conto che le sue risorse non sono sufficienti, deve necessariamente cercare nuove forme di investimento o nuovi investitori. Tra le due ipotesi, io scelgo la seconda. Ripeto, sto parlando da politico e non in relazione al mio rapporto con Amet. E' chiaro che l'investitore deve essere scelto con intelligenza e che debba avere determinate caratteristiche: deve apportare alla causa un know-how non solo economico ma anche di tipo umano, di tecnologie e di esperienza. Con questo ingresso di risorse nuove, ritengo che anche Amet possa progettare un futuro ben diverso da quello di una piccola azienda in house che serve solo la città di Trani. Al contrario, potrebbe affacciarsi sul mercato guardando con ottimismo all'ambito provinciale. Le chiedo di specificare che si tratta di considerazioni mie personali, anzi di un sogno di Pino Chiarello: mi piacerebbe pensare che Trani possa gestire, un domani, la luce ed il buio della gente di tutta la provincia.
Chiudiamo il capitolo Amet e spostiamoci sulle vicende politiche degli ultimi giorni. Lei ha parlato di investimenti a breve, medio e lungo termine. L'amministrazione tenta di varare progetti di ampio respiro, poi va a scivolare su determinazioni definite da molti come "folli improvvisazioni politiche". L'ultimo caso: la chiusura del porto che ha provocato il mal di pancia dell'Udc, cioé un partito di maggioranza.
Cominciamo col dire che, quando l'argomento è stato portato nella riunione di maggioranza, l'Udc era presente e non ricordo di aver ascoltato delle perplessità rispetto a quel provvedimento.
Non è la prima volta che succede una cosa del genere, ossia che nelle riunioni di maggioranza tutti tacciono salvo poi correre sulla stampa a lamentarsi. Ma che succede in quei contesti? Timore reverenziale nei confronti del sindaco?
Non vi è dubbio che Pinuccio Tarantini abbia una grande personalità, ma non è una questione di timore reverenziale. Probabilmente quando il sindaco espone le questioni nessuno, in quel momento, ha mai argomenti da contrapporre.
Ma lo fanno il giorno dopo!
Avranno bisogno di riflettere, oppure è colpa della distrazione, non lo so. Vero è che, certe decisioni, sono delicate, vanno studiate, in apparenza possono sembrare tutte perfette e poi ci si accorge che qualche cosa non va. Per quanto riguarda noi, Alleanza Nazionale e Forza Italia, non ci sono stati mai problemi. Abbiamo sempre trovato convergenza, non siamo mai venuti fuori con critiche rispetto ai provvedimenti di cui abbiamo discusso.
Torniamo ai guai del porto.
L'amministrazione ha necessità di fare delle scelte, delle sperimentazioni. Non so perché, invece, abbiamo l'abitudine di stupirci e di contestare ogni volta che qualcuno tocca qualcosa. Qualsiasi provvedimento viene vissuto all'inizio come impopolare, poi le persone ne capiscono l'importanza e lentamente si adattano. Mi fa rabbia pensare ai tanti cittadini tranesi che si godono senza protestare il passeggio di via Sparano a Bari. Anche nel capoluogo ricordo le contestazioni quando la strada fu chiusa al traffico: oggi nessuno si lamenta, i commercianti sono contentissimi e la strada è diventata un biglietto da visita della città.
Via Sparano è circondata da strade che permettono lo scorrimento ed il deflusso del traffico senza disagi. Lei si immagina, a Trani, corso Vittorio Emanuele pedonale?
L'abitudine dà stabilità. Tutte le innovazioni sono contestate perché spezzano un ritmo a cui difficilmente si rinuncia. Da un lato ci lamentiamo della sosta selvaggia, del traffico, dello smog. Dall'altro, poi, ogni volta che si tende a salvaguardare queste esigenze rispetto a quelle dell'automobilista, succede il finimondo. Le modifiche alla viabilità, per me, vanno fatte, partendo dalla considerazione che l'amministrazione non si può piegare dinnanzi alle pretese di quei cittadini che prendono la macchina anche per fare cento metri di strada. Non sono un tecnico. c'è chi ha fatto, per conto dell'amministrazione, uno studio sulla viabilità che ha tenuto conto di tutta una serie di esigenze e situazioni. Tutto è migliorabile, si figuri. Un amministratore, però, deve valutare quale esigenza vuol salvaguardare in maniera prioritaria. Le faccio questa domanda: è più diffusa l'esigenza dell'automobilista o quella del pedone? E ancora: bisogna tener conto delle esigenze del portatore d'handicap, della mamma con il carrozzino, bisogna affrontare il problema dell'inquinamento, oppure no? Se la risposta è sì, allora tutti dobbiamo essere pronti a fare dei sacrifici.
Sempre sul porto, risposta secca: gli orari di chiusura nel week end sono corretti?
