Altri sport
«Potevo morire. Tornerò allo stadio ed alla vita di tutti i giorni»
Alessandro è tornato a casa. «Il Trani mi ha fatto un bel regalo»
Trani - martedì 11 maggio 2010
Alessandro è tornato a casa. Nel giorno in cui il Trani ha buttato fuori il Molfetta dagli spareggi promozione, il 29enne tranese è uscito dal policlinico di Bari, mettendosi alle spalle una settimana per lui tremenda, dolorosa. Una bella domenica per tutti, finalmente. E adesso è tanta la voglia di ricominciare la vita di tutti i giorni.
«Se ripenso a quello che mi è successo – dice – alla fine devo dire che mi è andata bene. Ho corso il rischio di non tornare più a casa, da brividi». Di quella domenica che gli ha segnato la vita, Alessandro ha un ricordo nitido: «Sono sempre stato lucido, ricordo bene quanto è successo. Ero in gradinata con mio fratello ed alcuni amici, stavamo aspettando il saluto della squadra dopo la partita. Ad un certo punto è arrivata una mazza di ferro lanciata dal settore occupato dai tifosi del Molfetta. Non mi sono accorto che stesse cadendo proprio verso di noi, non ho provato neanche a schivarla, ho sentito la botta, ho visto il sangue. Non credevo, però, di essermi fatto così male».
A distanza di una settimana, non è ancora stata fatta giustizia per Alessandro. Sia quella sportiva che quella ordinaria finora non hanno dato alcun segnale. Il responsabile del suo ferimento non ha ancora un'identità: «Spero che il colpevole salti fuori. Non credo affatto che nessuno abbia visto chi ha lanciato la spranga. Mi auguro che qualcuno fornisca informazioni utili per le indagini, per risalire al violento. Ho sempre fiducia nella giustizia, aspetto serenamente».
Per una settimana non si è parlato che di lui. Sui giornali, in tv e sulla rete: tutti si sono stretti intorno ad Alessandro. «Sono rimasto stupito da tutto questo affetto, mi ha sorpreso. Ho sentito vicino a me ed alla mia famiglia un'intera città, anche chi non conoscevo. Ho ricevuto la solidarietà di tanti genitori. Al posto mio poteva esserci un qualsiasi altro ragazzo o peggio ancora un bambino: ecco perché si sono stretti tutti intorno al sottoscritto. Il sostegno delle persone è stato bellissimo, mi sento orgoglioso di essere tranese».
Dopo la vittoria del Trani, il presidente della società, Antonio Flora, lo ha chiamato per dedicargli la vittoria: «Mi ha ringraziato – dice Alessandro – e mi ha detto che tutta la squadra era desiderosa di dedicarmi la vittoria. Ho parlato anche con alcuni giocatori. E' stato davvero un bel regalo. Il mio incidente ha unito la città intorno alla squadra di calcio. Sul campo la Fortis ha giocato e vinto per me, sono davvero fiero di loro».
Adesso Alessandro è tornato a casa sua, nella sua stanza, nel suo letto. Il suo portone è diventato meta di un continuo pellegrinaggio. Un fiume di gente, fra amici e parenti: nessuno vuol fargli mancare un incondizionato affetto. «Non posso muovermi da casa altrimenti si offendono perché non mi trovano» dice scherzando. Adesso ci sono computer e cellulare a fargli compagnia. «Ben presto però tornerò alla vita di tutti i giorni. E' già un bel traguardo aver lasciato l'ospedale. Con calma tutto si risolverà. Mi è di gran conforto l'amore della mia famiglia. E' con loro che devo ripartire».
Alessandro smania dalla voglia di tornare a fare quello che faceva prima dell'incidente. Gli impegni di lavoro, l'attività sportiva, il rugby (la sua passione). E tornare allo stadio? «Non lo so, non ci ho ancora pensato. Credo di sì comunque. Non andare più allo stadio significherebbe arrendersi alla violenza ed ai violenti. Non è questo il messaggio che bisogna lanciare alle famiglie ed ai giovani. Col tempo credo di tornare ad assitere ad una partita, magari comincio da una di rugby, i toni sono decisamente più tranquilli».
«Se ripenso a quello che mi è successo – dice – alla fine devo dire che mi è andata bene. Ho corso il rischio di non tornare più a casa, da brividi». Di quella domenica che gli ha segnato la vita, Alessandro ha un ricordo nitido: «Sono sempre stato lucido, ricordo bene quanto è successo. Ero in gradinata con mio fratello ed alcuni amici, stavamo aspettando il saluto della squadra dopo la partita. Ad un certo punto è arrivata una mazza di ferro lanciata dal settore occupato dai tifosi del Molfetta. Non mi sono accorto che stesse cadendo proprio verso di noi, non ho provato neanche a schivarla, ho sentito la botta, ho visto il sangue. Non credevo, però, di essermi fatto così male».
A distanza di una settimana, non è ancora stata fatta giustizia per Alessandro. Sia quella sportiva che quella ordinaria finora non hanno dato alcun segnale. Il responsabile del suo ferimento non ha ancora un'identità: «Spero che il colpevole salti fuori. Non credo affatto che nessuno abbia visto chi ha lanciato la spranga. Mi auguro che qualcuno fornisca informazioni utili per le indagini, per risalire al violento. Ho sempre fiducia nella giustizia, aspetto serenamente».
Per una settimana non si è parlato che di lui. Sui giornali, in tv e sulla rete: tutti si sono stretti intorno ad Alessandro. «Sono rimasto stupito da tutto questo affetto, mi ha sorpreso. Ho sentito vicino a me ed alla mia famiglia un'intera città, anche chi non conoscevo. Ho ricevuto la solidarietà di tanti genitori. Al posto mio poteva esserci un qualsiasi altro ragazzo o peggio ancora un bambino: ecco perché si sono stretti tutti intorno al sottoscritto. Il sostegno delle persone è stato bellissimo, mi sento orgoglioso di essere tranese».
Dopo la vittoria del Trani, il presidente della società, Antonio Flora, lo ha chiamato per dedicargli la vittoria: «Mi ha ringraziato – dice Alessandro – e mi ha detto che tutta la squadra era desiderosa di dedicarmi la vittoria. Ho parlato anche con alcuni giocatori. E' stato davvero un bel regalo. Il mio incidente ha unito la città intorno alla squadra di calcio. Sul campo la Fortis ha giocato e vinto per me, sono davvero fiero di loro».
Adesso Alessandro è tornato a casa sua, nella sua stanza, nel suo letto. Il suo portone è diventato meta di un continuo pellegrinaggio. Un fiume di gente, fra amici e parenti: nessuno vuol fargli mancare un incondizionato affetto. «Non posso muovermi da casa altrimenti si offendono perché non mi trovano» dice scherzando. Adesso ci sono computer e cellulare a fargli compagnia. «Ben presto però tornerò alla vita di tutti i giorni. E' già un bel traguardo aver lasciato l'ospedale. Con calma tutto si risolverà. Mi è di gran conforto l'amore della mia famiglia. E' con loro che devo ripartire».
Alessandro smania dalla voglia di tornare a fare quello che faceva prima dell'incidente. Gli impegni di lavoro, l'attività sportiva, il rugby (la sua passione). E tornare allo stadio? «Non lo so, non ci ho ancora pensato. Credo di sì comunque. Non andare più allo stadio significherebbe arrendersi alla violenza ed ai violenti. Non è questo il messaggio che bisogna lanciare alle famiglie ed ai giovani. Col tempo credo di tornare ad assitere ad una partita, magari comincio da una di rugby, i toni sono decisamente più tranquilli».