Una vita fa
Tribunale di Trani, 798 anni di grandeur
Il 28 aprile del 1215 inizia la storia giudiziaria della città
sabato 27 aprile 2013
10.40
«Per fare giustizia, i tranesi non siano portati ad altro tribunale al di fuori della città e non siano allontanati dai loro giudici». Il decreto regio del 28 aprile 1215 merita di essere conosciuto nel testo originario, perché, come scrisse l'insigne giurista tranese Ferdinando Lambert, è da quell'anno che bisogna far iniziare la storia giudiziaria di Trani e del suo tribunale.
Questo documento attesta quanto il vescovo Liutpoldo, ambasciatore del re Federico II nel regno di Sicilia, vide Trani e decise iuxta mandatum regium, per mandato del re. «Invenimus civitatem Tranum in fidelitate regia persistentem» recita nei passi iniziali il decreto: «Abbiamo trovato la città di Trani perseverante nella fedeltà al re, affabile nei servigi regali e nei nostri mandati per l'onore del re, e del re di Sicilia». «Per questo mandato stabiliamo e confermiamo tutti i privilegi, le cariche ed i possedimenti della sacrosanta chiesa di Trani». «Allo stesso modo ne confermiamo i diritti, i privilegi e le consuetudini, e vogliamo che si conservi illibata». Fin qui l'ambasciatore dell'imperatore si è riferito alla chiesa di Trani, e quindi all'Arcivescovado ed a tutta l'organizzazione ecclesiastica allora esistente a Trani.
Poi, il testo, sempre in latino medievale, prosegue così: «Item ne tranenses ad alium forum extra civitatem trahantur pro iustitia facienda et a suis iudicibus». «Così pure, per fare giustizia, i tranesi non siano portati ad altro tribunale (foro è parola usata ancora oggi, ndc) e non siano allontanati dai loro giudici». In questa frase c'è l'istituzione del primo tribunale di Trani: è troppo chiedere che sia scolpita su di una lapide posta all'esterno del tribunale, magari proprio sulla facciata di piazza Manfredi?
Il decreto regio non finisce qui: stabilisce che nello stesso tribunale i tranesi siano giudicati «sive civiliter sive criminaliter», in sostanza sia per fatti attinenti il codice civile sia per il codice penale. Inoltre si stabilisce che i tranesi non armino (cioè forniscano di tutto l'occorrente) più di due galee per le esigenze del re e non siano costretti ad andare fuori città anche per questo motivo. Ed aggiunge che «Chiunque verrà da fuori a Trani ad abitarci in qualsiasi modo e da qualunque parte provenga dovrà essere censito come cittadino tranese («Civis tranensis») e potrà godere di tutti i privilegi e le consuetudini civili, e non potrà essere da nessuno estradato». Davvero un legislatore ante litteram, questo Federico II: oggi sembra una legge dell'accoglienza ma scritta mille anni orsono. Infine, i tranesi vengono con questo decreto esonerati dal pagare a Brindisi e lungo tutta la costa adriatica le tasse di ancoraggio e di scalaggio delle navi.
Nei secoli successivi accadrà talvolta che qualche regnante tenti di derogare da questo decreto o di dimenticarsene. La storia – per nostra fortuna - dice altro.
Questo documento attesta quanto il vescovo Liutpoldo, ambasciatore del re Federico II nel regno di Sicilia, vide Trani e decise iuxta mandatum regium, per mandato del re. «Invenimus civitatem Tranum in fidelitate regia persistentem» recita nei passi iniziali il decreto: «Abbiamo trovato la città di Trani perseverante nella fedeltà al re, affabile nei servigi regali e nei nostri mandati per l'onore del re, e del re di Sicilia». «Per questo mandato stabiliamo e confermiamo tutti i privilegi, le cariche ed i possedimenti della sacrosanta chiesa di Trani». «Allo stesso modo ne confermiamo i diritti, i privilegi e le consuetudini, e vogliamo che si conservi illibata». Fin qui l'ambasciatore dell'imperatore si è riferito alla chiesa di Trani, e quindi all'Arcivescovado ed a tutta l'organizzazione ecclesiastica allora esistente a Trani.
Poi, il testo, sempre in latino medievale, prosegue così: «Item ne tranenses ad alium forum extra civitatem trahantur pro iustitia facienda et a suis iudicibus». «Così pure, per fare giustizia, i tranesi non siano portati ad altro tribunale (foro è parola usata ancora oggi, ndc) e non siano allontanati dai loro giudici». In questa frase c'è l'istituzione del primo tribunale di Trani: è troppo chiedere che sia scolpita su di una lapide posta all'esterno del tribunale, magari proprio sulla facciata di piazza Manfredi?
Il decreto regio non finisce qui: stabilisce che nello stesso tribunale i tranesi siano giudicati «sive civiliter sive criminaliter», in sostanza sia per fatti attinenti il codice civile sia per il codice penale. Inoltre si stabilisce che i tranesi non armino (cioè forniscano di tutto l'occorrente) più di due galee per le esigenze del re e non siano costretti ad andare fuori città anche per questo motivo. Ed aggiunge che «Chiunque verrà da fuori a Trani ad abitarci in qualsiasi modo e da qualunque parte provenga dovrà essere censito come cittadino tranese («Civis tranensis») e potrà godere di tutti i privilegi e le consuetudini civili, e non potrà essere da nessuno estradato». Davvero un legislatore ante litteram, questo Federico II: oggi sembra una legge dell'accoglienza ma scritta mille anni orsono. Infine, i tranesi vengono con questo decreto esonerati dal pagare a Brindisi e lungo tutta la costa adriatica le tasse di ancoraggio e di scalaggio delle navi.
Nei secoli successivi accadrà talvolta che qualche regnante tenti di derogare da questo decreto o di dimenticarsene. La storia – per nostra fortuna - dice altro.