Sono migliorabili.
L'aver fatto rientrare nell'area pedonale le uniche due aree di sosta è una decisione corretta o insana?
Lo stiamo sperimentando. Se ci dovessimo rendere conto che il vantaggio è inferiore rispetto al disagio, vedrà che l'amministrazione saprà fare ammenda dell'errore e riconsidererà il provvedimento. Mi creda: non mi spiego perché, quando i tranesi si spostano in altre città, accettano ben volentieri di parcheggiare l'auto fuori dal centro abitato e di camminare a piedi. Se la stessa cosa succede a Trani, sono pronti a fare la rivoluzione. Si dice sempre che Trani ha (anzi, avrebbe) vocazione turistica, che a Trani vorremmo le spiagge, le strade pulite, le piste ciclabili, più luoghi dove far giocare i nostri bambini. E poi? Guai se al cittadino vai a togliere la macchina, la passeggiata con la musica a tutto volume ed il gomito fuori dal finestrino. Lo perdi dalle mani.
Facile, dunque, prevedere il flop dei park & ride: appena 300 euro incassati.
Non si può dare una valutazione definitiva su di un progetto appena partito e sulla base di ciò che ti dà al momento. Ci si deve abituare a cambiare stile di vita, non è semplice. A Bari ricordo una situazione analoga per il parcheggio vicino il Tribunale, nei pressi di via Enrico de Nicola, un parcheggio custodito e ben attrezzato. All'inizio non lo utilizzava nessuno. Piuttosto che lasciare lì la macchina si preferiva girare per ore alla ricerca di una sosta e, alla fine, si accettava di buon grado anche di pagare il parcheggiatore abusivo di turno. L'amministrazione comunale di Bari non si è arresa, è andata avanti ed ha avuto ragione. Negli ultimi due anni il parcheggio attrezzato è sempre pieno come un uovo e difficilmente si trova posto. Tornando a noi, sono convinta che, piano piano, con il nuovo piano del traffico, con una politica educativa, tutti quanti ci abitueremo a comprendere che la città si vive camminando a piedi e non guardando le vetrine a venti all'ora in macchina. Le dirò di più: multerei quelli che lo fanno, sono un ostacolo alla circolazione.
Giudizio secco sulla giunta.
E' una buona giunta.
Marinaro ha detto che gli assessori sono introvabili al Comune.
Se un assessore sta troppo in Comune, vuol dire che non lavora. Il compito di un assessore non è quello di stare nella propria stanza a ricevere gente ed a perder tempo. L'assessore deve avere la capacità di sostituirsi al sindaco in altre cose, ad esempio andare in Regione o a Roma, preoccuparsi di reperire dei finanziamenti, interloquire con le città limitrofe e con le altre Istituzioni. Chi sta troppo al Comune scalda solo la sedia.
Lei dice questo. Poi ci scontriamo con l'attualità: la cronaca racconta che abbiamo perso i finanziamenti per la biblioteca, che dopo due anni non si capisce chi è proprietario dello stadio, che il servizio di refezione è partito in grande ritardo, che sulla riscossione dei tributi siamo in affanno, che non abbiamo le chiavi della cabina degli impianti realizzati in via Giuliani e Pozzopiano. E potrei continuare.
Attenzione, viviamo ancora col vecchio retaggio secondo cui chi gestisce è l'assessore. C'è il decreto legislativo 267 del 2000, che tutti dimenticano quando vogliono e che ha completamente stravolto il sistema. Adesso sono i dirigenti ad avere la gestione effettiva. L'assessore ha un compito di indirizzo, deve saper gestire al meglio i rapporti con le forze politiche sovraordinate da un punto di vista gerarchico.
Allora bocciamo i dirigenti.
Certo, se ci sono dirigenti che operano in maniera disordinata e disorganizzata è giusto bocciarli, d'altronde li paghiamo ed anche abbastanza. Il problema è anche un altro ed è legato al problema del personale comunale, alla questione delle progressioni verticali.Ci siamo, finalmente.
Qualche altro ostacolo lo troveremo davanti ma la strada è tracciata. Se tutto fosse facile non avremmo bisogno di tutti questi apparati, di sindaci, di giunte, di dirigenti, di sindacati. Partorire questo tipo di provvedimento non sarà semplice, sicuramente il dirigente dovrà pararsi dalle normali, scontate pressioni di tutti i tipi. Nel settore però abbiamo un dirigente molto in gamba, come tutti gli altri d'altronde.
Li abbiamo bocciati qualche domanda fa...
No. Io ho detto "se ci sono dirigenti che operano in maniera disordinata e disorganizzata è giusto bocciarli". I risultati vanno valutati alla fine, quando si potrà capire se gli obiettivi sono stati raggiunti o meno. A tutti, strada facendo, capita di sbagliare.
Le ripartizioni più sofferenti appaiono quelle delle Finanze e dei Servizi sociali.
Condivido.
Per la riscossione dei tributi le pongo una domanda secca: esternalizziamo o gestiamo in house?
L'ambizione della pubblica amministrazione è di formare il personale, prenderne del nuovo e gestire in proprio i tributi, senza pagare aggi ad altre società. Oggi ci troviamo in una situazione, oggettivamente drammatica, in cui da un lato il Comune non sta incassando nulla e dall'altro si sta impegnando per tagliare ancora le tasse.
Gioco di prestigio?
No, ce la faremo. Sia pure di poco, ridurremo alcune imposte. Ma la situazione, così com'è, non va.
Allora esternalizziamo tutto.
Questa è una mia valutazione: se non incasso e sono in emergenza, piuttosto che restare a bocca asciutta, esternalizzo.
Servizi sociali. La Cicolani gode dell'affetto e della stima di tutti. Ma quasi unanimemente hanno detto che non è all'altezza di quel ruolo.
Mi consente una digressione?
Prego.
Sono molto contenta di aver appreso che, uno degli obiettivi del governo nazionale, sarebbe quello dell'istituzione della social card. Ricorderà che, durante il primo Tarantini, assessore la dottoressa Carla Palmieri, una dei traguardi che si cercò di raggiungere fu la card per le politiche sociali. Questo aneddoto è la dimostrazione di come si stava agendo con attenzione nel campo delle politiche sociali, con scelte che avrebbero potuto fare di Trani la città capofila di un progetto sperimentale che, oggi, il governo nazionale vuole prendere in considerazione. La dottoressa Palmieri, per altro, non molto tempo fa, ha riproposto all'assessore Cicolani l'istituzione della social card, senza avere risposta.
Dunque...
Le politiche sociali sono un settore difficile e complesso. In quella ripartizione posso certificare la grande penuria di personale che ha, tra l'altro, bisogno di essere riqualificato perché, proprio nell'ambito delle politiche sociali, bisogna stare al passo con le continue evoluzioni. Il nuovo dirigente è persona particolarmente qualificata, molto determinata e sta facendo il possibile per supportare l'azione dell'assessore e dell'amminsitrazione.
Fra i suoi comunicati, ricordo quello sull'antenna piazzata sul campetto gestito dalla parrocchia di San Giuseppe. Chiese al Commissario di intervenire. Avete vinto le elezioni, l'antenna è ancora lì, né sono spuntate delle altre.
Quello delle antenne è un problema legato ad un regolamento approvato dall'amministrazione Avantario, nella cui giunta c'erano convinti assertori della tutela dell'ambiente e della salute pubblica. E sarà il caso di andarlo a rivedere quanto prima. Approfitto di questa intervista per dare una notizia in anteprima: nell'ultima riunione di maggioranza il sindaco ha chiesto espressamente alle forze della coalizione di prestare attenzione ai nuovi finanziamenti in materia di impiantistica sportiva perché uno dei suoi obiettivi è di ridare alla chiesa di San Giuseppe un campo da gioco.
Come si dice: la speranza è l'ultima a morire. Chiudiamo: nove mesi fa si è abbattuta sul Comune l'inchiesta giudiziaria sull'Estate tranese che ha coinvolto anche AIGS. Lei ha più volte difeso quel ramo d'azienda dell'Amet, rivelatosi fallimentare. Lo rifarebbe ancora?
Fermo restando che, nel frattempo, sono intervenute nuove normative che non consentiranno più l'affidamento in house alle aziende, continuo a difendere AIGS e l'intuizione che si ebbe di costituire una società di servizi a capitale pubblico con il compito di erogare servizi per conto del Comune a costi contenuti e fornendo risposte in termini di occupazione. Il Comune avrebbe potuto evitare il ricorso alle gare d'appalto, attribuire alla società l'esecuzione del servizio ad un prezzo concorrenziale, garantendo la possibilità di assunzione di personale locale, vuoi per pubblico concorso, vuoi a chiamata diretta.
Il discorso non fa una piega se non fosse che la stessa giunta Tarantini decise lo svuotamento dei servizi dell'AIGS nel 2006. Un caso di eutanasia?
Vero: l'amministrazione prima glieli ha dati, poi glieli ha tolti. Ma se ricorda bene, sorse un triplice problema: il primo, politico, su cui non voglio tornarci su; il secondo, legato alla sopravvivenza delle altre aziende in un momento in cui c'era un orientamento nazionale a stringere la cinghia; il terzo, legato all'imminente normativa che vietava l'affidamento in house alle aziende. Tutte queste componenti hanno fatto venir meno la funzione di AIGS. Se io potessi tornare indietro, con le stesse condizioni di partenza, difenderei strenuamente, ancora una volta, AIGS.